Di Andrea Morabito
Altre e numerose proteste si levarono tra gli sfollati di Africo quando, a un certo punto della permanenza, le Autorità presero la decisione di limitare le spese per l’assistenza agli alluvionati che si protraeva ormai da tre anni e che era diventata insostenibile per le casse della Prefettura, quindi dello Stato. Si incominciò a togliere l’assistenza a chi, dopo accertamenti sulle condizioni economiche, risultava, secondo parametri che oggi, dopo tanti anni, ci appaiono ridicoli, benestante. Questi parametri erano possedere delle terre al vecchio paese, capi di bestiame (mucche, capre, maiali) o aver ricavato qualche soldo dalla loro vendita, non tenendo conto di alcuni fatti. Primo, i terreni erano o distrutti o impossibili da raggiungere per via dello sconquasso creato dalle numerose frane, e comunque nulla si produceva da tre anni. Secondo, la maggior parte del patrimonio zootecnico era stato non venduto, ma svenduto per l’impossibilità di accudirlo, stante il fatto che la maggior parte della popolazione era sfollata. Altro parametro era il possesso o meno di un reddito da lavoro.
Nel marzo 1954, la Post Bellica chiese al Comando Carabinieri di Africo di trasmettere dettagliate informazioni sulle condizioni economiche e famigliari di un certo numero (furono i primi 18 di cui si chiese informazioni) di sfollati. In particolare le informazioni dovevano precisare la professione o il mestiere di ciascuno, se erano disoccupati o meno, se godevano di pensione da parte dello Stato o da altri Enti, eventuali redditi che traevano dal lavoro e se possedevano beni mobili e immobili, e ogni altra notizia che sarebbe potuta servire ad accertare se le condizioni economiche fossero sufficienti ai bisogni famigliari.
Il mese dopo, le informazioni (date dal Commissario Prefettizio di Africo) furono consegnate. Sulla base di queste informazioni (secondo i summenzionati parametri), queste famiglie, ricoverate nel Centro raccolta di Bova Marina, non risultavano più essere in condizioni di bisogno. Il Prefetto dispose che, a partire dal 1º luglio venisse sospesa l’assistenza, e che venissero invitati a lasciare il più presto possibile il Centro. Si invitarono il Delegato Regionale Francesco Morabito e il custode del Centro Profughi alluvionati (con lettera del 26 giugno), a non distribuire più, a partire dal 1º luglio, viveri e ogni assistenza anche sanitaria.
Al custode venne comandato, oltre a sospendere la consegna di viveri e ogni altra assistenza, anche di diffidare personalmente i Capi famiglia ad abbandonare il Centro entro la stessa data.
Il Prefetto, il 3 luglio, fece parzialmente marcia in dietro, rettificando la sua decisione sull’espulsione netta e decisa del 26 giugno. Comunicò: “si prega di far presente agli interessati che nulla osta da parte di questo Ufficio che, pur non risultando in condizione di bisogno, rimangano nel centro ove si trovano, ma solamente con l’assistenza alloggiativa, e cioè con l’esclusione di ogni altra forma di assistenza.”
Questo ripensamento aveva un fondamento. Casalnuovo era stato dichiarato, da una nuova perizia del Genio Civile, abitabile, ribaltando completamente la precedente perizia dello stesso Genio Civile dell’agosto 1952, che aveva detto il contrario e che aveva fatto sfollare tutto il paese a metà agosto. In attesa di ulteriori e più precisi accertamenti, la Prefettura preferì attendere prima di fare sloggiare le 18 famiglie da Bova. Si allettavano gli abbandoni volontari del Centro per Casalnuovo – peraltro parzialmente abitato in quel 1954, – con la promessa di un ulteriore mese di sussidio. Si attuava il progetto di ridurre le spese di mantenimento degli alluvionati nei Centri raccolta ormai insostenibili per lo Stato, e si iniziò con un provvedimento concreto; far tornare i casalnovesi al loro paese, togliendo loro il sussidio e il tetto, per costringerli a rientrare.
La sospensione dell’assistenza ai casalnovesi allarmò anche Umberto Zanotti Bianco, che intervenne a loro favore presso il Prefetto con la proposta di non sospenderla fino all’aprile successivo. Gli viene comunicato che, essendo ormai esauriti i fondi speciali per gli alluvionati, l’assistenza sarebbe continuata il più a lungo possibile, ma nella misura ridotta imposta dalle esigenze di un equo utilizzo dei fondi per l’assistenza generale.
Foto: laleggepertutti.it