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Attualità

“Si mantenga il RdC e lo si estenda anzi alle persone che hanno subito condanne”


Edil Merici

Di Antonino Giacomo Marino – Presidente di Un Mondo Di Mondi

Durante questa campagna elettorale il Reddito di Cittadinanza è stato uno dei temi trattati da tutti i candidati dei vari partiti, eppure nessuno ha proposto il superamento della grave esclusione delle persone condannate e delle loro famiglie da questa misura. Esclusione che è prevista dalla legge istitutiva del RdC e che oggi colpisce tantissime famiglie povere.
Il Decreto Legge nº 4 del 28 gennaio 2019, convertito con modifiche nella Legge nº 26 del 28 marzo 2019, istituendo l’importante misura del RdC, ha escluso dai beneficiari le persone condannate per alcuni reati gravi, coloro che hanno avuto comminate misure cautelari e quelli che hanno subito la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. L’esclusione dal RdC ha riguardato pure le famiglie di queste persone, pur essendo le condanne un fatto individuale. Questa esclusione ha di fatto introdotto, nel silenzio assordante di tutte le forze politiche e delle stesse Istituzioni, il principio delle politiche sociali punitive, che è in netto contrasto con quanto previsto dalla Costituzione e dal vigente ordinamento giudiziario.
La finalità della pena, secondo il dettato della nostra Costituzione, è quella di tendere all’inserimento della persona condannata attraverso tutte le misure previste e non alla sua esclusione definitiva. È paradossale e molto grave che il condannato, dopo aver espiato la pena volta al suo reinserimento nella comunità, venga escluso per legge dagli strumenti previsti dall’ordinamento proprio per favorire l’inserimento sociale di coloro che sono a rischio di emarginazione. L’esclusione dal RdC delle persone condannate è perfino in contrasto con la stessa norma che l’ha prevista in quanto secondo l’articolo 1 comma 1 del DL nº 4/2019, convertito con modifiche dalla L nº 26/2019, il RdC è “…misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro”. Non si comprende per quale motivo debbano essere esclusi dal RdC le persone che dopo aver scontato una pena hanno bisogno di aiuto per reinserirsi nella società, evitando l’emarginazione e il pericolo di recidiva.
La sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento effettuata 24 anni fa, anche nella città di Reggio Calabria, istituita con il Decreto Legislativo nº 237 del 18 giugno 1998, è stata una misura molto simile all’attuale RdC e aveva le medesime finalità di contrasto all’ esclusione sociale e alle diseguaglianze, ma le persone condannate, in coerenza con il nostro ordinamento, non venivano escluse.
Cos’ è cambiato negli ultimi vent’anni?
Le contraddizioni del legislatore purtroppo sono espressione diretta di un sentimento diffuso in una parte importante della popolazione, delle forze politiche e delle Istituzioni, secondo il quale si ritiene giusto escludere le persone condannate per alcuni reati. Si tratta di una concezione che vede la persona condannata o accusata di un reato come un cittadino di serie B, che non deve godere degli stessi diritti degli altri. Questa idea di società stravolge il vigente ordinamento costituzionale della pena e del diritto penale finalizzato all’inclusione del condannato e di chi è accusato di un reato a favore di una visione basata su una strutturale esclusione di queste persone con la finalità di rendere non conveniente commettere dei reati. Questa visione, introdotta dalla legge che ha istituito il RdC, non solo non può funzionare, perché negando i diritti di chi ha sbagliato non si ottiene un maggior rispetto dei doveri, ma è pure molto pericolosa perché mette in crisi la legittimità e la credibilità dell’intero sistema giudiziario e la stessa coesione sociale e quindi potrebbe determinare effetti molto negativi. Negli ultimi mesi, con i controlli incrociati tra l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e il Ministero della Giustizia, moltissime famiglie povere con soggetti condannati hanno perso il RdC che costituiva la loro unica fonte di sostentamento . Questo è accaduto mentre la crisi economica sta diventando sempre più grave soprattutto per i nuclei più poveri. L’esclusione di queste famiglie è già un fatto di grave discriminazione che potrebbe determinare non solo un conseguente incremento dei reati comuni, ma anche un regalo alle mafie facilitando le loro azioni di reclutamento e di controllo del territorio.
Pertanto l’appello che rivolgiamo ai Parlamentari che saranno eletti è di impegnarsi da subito a migliorare la legge del RdC abrogando quella parte che esclude le persone condannate.

Foto: liveuniversity.it


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