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Costume e Società

Le aule scolastiche per gli alluvionati di Africo – 2ª parte

Africo, un’altra storia


GRF

Di Andrea Morabito

Come sappiamo, a ottobre 1952 l’edificio scolastico di Bova Superiore non era ancora stato restituito al Provveditorato, mentre si restituirono a metà gennaio gli edifici scolastici Carducci del Trabbocchetto di Reggio Calabria e quello del Comune di Villa San Giovanni, in cui i profughi africesi sostarono solo pochi giorni. Non lo fu neanche per i tre anni scolastici successivi, nonostante le promesse del Prefetto, che in più occasioni aveva espresso il suo interessamento dichiarando che non sarebbe stato tralasciato nulla d’intentato per rendere libero l’edificio scolastico.
Erano stati appaltati i lavori di ristrutturazione, con una spesa di 7.000.000 circa. La speranza era di poter al più presto iniziare i lavori per riuscire a far iniziare le scuole nell’edificio fino ad allora ancora occupato dagli africesi almeno per l’anno scolastico 1955/1956, mentre gli scolari di Bova Superiore, in quei tre, anni furono ospitati in case private.
A Bova Marina, in quell’ottobre, si segnalarono alla Prefettura, da parte del capo centro Eugenio Chiriaco, lamentele da parte dei genitori dei bambini che, nonostante la scuola fosse iniziata da molti giorni, dichiaravano di non poterla far frequentare ai figli per assoluta mancanza di aule scolastiche.
La preoccupazione dei genitori circa la mancanza di aule scolastiche è pienamente giustificata. Alla carenza di aule si associa anche l’alto numero di scolari che, ovviamente, produce l’esigenza di nuove aule da aggiungere a quelle già esistenti, peraltro già insufficienti tanto più che, come detto in precedenza, due di queste aule erano state adibite dalla Prefettura, nel mese di giugno, ad Asilo infantile. Per il solo centro profughi di Bova Marina, per l’anno scolastico 1952/1953 risultavano iscritti per frequentare la scuola elementare circa 200 bambini. Per dare un’aula a tutti, secondo i calcoli delle maestre, occorrevano almeno 4 ampi saloni/baracche. Si deve aggiungere che l’Associazione Italiana Maestri Cattolici aveva richiesto un’aula perché intendeva aprire in questo Centro profughi un corso di insegnamento per adulti analfabeti.
La necessità, ma potremmo dire l’urgenza, di trovare degli spazzi per adibirli ad aule scolastiche nello stesso Centro profughi nasce soprattutto dalle preoccupazioni dei genitori degli alunni, che per recarsi a scuola nel centro di Bova Marina dovevano, tutte le mattine, attraversare la fiumara che separa la cittadina dal’Ex Seminario Vescovile in cui erano ricoverati. Se in primavera non era un problema, nei mesi autunnali e invernali il più delle volte era impossibile attraversala e com’è facile intuire, lo era almeno per le prime due classi elementari in considerazione dell’enorme distanza che intercorreva tra l’edificio scolastico e il Centro stesso. A inizio anno scolastico 1953/1954, numerosi genitori decisero di far finire, una volta per tutte, questa situazione di pericolo e si presentarono al Capo Centro Chiriaco per intimargli di provvedere a far adibire dei vani ad uso scolastico per non essere costretti a non mandare i propri figli a scuola.
Chiriaco, molto sensibile a queste tematiche, si attivò immediatamente, facendo al Provveditorato e al Prefetto delle proposte concrete al fine di risolvere definitivamente questo annoso problema. Per la 1ª e 2ª elementare propose di utilizzare due vani al piano terreno dell’ex Seminario, sempre dopo un sopralluogo di tecnici del Genio Civile, e per la 3ª, 4ª e 5ª di utilizzare i locali del’ex Orfanotrofio Caterina Marzano in contrada Maddalà, non lontano dall’ex Seminario.
Il numero di alunni, però, creava un problema di non facile soluzione, direttamente collegato alla disponibilità esigua di vani anche per alloggiare gli alluvionati. Al Centro di Bova Marina, nell’anno scolastico 1952/1953; frequentarono la 1ª elementare 71 alunni, la 2ª 29, la 3ª 28, la 4ª 23 e la 5ª 12, un numero enorme se si fa un raffronto con il numero degli alunni negli altri centri della Provincia.
Al Centro di Bova Superiore, infatti, in totale frequentarono le scuole 50 bambini, al centro di Palmi  vi erano 19 iscritti, al Lazzaretto 103 e al centro di Fiumara 26.
Al momento del primo ricovero degli alluvionati le baracche esistenti erano poche, per un totale di 18 vani, che furono sufficienti ad alloggiare i primi arrivati anche se in promiscuità. Buona parte degli abitanti di Casalnuovo rimase al paese nelle rispettive abitazioni che, in un primo sopralluogo, il Genio Civile dichiarò non pericolanti. Il Decreto Interministeriale dei primi di agosto 1952, che dichiarò anche Casalnuovo inabitabile sulla base della nuova perizia dello stesso ufficio del Genio Civile, fece sfollare, tra il 13 ed il 14 agosto, quasi tutta la popolazione casalnovese che si riversò al Centro di Bova Marina. A metà agosto 150 famiglie, con un totale di 600 persone, si trovava accampata davanti all’ex Seminario. Vecchi, donne e bambini furono alloggiati alla meglio e gli uomini si sistemarono all’aperto.
Quella massa di uomini, donne, bambini e anziani doveva essere necessariamente assistita in attesa della sistemazione. La Prefettura incaricò Don Cristiano di Palizzi di provvedere alla refezione calda a tutti. Si specificava che agli uomini validi bisognava assegnare una razione fredda fino a nuove disposizioni.

Foto: ilmiogiornale.org


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2 Comments

  1. É un pezzo di storia che mi ha visto protagonista del campo profughi del Seminario di Bova Marina e frequentatore della 5^ classe delle elementari. Grazie a chi ha fatto “Memoria” storica di una popolazione i cui avi “combatterono contro i saraceni”.

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