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Costume e SocietàLetteratura

L’Asclepion

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


GRF

Di Giuseppe Pellegrino

A Locri il culto era notevole, seppure gli scavi archelogici non hanno dato mai esito concreto. Ma ciò, forse, per il fatto che erano indirizzati in luoghi sbagliati. Se, infatti, il Persephoion si trovava a Petracappa, in agro di Natile di Careri, l’Asclepion poteva essere solo nelle vicinanze. Nella parte riguardante Persefone si accennerà ai luoghi del rito, anche secondo le ricerche di Cesare Stranges e Salvatore Gemelli, per rendere più chiaro il ragionamento. Invero, con l’aiuto delle opere degli scrittori Stranges e con quello di Gemelli (quest’ultimo anche medico geriatra e di valore), si è ipotizzato, e non solo vagamente, che il tempio di Persefone fosse a Petracappa. Ma per la descrizione fatta nel romanzo, che si ripete letteralmente anche qui (non essendoci scavi diretti, seppure non lontano da Petracappa sembra esistano sotterrati reperti che qualcuno reputa di epoca romana, ma sicuramente sono di epoca greca) si è utilizzata la struttura conosciuta dell’Asclepion di Epidauro. Quello di Locri non doveva essere molto differente perché, nel bene e nel male, a prescindere dalla grandezza, tutti i templi erano pressoché uguali.
L’Asklepieion era diviso in due settori; vi si accedeva dal lato sud attraverso una porta di marmo, ma che anticamente era di legno. Un’altra porta rappresentava l’accesso al tèmenos, tempio, che conteneva il vero e proprio luogo sacro. Non molto lontano dalla porta sorgeva un altare. Accanto vi era l’Abaton, il Luogo del Sonno Sacro. L’Abaton (che in greco significa Luogo sacro e inviolabile), era composto da un portico maestoso di fattura dorica, distribuito in due navate; sulla parete retrostante si apriva l’accesso alla fonte di Alorritio, l’acqua sacra. Lato monte vi era un ambiente di forma quadrata dove era situata la fossa sacrificale. Sempre su quel lato sorgevano le stanze per i banchetti e le celebrazioni solenni: erano quattro stanze quadrate provviste di basamenti per i letti da convivio. Fronteggiava questa struttura una stoà di stile ionico, atta a contenere, alla bisogna, altri commensali.
Il Tempio era sì dedicato al culto vero e proprio, ma il resto delle strutture serviva a contenere i malati che chiedevano l’intervento del Dio. In pratica un vero e proprio Ospedale.
Pietracappa possiede tutte le carattetische in tal senso: si nota la presenza di lecci e di querce secolari, che erano alberi sacri al Dio e una fontana d’acqua ai piedi della Rocca, segno di esistenza ancora oggi di una fonte molto ricca. La fontana, allo stato, ha un getto di acqua di circa venti litri al minuto. Al tempo doveva avere nei dintorni una sorgente notevole.
Più in basso rispetto alla Pietra (poco più di cento metri) vi è una depressione che è indicativa dell’esistenza in tempi lontani, ma non troppo, di acqua di un lago, che raccoglieva anche l’acqua dell’alorritio.
Quanto sopra scritto è il frutto delle ricerche puntigliose e precise di Maria Girone in Iamata – Guarigioni miracolose di Asclepio in testi epigrafici.
Quanto al culto di Persefone, non vi sono dubbi. Locri aveva anche la possibilità di celebrare i misteri eleusini, che potevano essere celebrati solo ad Eleusi. È addirittura Pindaro, che era sicuramente un adepto, che ci informa: Dopo Eleusi, Locri. La parola adepto poteva essere usata solo per i devoti di Persefone. La parola adepto, infatti,deriverebbe dal greco apò tu mnein tò stòma, che indica le modalità di chiudere la bocca per non rivelare alcunché. Sommessamente, si chiarisce che, pur essendo la traduzione giusta, trova una più compiuta espressione nei modi di dire della lingua calabra: “‘Ndai mu tu teni ‘nto stomacu”(te lo devi tenere dentro allo stomaco e non farlo neppure arrivare alla gola). Reminiscenza antica del culto di Persefone nella Locride.
Sempre in ricordo dei culti religiosi a Locri, si mette in evidenza che l’Orfismo era la religione ufficiale a Locri, e da un inno orfico, per come ricercato e tradotta dalla Lyra, Comunità ellena italiana, si ricava la comunanza del Culto di Persefone e Asclepio nella medicina:

Inno 29 – A Persefone

Persefone, figlia del grande Zeus, vieni, beata,
dea unigenita, e accetta i graditi riti,
sposa molto onorata di Plutone, eccellente,
dispensatrice di vita,
che custodisci le porte dell’Ade sotto i recessi della terra,
Prassidiche, dalle amabili chiome intrecciate, sacro germoglio di Deò,
generatrice delle Eumenidi, regina di quelli di sotterra,
fanciulla che Zeus generò con unioni indicibili,
madre del molto risonante Eubuleo multiforme,
compagna delle Stagioni, portatrice di luce, dalla forma splendente,
santa, che tutto domini, fanciulla ricca di frutti,
dalla bella luce, dotata di corna, tu sola desiderabile per i mortali,
primaverile, ti rallegri delle brezze sui prati,
riveli la sacra persona con i germogli dai frutti verdeggianti,
rapita per essere sposata con nozze autunnali,
sola vita e morte per i mortali dai molti affanni,
Persefone: poiché sempre tutto nutri e uccidi.
Ascolta , dea beata, manda su dalla terra i frutti,
tu che fiorisci di Pace e Salute dalla mano soave,
e di vita felice che conduce a una splendida vecchiaia
alla tua regione, signora, e al potente Plutone.

Inno 67 – Profumo di Asclepio – polvere d’incenso

Guaritore di tutti, Asclepio, signore Paian,
che lenisci le sofferenze affliggenti delle malattie degli uomini,
dai dolci doni, potente, vieni portando la Salute
e facendo cessare le malattie, penose Chere di morte,
tu che fai prosperare, soccorritore, che respingi il male, dal destino felice,
forte germoglio di Febo Apollo che ricevi splendidi onori,
nemico delle malattie, hai come sposa la Salute irreprensibile,
vieni, beato, salvatore, concedendo un buon fine di vita.

Occorre ricordare, per quanto detto, con riferimenti storici inoppugnabili, che i templi altro non erano se non le prime forme di ospedali e di culto con tutti gli annessi e connessi.
Ricorda Marcella Barra Bagnasco nel suo Malattie, Medici e Dei: racconti dell’acheologia, che i Templi erano “posti all’esterno della città, distribuiti nel territorio, strutturati in forme e dimensioni che potevano essere meglio comprese dal mondo contadino.
Esisteva dunque, anche allora, un’industria del pellegrino. Osti, albergatori, ma anche artigiani figulini o metallurgici installavano le loro botteghe in prossimità di questi luoghi sacri per dare assistenza ai viaggiatori o per poter vendere gli ex voto da offrire alla divinità o i souvenir da portarsi appresso.”Come a Petracappa, nei luoghi ancora non esplorati nei dintorni della Pietra a Forma di Cappello, sacra a Persefone.
Un secondo elemento che unisce il culto antico con quello attuale è il modo di chiedere la grazia. I Greci portavano una richiesta scritta e poi il dono votivo della parte guarita. Oggi la richiesta è orale e il voto, generalmente in cera, viene portato dopo e quasi a vita.
Come oggi si possono vedere teste di cera, organi vari di cera (cuore, gambe, braccia e così via) all’epoca avveniva la stessa cosa. I doni votivi erano in terracotta per i più poveri, in materiale più pregiato per gli altri. Anche l’offerta di danaro era gradita, occorrendo provvedere alle spese del tempio. Nel romanzo vengono esposte le preghiere e i voti. Tutte le descrizioni sono autentiche.
Delle ricerche fatte da Cesare Stranges, abbiamo avuto modo di parlare con il nipote Sebastiano. Egli gode fama di buon ricercatore archeologico ed è un punto di riferimento per molti studiosi. Reputa che le conclusioni dello zio non abbiano supporto nelle ricerche, ma non sa spiegare le foto delle colonne in territorio attorno a Petracappa. Alla fine si è lasciato sfuggire questa notizia: è certo che a poca distanza di Petracappa (non più di 500 metri) ci siano dei reperti archeologici consistenti, ma che difficoltà economiche e burocratiche ne hanno impedito gli scavi, che potrebbero dare luce a tante questioni. Il riferimento fatto serve come un richiamo alla attenzione delle Autorità competenti: non si può lasciare la nostra storia sotterrata e alla mercè dei tombaroli.
Sempre per la serendipità, utilizzando le ricerche per il romanzo Socii Navales, si raccontano le modalità per come avveniva il ricovero nei luoghi del Tempio di Asclepio a Petracappa, seppure le notizie sono tratte da situazioni analoghe se non identiche.
La storia si svolge nel punto in cui Sòpatro, colpito da una freccia alla gola da un Siculo, mentre si tagliava un bosco di abete bianco, ha perso la parola. Egli crede a una vendetta di Persofone, il cui tesoro, anche per sua responsabilità, è stato consegnato ai romani (un vero e proprio furto). Consulta un medico, che lo invita a pregare e andare nell’Asclepion di Petracappa.


Gedac

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