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Costume e SocietàLetteratura

La produzione giurisprudenziale in materia di norme sul procedimento amministrativo

Le riflessioni del Centro Studi


Edil Merici

Di Luigi Rubino

La copiosa, ancorché qualificata, produzione giurisprudenziale sulla materia testimonia l’esistenza di un contenzioso rilevante che vede coinvolti i vari soggetti attori del diritto di accesso (Pubblica Amministrazione, richiedente, controinteressato). Evidenza, questa, che accende i riflettori su una disciplina ancora claudicante dell’istituto, sebbene caratterizzata da importanti e innovative affermazioni di principio. Sussiste, pertanto, un rapporto di proporzionalità inversa tra la casistica portata all’attenzione del giudice amministrativo e la piana e fluida applicazione delle norme sul diritto di accesso, laddove la consistenza del primo indicatore può essere mitigata solo dal pieno consolidarsi della cultura della divulgazione, cui i pubblici poteri continuano, tuttavia, a guardare con diffidenza e resistenza.
Ancor più laddove l’istituto è dichiaratamente preordinato a garantire un controllo diffuso dell’operato amministrativo da parte dei cittadini e, quindi, a rappresentare uno strumento di prevenzione delle forme di corruzione. In materia di autocertificazione assistiamo ancora oggi a richieste da parte di taluni uffici della PA di produzione di documenti, attestati, certificati, in palese violazione dell’articolo 18 della Legge nº 241/1990 che, sin dalla sua prima stesura, sanciva l’obbligo di acquisizione d’ufficio dei documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi già in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. La norma, ispirata a esigenze di semplificazione amministrativa, pur chiara e perentoria nella sua formulazione, è oggetto di continua attenzione da parte del giudice amministrativo, soprattutto nei procedimenti di concessione di finanziamenti e sovvenzioni pubbliche, nonché di evidenza pubblica in materia di appalti, segno (anche questo) di una patologia nella sua applicazione e di un effetto distorsivo nella sua concreta operatività a causa della persistenza di un approccio culturale di alcuni presidi amministrativi ancora influenzato da prassi e comportamenti ante L. nº 241/1990. L’istituto del cosiddetto soccorso istruttorio, anziché essere attivato nella fase endoprocedimentale è, non di rado, oggetto di sanzione in ordine al suo mancato utilizzo in sede giudiziale, con l’inevitabile e deprecabile conseguenza di dispendio di risorse (economiche e di tempo) e con (r)assegnazione (anche in questi casi) di un ruolo (anomalo) di regolatore dell’assetto di interessi al magistrato. Le brevi annotazioni innanzi esposte costituiscono le premesse di altrettanto brevi considerazioni conclusive. L’emersione del concetto di corruzione amministrativa in termini disfunzionali è utile e strumentale all’esigenza di rafforzare la dimensione etica nell’azione pubblica e, per tale via, il consolidamento della conoscenza delle norme sul procedimento amministrativo e la concreta declinazione operativa in sede di agire pubblico rappresentano un passaggio obbligato. Se, oramai, costituisce pacifica acquisizione il valore fondamentale della prevenzione quale meccanismo per contrastare il rischio di corruzione all’interno delle pubbliche amministrazioni, il corollario è rappresentato dalla opportunità/necessità sempre più urgente di conformare le attività alle norme sul procedimento amministrativo (giuste ed eque) utilizzando, secondo lo schema normativo materiale e vivente, gli istituti enucleati nell’ambito del patrimonio normativo disciplinante il procedimento amministrativo. Una distonia si rileva, tuttavia, nell’attuale mancanza di un corpus organico di norme anche solo di carattere ricognitivo delle norme sul procedimento amministrativo, delle norme sul pubblico impiego, di quelle sulla documentazione amministrativa e sulla digitalizzazione dei procedimenti (solo per citare alcuni esempi), su cui sarebbe auspicabile un intervento del legislatore. Gli operatori della PA, non di rado, si trovano infatti costretti a planare su vari testi dispositivi per affrontare problematiche quotidiane di lavoro, con il precipitato di una trattazione poco organica e quasi sempre confusa, che determina un esito per il cittadino/ utente (e lo diremo con il linguaggio del legislatore della 241) non sempre economico, efficace ed efficiente.

Foto lentepubblica.it

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 28/10/2022


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