La definizione di confisca per equivalente o di valore
Breve storia giuridica della confisca dei beni
Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino
Il legislatore, nel tempo (stante la scaltrezza dimostrata dai soggetti passibili di confisca del loro patrimonio ad aggirare le norme vigenti in materia) oltre alle ipotesi speciali di confisca precedentemente indicate, tutte operanti entro i limiti di cui all’articolo 240 del Codice Penale, superando tali limiti ha inserito nuove norme che prevedono, indiscriminatamente, la confisca di qualsiasi bene che sia nella disponibilità del reo per un importo pari al valore del prodotto o del profitto del reato.
In sintesi, ogni qualvolta non risulta possibile disporre la confisca del prodotto o del profitto del reato, è possibile procedere alla confisca di beni, danaro o altre utilità di cui il reo ha la disponibilità, per un importo pari al valore del prodotto o del profitto del reato.
La ratio legis di tale tipologia di confisca (comune anche alla confisca allargata, all’art. 12 quinquies e alla confisca di prevenzione, dopo le modifiche apportate a tale istituto tra il 2008 e il 2011) è da ricercarsi nella volontà del legislatore, di fronte al dilagare della criminalità, soprattutto organizzata, di impedire che il reo, attraverso delle finzioni giuridiche, occulti i propri beni di modo che questi non risultino collegati al reato come prodotto o profitto o, più in generale, di provenienza illecita.
La specifica volontà di impedire la sottrazione del prodotto o del profitto attraverso espedienti giuridici, prima ancora che in Italia, si è formata a livello internazionale.
Emblema di tale esigenza internazionale è la Convenzione di Strasburgo, dell’8 novembre 1990, sulla cooperazione internazionale contro il crimine che, esplicitamente, prevede la possibilità di confisca di beni riconducibili al reo, di valore equivalente al provento dal reato.
Però, in Italia, paradossalmente, la prima norma che ha previsto tale tipologia di confisca è stata una norma processuale, ossia l’art. 735 bis del Codice di Procedura Penale, introdotto con la Legge nº 328 del 1993 proprio per ratificare la Convenzione di Strasburgo.
Tale norma, stranamente di natura processuale, statuisce che, “in caso di esecuzione di un provvedimento di confisca, consistente nell’imposizione del pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore del prezzo, del prodotto o del profitto di un reato, si applicano le disposizioni sull’esecuzione delle pene pecuniarie.”
Il legislatore italiano, dal canto suo, nell’introdurre la confisca per equivalente nel diritto sostanziale penale (L. 108/96 relativamente al reato di usura) non ha ritenuto di apportare modifiche alla norma generale sulla confisca, trasformando quella per equivalenza in una delle ordinarie modalità della confisca.
Né ha ritenuto di introdurre una norma che prevedesse i principi generali d’applicazione di tale istituto, ma si è limitato a prevederne l’operatività solo per determinati reati, per i quali la confisca è stata espressamente prevista come possibile conseguenza della loro commissione.
Inoltre, detta misura, oltre a non assurgere a previsione generale, viene introdotta come ipotesi residuale o sussidiaria, atteso che le norme che ne prevedono l’operatività statuiscono che essa si applichi solo dopo aver esperito il procedimento per l’ablazione dei beni costituenti il prezzo, il prodotto o il profitto del reato e tale apprensione è divenuta impossibile.
La dottrina, in concomitanza dell’inserimento di tale nuova misura nel nostro ordinamento, avvertì l’esigenza di dare una compiuta veste giuridica all’aggettivo equivalente atteso che, sino a quel momento, l’unica equivalenza conosciuta nel diritto penale era quella tra le circostanze aggravanti e attenuanti, ossia uno degli strumenti assegnati al giudice al fine commisurare la pena al caso concreto.
E, difatti, l’utilizzo del termine equivalente, diversamente da quello utilizzato in precedenza dal legislatore per indicare la comparazione tra le varie circostanze del fatto, attenuanti e aggravanti, in materia di confisca, esprime un concetto di natura economica.
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