La confisca come prezzo o profitto del reato
Breve storia giuridica della confisca dei beni
Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino
La legge Rognoni/La Torre, concepita come strumento per combattere in maniera più incisiva sia la criminalità organizzata sia la criminalità del profitto, in grado, attraverso i suoi patrimoni illeciti, di incidere negativamente sulle regole del libero mercato, ha segnato il confine tra la confisca tradizionale prevista dall’articolo 240 del Codice Penale e la creazione di nuove forme di confisca che si sono susseguite negli anni.
E proprio a partire da tale momento storico ha avuto inizio una sequenza legislativa tendente a creare una variegata tipologia di confische, apparentemente diverse, ma tutte collegate tra loro dal fatto che l’una rappresenta il superamento dei limiti applicativi delle precedenti, in modo da creare una sorta di matrioska in cui la precedente confisca, raggiunto il suo limite di applicabilità, viene inglobata e/o surrogata da una nuova forma di confisca, ideata e modellata proprio al fine di sopperire ai limiti della prima.
Sicché, tenendo presente questo collegamento funzionale tra le diverse tipologie di misure patrimoniali, risulta più agevole comprendere l’effettiva valenza del reato di trasferimento fraudolento di valori previsto dall’art. 512 bis del CP (ex art. 12 quinquies della Legge nº 306 del 1992), creato con lo scopo di prevenire e, eventualmente, punire gli atti negoziali simulati con i quali si tende a creare in maniera fittizia in capo a terzi la titolarità formale di beni appartenenti a soggetti potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione.
Tale tipo di negozi vengono compiuti per celare la reale signoria esercitata sui beni oggetto di negozio simulato da parte dei soggetti che, mediante l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale, possono essere soggetti a provvedimenti giurisdizionali ablativi del loro patrimonio.
Ed è proprio al fine di ben evidenziare tale legame e l’effettiva incisività della norma che si è ritenuto di fare una premessa storica sulle misure patrimoniali, nonché di descrivere l’attuale sistema delle misure patrimoniali nel nostro ordinamento giuridico.
Attualmente il nostro ordinamento, oltre alla tradizionale ipotesi di confisca generale prevista dall’art. 240 del CP, divenuta una misura sussidiaria, da applicare solo laddove non sono previste altre forme di apprensione, prevede sia delle ulteriori ipotesi di confisca che, al pari dello stereotipo, presuppongono una sentenza penale di condanna e il nesso di pertinenzialità tra beni e reato, sia altre misure ablative, che, invece, prescindono dal nesso di pertinenzialità, come la confisca allargata o per sproporzione e quella per equivalente o, addirittura, prescindono anche dalla commissione del reato, come la confisca di prevenzione.
La descrizione, per i fini anzidetti, delle diverse tipologie di misure patrimoniali oggi vigenti, avrà inizio proprio a partire da quella che rappresenta l’archetipo di tutte le altre, ovvero l’art. 240 del CP, per poi passare alla trattazione delle ulteriori e specifiche ipotesi di confisca introdotte nel CP sia contemporaneamente sia successivamente alla sua originaria emanazione, tutte che presuppongono la condanna o il patteggiamento di pena.
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