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Costume e SocietàLetteratura

I doni del tempo che fugge

La Voce Letteraria


Edil Merici

Di Luisa Ranieri

Diceva Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.”
Da ciò consegue che essa porta alla conoscenza e dalla conoscenza alla libertà spirituale il passo è breve.
Il libro dello scrittore Palmiro Spanò Borgo Porto Salvo, edito dalla Casa Editrice Sensibili alle foglie, non è autobiografico, ma come tutti i libri, anche quelli di più ardita fantasia, non può non risentire del modo di essere e del vissuto di chi lo ha concepito: una specie di DNA formato da immagini, sensazioni, atmosfere e incontri che lo rendono unico e irripetibile.
Il testo si inserisce, secondo me, nel filone di quella letteratura calabrese contemporanea che si sta svegliando da un sonno pluridecennale dovuto al trauma  inferto dalla ferocia di certe azioni malavitose che hanno buttato fango su tutto e su tutti e hanno portato molti a rifugiarsi in sé stessi facendo quasi perdere loro la parola o, per meglio dire, la voglia di scrivere.
Esso mi si presenta come un fiume di Vita e di vite, ricco di tematiche diverse ma intimamente intrecciate tra loro, tematiche che riguardano la storia del protagonista, Mirko De Giovanni, “ un perdente incallito, che non si dà mai per vinto” (pagina 17) e “che a volte non si capisce da solo” ( pag. 19) ma che riguardano anche la storia di molti di noi nella partenza dal luogo natale, nella vita altrove e poi nel ritorno al Borgo, a volte beatificante per la bellezza paesaggistica, a volte disperante perché eternamente immobile nelle sue dinamiche sociali.
E tale ritorno di quali altri significati può essere portatore?
Di un arricchimento spirituale, di una sconfitta, di un ritiro permanente, di un ripensamento oppure di uno straniamento generatore di nuove energie?
Già, perché durante la nostra assenza non solo siamo cambiati noi ma, il più delle volte, anche tutto ciò che ci siamo lasciati dietro.

La mia mente andò a ciò che avevo perduto nel corso della vita. Il tempo passato, le persone che non ci sono più, le cose che non avrei potuto rivivere…
pag. 14

Ecco, per tutta la durata della lettura del libro di Spanò ci sentiamo avvolgere dalla malinconia del verso Virgiliano “Sed fugit interea, fugit inreparabile tempus” (“Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo”).
Mirko dice ad Accursio, figlio ribelle del vecchio Conte:“Sei fortunato ad avercelo un padre, io l’ho perso nel 1967” (pag. 12).
E ancora: “Libertà, libertà; la famiglia una prigione borghese, ricordi? E poi a un certo punto siamo tornati a casa” (pag. 12).
Nel caso di Mirko la fuga del Tempo ha comportato la dolorosa perdita dei propri cari: del padre, della madre e soprattutto dei due fratelli, Marchesino e Baffo, con i quali l’autore formava un “trio formidabile”. E, nel più lontano passato, la mancanza di un Nonno, essendo suo padre con i suoi fratelli stato registrato all’anagrafe come  figlio di “N.N.”
Non basta: la fuga del tempo lo ha portato anche alla delusione politica: prima per il fallimento dei moti sociali che, iniziati nel 1968, hanno trovato il loro culmine negli orrori degli anni ‘70, nel corso insanguinato di quegli anni di piombo che ne hanno decretato il tradimento e, per il protagonista, anche l’arresto politico per “associazione sovversiva” e la delusione, una volta tornato Borgo, per gli intrallazzi politico-mafiosi propri della nostra terra.

Un periodo oscuro, la crisi della mia generazione, fallimenti, morti e tragedie. La sentivo come una responsabilità collettiva tutta intera, anche mia, pure di chi come me non si era macchiato di nulla. Chi sparava, sparava anche per me…
Che cosa abbiamo fatto? Ci siamo dannati da soli. Con quei morti morirono le nostre speranze di una società, le certezze traballavano, il nostro mondo disseminato di tragedie.
pag. 25

Se tutto fugge in modo irreparabile, che cosa, dunque, ci può restare?
Ci può restare il Sogno di poter ancora incidere sulla realtà: non più nel modo irruente e a volte scriteriato del passato, ma con il maggiore dono che il Tempo ci possa offrire nel momento stesso in cui ci priva di qualcosa o di qualcuno: la saggezza che deriva dall’esperienza, così nella vita privata come in quella politico-sociale, anche per quanto riguarda il nostro sconquassato territorio.
E Mirko, del suo Borgo, si propone come Sindaco innovatore.

È la coscienza del Sud che deve svegliarsi, non servono eroi
pag. 21

E qual è l’arma più potente di cui si può servire il Sogno?
La Scrittura alla cui funzione ogni scrittore può dare la propria connotazione: consolatoria, chiarificatrice, direzionale e così via.
Nel caso di Palmiro Spanò, il recupero di tutto ciò che sembra essere andato irrimediabilmente perduto e di ciò che può ancora succedere è condensato nelle parole finali del testo:

I ricordi possono anche uccidere, vorrei andare ma non posso, qualche cosa mi trattiene a vivere nel mio Borgo Porto Salvo.
pag. 206

Il Borgo risulta, in questo senso, salvifico, perché diventa insieme grembo materno che accoglie e potente motore di rinascita singolare e collettiva.


Gedac

Redazione

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