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Costume e SocietàLetteratura

Gli articoli 416 bis e 446 del Codice Penale

Breve storia giuridica della confisca dei beni


Edil Merici

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

L’articolo 416 bis, comma 7, del Codice Penale, oltre a fornire una definizione giuridica di reato associativo valevole per tutti i fenomeni di criminalità organizzata, ha anche introdotto, al 7º comma, un’ipotesi di confisca obbligatoria, a carico del condannato per associazione a delinquere, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne rappresentano il prezzo, il prodotto, il profitto o ne rappresentino l’impiego.
Tale norma, da un lato, operando entro le regole generali di cui all’art. 240 del CP richiede, ai fini della sua operatività, l’esistenza di un nesso di pertinenzialità, limitandosi soltanto a trasformare in obbligatoria la confisca delle cose servite alla commissione del reato, oppure che ne rappresentino il prodotto o il profitto.
Da un altro lato, però, pur richiedendo il nesso di pertinenzialità tra la cosa e il reato, questa misura ablativa, rispetto a quella prevista dall’art. 240, amplia l’oggetto della confisca, estendendola anche a quei beni che rappresentino il reimpiego del prezzo, del prodotto o del profitto (immediato) del reato.
L’art. 446 del CP è stato reintrodotto dall’articolo 1 del Decreto Legge 282/1986, dopo che precedentemente era stato abrogato dall’art. 108 della L 685/75, in deroga al 1º comma dell’art. 240 del CP.
Tale norma prevede l’obbligatorietà della confisca delle cose destinate o servite per la commissione del reato, nonché del prodotto e del profitto del reato, in caso di condannaper avvelenamento di acque o sostanze alimentari (art. 439 del CP) adulterazione o contraffazione di altre cose in danno alla salute pubblica (art. 441 del CP) o di commercio di sostanze alimentari adulterate o contraffatte (art. 442 del CP), qualora dal fatto/reato sia derivata la morte oppure la lesione grave o gravissima di una persona.

Foto: edizioni.simone.it


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