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Attualità

Alternanza scuola/lavoro: “Davvero si può accettare di lavorare a zero tutele?”


GRF

Dal Gruppo giovani Primavera della Calabria

Lo scorso anno, come gruppo giovani del laboratorio politico Primavera della Calabria abbiamo posto tante volte l’attenzione sul delicato tema dell’alternanza scuola/lavoro, esprimendo forti dubbi e perplessità sintetizzati in una domanda emblematica: Formare o Sfruttare?
Tanti, troppi, sono stati i giovanissimi che hanno perso la vita durante gli stage formativi resi obbligatori dalla legge sulla Buona Scuola del 2015, voluta dal Governo Renzi e dal Partito Democratico.
Tra le vittime c’è anche Giuliano de Seta, un ragazzo di origini calabresi, che ha perso la vita lo scorso 16 settembre in una fabbrica di Noventa di Piave, in provincia di Venezia.
È di qualche giorno fa la triste notizia che la sua famiglia non ha diritto ad alcun risarcimento da parte dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in base alle attuali normative vigenti in materia, dal momento che Giuliano non è un capofamiglia.
Premesso che la nozione stessa di capofamiglia è alquanto anacronistica, per usare un eufemismo, e premesso anche che non si tratta di una questione di soldi, poiché nessuno restituirà una vita ingiustamente spezzata, davvero si vuole offendere così la memoria di un ragazzo? Davvero non è prevista alcuna tutela nei confronti dei giovani studenti obbligati a lavorare? Davvero la vita di un giovane non ha alcuna importanza?
Restiamo sgomenti di fronte a questa ennesima ingiustizia italiana. Siamo stufi di una classe dirigente che da troppi anni sta provando in tutti i modi a offendere il lavoro e la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici.
Siamo uno dei Paesi europei con il più alto tasso di vittime sul lavoro e, come se non bastasse, nemmeno la morte contribuisce a dare dignità a queste vittime innocenti che, come nel caso di Giuliano e di tutti gli altri ragazzi morti nelle medesime circostanze, erano, e restano, inesistenti per le istituzioni statali e tutto questo è semplicemente ignobile per un Paese democratico e civile, troppo spesso prigioniero del cinismo di gran parte della politica italiana.
Come è possibile, nel 2023, lavorare con zero tutele?
Una domanda dolorosa che esige una risposta immediata.

Foto: trevisotoday.it


Gedac

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