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Costume e SocietàSpettacolo

Il buon senso di Gianni Morandi e l’umiltà di chi è davvero grande


Edil Merici

Di Ilaria Solazzo

L’umiltà di un grande della canzone italiana che (armato di buon senso) ha preso in mano una scopa per lanciare un messaggio chiaro alle nuove generazioni: chi su quel palco ci ha costruito una carriera, ha rispetto della storia, delle maestranze e soprattutto della musica italiana. Questo il senso del comportamento di Gianni Morandi nel corso della prima serata del Festival 2023. Tanti cantanti storici della manifestazione hanno ricordato di aver avuto sempre questo dovuto rispetto per un palco che ha dato loro l’opportunità di crescere artisticamente.
La spiacevole performance di Blanco che, a causa di alcuni problemi tecnici con l’audio in cuffia, ha pensato di divertirsi a scapito dell’allestimento floreale, ha diviso in due il Paese. Chi ha preso le difese del giovane artista e chi, invece (da amante della buona musica ma, soprattutto, della buona educazione) ne ha preso le distanze. In generale, quello del 20enne cantante è stato bollato come un gesto di ammutinamento, tra l’ironico e il politico, figlio della nuova moda che dilaga tra i giovanissimi: la maleducazione.
Il Festival della Canzone italiana nacque nel 1951, ospitato nel Salone delle feste del Casinò di Sanremo. Dal momento che si trattava di poco più di una cena di gala trasmessa per via radiofonica, all’epoca la scenografia corrispondeva a una semplice decorazione della sala. In quel periodo i cantanti erano disciplinati e pieni d’amore verso un festival che offriva loro molte chance.
Fu solamente dal 1955 che il Festival venne trasmesso in televisione per la prima volta: motivo per cui, dal 1957, anche le scenografie si adattarono al salto sul piccolo schermo. Ma si sentiva ancora la formalità del palco che si calcava e si scelsero soluzioni all’insegna della sobrietà. Di fatto, oltre ai lunghi drappi che facevano da sfondo alle esibizioni canore, la decorazione era affidata ai fiori, simbolo della cittadina ligure.
L’unico elemento dirompente era costituito dalle linee d’avanguardia della scritta RAI, che giganteggiava sul boccascena. Anno dopo anno, era di casa, per gli artisti, la bellezza e la cura dei dettagli nei testi delle canzoni come per gli abiti scelti. Gli anni ’60 apportarono importanti cambiamenti: da ricordare, ad esempio, il 1964, quando fece la sua comparsa la scala centrale, da allora simbolo indiscusso del Festival sanremese. La modernità, tuttavia, arrivò a Sanremo solamente nel 1967, con una scenografia ottica ispirata alla Pop Art che spopolava in quegli anni. Le quinte erano costituite da un susseguirsi di pannelli rosa traforati, le cui trasparenze creavano interessanti giochi di luce. “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo Gattopardo e così avvenne. Sanremo si legò per sempre al teatro Ariston. Dopo gli eccessi degli anni ‘80, il decennio successivo fu segnato da un ritorno all’ordine, con ispirazioni neoclassiche e déco. Verso la fine degli anni ’90, ebbe inizio una transizione che portò la scenografia ad avvicinarsi sempre di più a quelle odierne, anticipando gli sviluppi del 2000. Il Festival di Sanremo, tra capolavori musicali e perle di cultura pop, ha scandito l’evoluzione del costume italiano. Da oltre settant’anni la competizione canora, anticamera e ispiratrice dell’Eurovision, tra fiori, pronostici e polemiche ci racconta l’Italia, anche attraverso le sue scenografie e i costumi. Da simbolo di una raffinatezza stilistica e canora tutta tricolore a grande spettacolo televisivo votato a una concezione tutta anglosassone di intrattenimento, in cui anche l’attesa per l’aspetto degli ospiti e le schegge impazzite sanciscono o meno il successo. Morandi, che la storia su quel palco l’ha scritta, ha dato prova di essere un uomo e un grande artista. Bisogna far capire che i giovanissimi non hanno il diritto di calpestare con arroganza e presunzione anni e anni di storia della musica italiana.
«I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo» diceva il compianto presidente Sandro Pertini. E (come spesso gli succedeva) aveva ragione.

Foto: youtube.com


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Ilaria Solazzo

La pugliese Ilaria Solazzo risponde in pieno alla definizione di “multitasking”. Giovane donna, ha alle spalle mille differenti attività: la redazione di libri, una buona esperienza nel campo della grafica, la pubblicazione di vari testi e non solo! È anche appassionata di lettura (specie la fantascienza), moda, costume e poesia. È giornalista pubblicista, blogger… e tanto altro. Dal decennio di nascita - gli anni ‘80 - ha ereditato la passione per la televisione che, per lei, si incarna nel binomio Carrà/Cuccarini. Dinamica, professionale, seria, ama la vita a colori.

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