Il recupero della lira e la rivoluzione culturale che guarda al passato
In un mondo sempre più schiavo della rete, c’è chi ancora riesce a intravedere la luce. È la luce della riappropriazione: mera conseguenza dell’inevitabile, direi, che (come nel caso che stiamo per affrontare) si contende l’identità. Una realtà, o meglio, una quasi necessità della società moderna. Francesco Cirillo, esperto suonatore di lira, Francesco Fontana e Giuseppe Capogreco al tamburello, Giuseppe Cozzupoli all’organetto, Valentino Capogreco al microfono, ad esempio, ce ne forniscono la prova. Sono sempre di più i giovani che si affacciano al vecchio mondo e, di conseguenza, al folklore. Strumenti ormai defunti, recuperarti dalle generazioni attuali, quasi a voler rinfacciare (alle antecedenti generazioni) di avere lasciato che la nostra identità culturale cadesse nel dimenticatoio. E hanno ragione. Lire, tamburelli, organetti e ciaramelle (tutti attrezzi che un tempo hanno colorato di festa e di allegria quel mondo che – ahimè! – si è lasciato assorbire dall’era virtuale) ora stanno a poco a poco riemergendo. Non c’è più scampo, dunque, per la tremenda morsa dell’apatia, perché siamo di fronte alla nemesi dell’individuo moderno. Un individuo (di gran lunga più intelligente e, nel senso più liberale del termine, futuro custode delle tradizioni). Insomma, volenti o nolenti, siamo di fronte a una rivoluzione culturale: quella che punta, soprattutto, al recupero dei nostri metodi, della nostra storia. Un aspetto esistenzialmente provvidenziale, verrebbe quindi da dire che, sin dai tempi della Magna Grecia e fino a pochi anni fa, ci ha reso un popolo laborioso. E allora sarebbe opportuno cedere il passo a questo esercito (sempre più numeroso) di giovani volenterosi e bisognosi di recuperare quella eredità che gli è sempre appartenuta.
Foto: fabbrichemusicalicalabresi.it