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Attualità

Continuiamo a pretendere di sognare un futuro diverso

Pensieri, parole, opere… e opinioni


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Leggendo l’articolo con il quale Claudio Cordova si erge a scomodo detrattore della candidatura della Locride a Capitale Italiana della Cultura 2025 sono rimasto a dir poco perplesso. Innanzitutto per la piaggeria con la quale il direttore de Il Dispaccio afferma di volere nel suo intimo la vittoria di un territorio nei confronti del quale dimostra invece un’insofferenza che ha del prodigioso, in secondo luogo perché dimostra una conoscenza molto scarsa del nostro comprensorio e delle attività culturali che vi svolgono, costruendo il suo articolo d’opinione su un pregiudizio che non esita a estendere anche ai suoi residenti. Per avallare la sua tesi, infatti, il collega ci spiega che la Locride non meriterebbe il titolo per tre ordini di fattori: l’assenza di infrastrutture che rendano la meta facile fa raggiungere, l’assenza di eventi culturali in grado di attirare grandi nomi del panorama culturale e la presenza pervasiva della ‘ndrangheta. Inoltre sottolinea come il titolo al quale la Locride ambisce è stato in passato detenuto da città come Lecce, Perugia, Siena, Palermo e Procida, meritorie in quanto protagoniste di una storia recente ben diversa rispetto a quella del nostro comprensorio.
Innanzitutto mi domando, se è vero com’è vero che in un territorio con una massiva presenza della criminalità organizzata la candidatura a Capitale della Cultura possa sembrare di prima istanza una contraddizione, per quale ragione, secondo Cordova, la presenza della ‘ndrangheta nella Locride renderebbe il nostro territorio meno meritevole di ottenere il titolo rispetto a quanto non abbiano fatto la Sacra Corona Unita a Lecce a la Mafia a Palermo. Inoltre, se sulla carenza infrastrutturale c’è in effetti poco da dire, come reagirebbe il direttore de Il Dispaccio se sapesse (perché a questo punto è lecito pensare che non sia così) che nel territorio in cui non ci sono “teatri che ospitano le compagnie più rinomate del Paese” si svolge da sette anni una rassegna teatrale che ha vantato in qualità di direttori artistici persone del calibro di Edoardo Siravo o Elisabetta Pozzi, che ci sono un’accademia musicale e una teatrale attivissime, molti appuntamenti dedicati alla lirica durante tutto l’anno, un Festival Jazz e uno di musica popolare dei quali ho perso il conto delle edizioni e, anche se è vero che mancano le biblioteche, almeno tre librerie che ospitano regolarmente eventi letterari non solo durante la bella stagione, un Caffè Letterario che ha istituito un premio d’importanza nazionale e un’intera galassia di associazioni socio/culturali che si riuniscono periodicamente per discutere dei più svariati temi società e cultura?
Mi affiora sulle labbra un sorriso amaro che sfocia nell’isterismo al pensiero che Cordova tratteggi il quadro di una locride culturalmente arida a una manicata di mesi dalla polemica scoppiata a Locri per l’organizzazione di eventi estivi quasi esclusivamente culturali, una situazione paradossale che ci pone dinanzi a un opinionismo snob che spezza le gambe a ogni tentativo di resilienza, contrapposto a un populismo probabilmente non ancora pronto a fare il salto di qualità.
Ma, anche qui, a dirla tutta, casca l’ennesimo di una serie così infinita di asini da aver assunto ormai le caratteristiche di un nubifragio estivo. Verso la fine del suo pezzo, infatti, Cordova parla dell’isolamento dal mondo cui la Locride ancora oggi sarebbe soggetta, che non lascia possibilità di crescita. A San Luca, Platì e Natile, prosegue il direttore de Il Dispaccio, i residenti sono convinti che il mondo sia solo il proprio paese e, pertanto, conclude, per poter meritare il titolo di Capitale della Cultura, al comprensorio servirebbe un percorso di bonifica com’è stato fatto a Matera dopo la visita dell’allora segretario del Partito Comunista Palmiro Togliatti nel 1948. Insomma, sorvolando sul disconoscimento della realtà culturale comprensoriale viva e vibrante, per Cordova la Locride non meriterebbe il titolo di Capitale della Cultura perché terra irredimibile. I suoi ascessi più rivoltanti i tre paesi citati poc’anzi, dove evidentemente, Cordova non è stato (almeno in tempi recenti), considerato che, personalmente, ho avuto invece modo di frequentarli incontrando un numero sterminato di residenti che stanno cercando di risalire la china con le unghie e con i denti pur dare un’immagine differente dei propri centri abitati e che ne sanno di mondo ben più di quanto non ne sappia io che vengo dal Piemonte e, probabilmente, persino di lui che ha confezionato servizi giornalistici di spessore dall’estero.
In conclusione, ritengo l’operazione condotta da Cordova una delle più infide che si potessero ideare nei confronti del nostro comprensorio, perché butta ne cestino decenni di sforzi di cittadini, enti amministrativi e persino della chiesa effettuando un processo alle intenzioni per di più non avallato concretamente dai fatti. Si sta dicendo, in soldoni, che la Locride non merita di avere nemmeno l’opportunità di provare a risollevare la testa, che non deve nemmeno provare a sognare un futuro migliore. È come se a Winnie Harlow fosse stato detto che, a causa della vitiligine, nemmeno meritasse di sognare di diventare una modella, come se, quando venne avviato il tanto auspicato processo di bonifica dei sassi di Matera che lo stesso Cordova cita nel suo articolo, qualcuno avesse detto di lasciare perdere perché, in fondo, erano stati i residenti a ridurre così quel posto e non valeva la pena provare a recuperarlo.
La storia ci insegna che le cose a Matera sono andate diversamente.
Io, checché ne dica Cordova, sogno che la Locride possa battere quella stessa strada.

Foto: flickr.com


Gedac

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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