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Costume e SocietàLetteratura

Un segreto sotto al tappeto

Наталина - Solo due mesi d’amore


Edil Merici

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare questo capitolo del romanzo letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

«Cosa è successo?» chiesi ancora, senza pensarci.
«Per favore, ci faccia salire.»
Spinsi il pulsante per aprire il portone d’ingresso mentre Natalina si stringeva a me con tutta la forza che aveva, io le misi una mano sulla testa poi le diedi un bacio per tranquillizzarla.
I due militari fecero i quattro piani e attesero fuori dalla porta che qualcuno aprisse.
Uno dei due bussò ancora al portoncino d’ingresso.
«Signor Greco?»
Aprii la porta.
«Buona sera – mi ripeté il Carabiniere. – Possiamo?»
Mi scostai per fare entrare gli agenti in casa.
«Prego, accomodatevi» dissi indicando le poltrone della sala.
«No, grazie, va bene così» declinò il mio invito il più giovane dei due, rimanendo in piedi, mentre l’altro incalzò:
«Lei ha una Panda nera con questa targa?» e mi porse un biglietto con su scritto il mio numero di targa.
«Sì, guardi, lo so che non ho pagato una caterva di multe ma contavo di…»
«Non è per le multe. A chi ha prestato, oggi, la sua auto?»
«A nessuno, qui ci sono le chiavi…» mi morsi la lingua, stavo per chiamare Natalina per chiederle dove erano finite le chiave della Panda, ma mi trattenni in tempo.
In effetti le chiavi non le trovavo più. Erano scomparse e, mentre i Carabinieri mi guardavano saltare come un picchio da un angolo all’altro della casa, il più giovane dei due mi disse: «Le chiavi non le può trovare, perché sono infilate nel quadro della macchina.»
«E la mia macchina dov’è?»
I due si guardarono l’un l’altro, poi il più anziano disse:
«In via Garibaldi, accartocciata attorno a un albero.»
«Come accartocciata?! E chi ce l’ha portata?»
«Il dottor Mediati che c’è morto dentro» disse il più giovane, dopo uno sguardo d’intesa con il suo commilitone.
«Il dottor Mediati! Ma come è possibile? Ne siete certi?» I due tacquero guardandomi dritto negli occhi. Allora incalzai:
«Andiamo! Andiamoci subito. È… morto?» chiesi con la flebile speranza che il Carabiniere si fosse sbagliato.
«Inequivocabilmente. E l’ha fatto apposta! Si è suicidato» rispose il più anziano.
«Non c’è il minimo segno di frenata.»
«Vi chiedo solo un attimo per potermi cambiare.»
Quindi andai nella stanza da letto dove Natalina si era rifugiata all’arrivo dei militari e da dove aveva sentito tutto e singhiozzava sommessamente. L’abbracciai per tranquillizzarla e le misi il mio indice sulla bocca per farle capire che avrebbe dovuto tacere e non fare alcun rumore.
Mi vestii per uscire e misi pure la cravatta. Non so perché, ma volevo dare un ultimo omaggio al dottore, come se si trattasse di una cerimonia importante.
«Andiamo» dissi ai militari uscendo dalla stanza da letto.
I carabinieri mi ospitarono nella loro auto e, in pochissimo tempo, arrivammo al numero 273 di Via Garibaldi. La mia Panda era lì, abbracciata a un pioppo sulla destra della strada, proprio di fronte alla banca. Mi girai di spalle per non vedere la scena. Dall’altra parte della strada c’era la statua del Nettuno, che con la sua mano placa le onde del mare ,ma che quel pomeriggio non aveva saputo placare i cattivi pensieri del dottor Mediati.
Il cadavere del dottore non c’era già più e al mio arrivo vidi solo l’ambulanza che lo stava portando via.
Sbrigai le pratiche di rito con i carabinieri, firmai una caterva di carte e di dichiarazioni e poi mi incamminai a piedi verso casa.
Una miriade di pensieri affollava la mia mente che la placida sera primaverile non riusciva in alcun modo chetare.
Vi è mai capitato, in qualche occasione, di soffermarvi su un particolare di nessun conto? La scarpa slacciata del relatore della vostra tesi di laurea, la minuscola macchia di caffè sulla camicia del direttore dell’ufficio che vi fa un rimbrotto, la cravatta fuori posto del poliziotto che vi ha fermato per eccesso di velocità… A me capita spesso, forse perché scrivo o forse perché comincio lentamente a impazzire, ma è da un po’ di tempo che mi sorprendo a farlo. Ebbene, io quella sera mi misi a pensare alla leggenda del pioppo che segna secondo i greci la linea di demarcazione tra il regno degli inferi e quello dei vivi. Il dottor Mediati, forse inconsapevolmente, anche nella scelta dell’albero contro cui schiantarsi era stato geniale!
E un altro fatto, ma questo di non poca importanza, in quel momento, tormentava la mia mente: ero rimasto di nuovo senza macchina e Natalina era rimasta anche senza ginecologo e i giorni del parto si stavano avvicinando a grandi passi. In più, ero di nuovo rimasto senza soldi pur avendo una sacca con un discreto tesoro in casa di Carla.
Sì, ma dove l’aveva nascosta?
Cenammo, quella sera, io e Natalina, senza dire una sola parola. Poi lei si alzò e si andò a sedere su quella che era diventata la sua poltrona preferita nel salotto di Carla.
Nessuno era venuto a rivendicare la proprietà dell’appartamento. Forse era veramente rimasta sola e questo spiegava molto chiaramente l’affetto che aveva provato da subito nei confronti di Natalina.
«Devo far lavare questo tappeto, è pieno di polvere! E poi guarda questa macchia di caffè tra un ghirigoro e l’altro, a volte mi da proprio fastidio!»
«Vabbeh – risposi, – un giorno o l’altro lo porteremo in lavanderia.»
«Sì, li conosco i tuoi “un giorno o l’altro”! Significa rimandare tutto a chissà quando!»
Sembrava il dialogo di una vera coppia, di una moglie che rimprovera il marito. Io sorrisi divertito, poi mi abbassai e presi ad arrotolare il tappeto.
«Agli ordini, mia principessa, domattina il tappeto conoscerà la via della mia lavanderia.»
Arrotolavo il tappeto piano piano per non sciupare il tessuto, che aveva bisogno anche di qualche riparazione tra le maglie dell’ordito.
«E questa cos’è?» dissi spostando ancora di più la grande stuoia.
Non poteva essere una botola, al piano di sotto c’era l’altro appartamento, ma un rettangolo piuttosto grande di moquette era stato ritagliato e coperto dal tappeto per fare spazio a una porta in metallo all’interno della quale era incassata la manopola di una cassaforte.
Natalina s’inginocchiò anche lei per guardare meglio. Bonariamente la rimproverai: «Non fare sforzi esagerati, pazzerella! Stai attenta!»
«Voglio vedere anch’io. Cos’è?»

Continua…

Foto: tappeti.b-cdn.net


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