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Il guazzabuglio di “The Fabelmans” e perché, in Italia, stiamo bene così


GRF

Un immondo, terribile, indegno guazzabuglio americano.
Ma non preoccupatevi, vincerà lo stesso una caterva di premi perché gli americani amano da sempre auto celebrarsi nonché auto premiarsi e nella storia del cinema ne abbiamo di esempi fulgidi.
Sto parlando dell’ultimo film di Steven Spielberg The Fabelmans.
Sicuramente non ho riconosciuto in questo lavoro il regista di Prova a prendermi, A.I.: Intelligenza artificiale, The Terminal, Jurassic Park, Salvate il soldato Ryan o del grande Schindler’s List. Gli interpreti di The Fabelmans sono appena accettabili, il padre con quell’eterno ebete sorriso stampato sul volto che non modifica neanche quando scopre che la moglie gli fa le corna e quella consorte così insulsa che convince solo quando annuncia che dovrà andare da uno psichiatra. Personaggi mediocri con interpretazioni sotto la media per un film altrettanto mediocre. Indubbiamente il livello tecnico di questo ultimo lavoro di Spielberg è, come al solito, molto alto: giusto il montaggio, perfetta la fotografia, azzeccato il colore, ma basta questo per fare un grande film che oltretutto fai durare due ore e mezzo stimolando i miei sensi a chiedere pietà già dopo i primi quarantacinque minuti?
Non credo!
Specialmente quando la mia memoria è andata a pensare a un vero grande film italiano che trattava lo stesso tema dell’amore per il cinema e che s’intitolava Nuovo Cinema Paradiso del nostro Giuseppe Tornatore. E allora mi sono detto: “Continuate, in America, a fare le vostre americanate. Noi stiamo bene così.”

Foto: amazonaws.com


Gedac

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