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Costume e Società

Dalla métis alla resilienza

Di Domenico Signati

Métis e resilienza sono due concetti che nascono in epoche e contesti diversi tra loro.
Il termine métis” nasce nel mondo greco antico.
Nella mitologia, la dea Métis, figlia di Oceano e Teti e simbolo allo stesso tempo di prudenza e perfidia, è la prima sposa di Zeus. Quest’ultimo, avvertito da Gaia e Urano che Métis, dopo avergli dato una figlia, avrebbe partorito un figlio che lo avrebbe spodestato (come Zeus stesso aveva fatto con il padre Crono), la ingoia nel momento in cui lei è gravida di Atena. Al momento del parto, il re degli dei ordina a Efesto di procurargli una ferita sul capo con un’ascia: dalla testa di Zeus esce una giovane in armi, Atena.
Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant, nel testo Le astuzie dell’intelligenza nell’antica Grecia, definiscono la métis come un tipo di intelligenza che, astuta e applicata, impegnata nella pratica, efficace, capace di combinare accorta prudenza, intuito, sagacia, capacità di previsione, spigliatezza mentale, finzione, vigile attenzione, senso dell’opportunità, abilità ed esperienza, garantisce il successo nei diversi campi della caccia, della pesca, dell’arte militare, della navigazione, della medicina, della politica e così via.
La métis si muove tra passato, presente e futuro. Passato, perché la scaltrezza rappresenta il risultato di un’esperienza acquisita con gli anni. Presente, perché l’uomo dotato di sagacia, grazie alla sua vigile attenzione e al suo saper attendere pazientemente il momento opportuno, è in grado di cogliere al volo l’occasione, anche quando essa è rapida e improvvisa. Futuro, perché si tratta di possedere una capacità di previsione e progettazione, in termini di prudenza.
La parola resilienza, oggi molto usata nella versione inglese resilience, significa “capacità di resistenza”, “capacità di recupero rapido”, “elasticità”. Essa ha origine nel campo metallurgico e indica la facoltà di un metallo di resistere alle forze a cui è sottoposto. In psicologia indica la capacità di un individuo di reagire, di non lasciarsi abbattere dopo un evento traumatico.
Originariamente viene dal latino resiliens, resiliente, e dal verbo resilire (resilio, resilis…), che significa letteralmente “rimbalzare”, ma anche “tornare indietro” e quindi “rinunciare”, “desistere”, che a ben guardare assume un significato contrario rispetto a  quello assunto nei tempi attuali.
Secondo Pietro Trabucchi “è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino”normalmente diffusa tra gli esseri umani, tra i quali è presente in modalità e a livelli differenti fin da bambini.
Ma quali sono gli elementi che métis e resilienza condividono? In primis hanno in comune l’impossibilità di eliminare completamente le variabili ignote attraverso regole di previsione assolute e, quindi, l’esigenza di sviluppare una tolleranza alla frustrazione di fronte a situazioni su cui non si ha modo di avere un totale controllo o di fronte a possibili difficoltà e insuccessi; condividono poi l’idea che, attraverso un processo di educazione e addestramento, per mezzo dell’esperienza, si possano potenziare, accrescere e migliorare le risorse naturali alla base di entrambe.
Ma gli aspetti che principalmente accomunano métis e resilienza e che possono avere un ruolo centrale nella costituzione dell’intelligenza dell’individuo moderno sono quelli che Trabucchi chiama “senso di controllo” e “capacità di ristrutturazione cognitiva”. Secondo l’autore l’individuo maggiormente resiliente è quello che individua al proprio interno il così detto luogo del controllo, ovvero colui che considera che la possibilità di raggiungere o meno un obiettivo è dipendente dalle proprie capacità, dal proprio impegno e dalla propria responsabilità.
Dal senso di controllo sono direttamente e strettamente dipendenti elementi centrali anche per la métis quali la flessibilità mentale, la consapevolezza dei propri limiti, la capacità di gestire in modo elastico le proprie convinzioni e la propria valutazione cognitiva, l’attitudine a perseverare e a saper incassare.
E, quindi, l’integrazione di métis e resilienza e la loro correlazione rappresenta un modello che consolida la tolleranza alla frustrazione del negativo attualmente declinante in special modo tra le nuove generazioni.

Redazione

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