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Costume e Società

Natile: “Signore, fa che possiamo comprendere che ciò che più conta è l’amore”

Di ✠ Francesco Oliva – Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace

Alla beata e sempre vergine Maria e al suo Cuore Immacolato, nella liturgia di questo sabato dopo il venerdì del Sacratissimo Cuore di Gesù, affido la vita di questa giovane madre, Caterina, con i suoi due figli, Giusy e Giovanni. Lo faccio assieme a tutti voi, che in questo momento formate il corpo di Cristo sofferente, che pensa e medita nel suo cuore quanto accaduto. È l’ora della passione e della morte, l’ora del silenzio e della meditazione. Quella che suscita nel cuore di ciascuno di noi una sola domanda: perché? Perché tanta morte lungo le nostre strade? Perché questa strage degli innocenti? È Dio a volere tutto questo? O centra anche la nostra negligenza? sono domande che restano e inquietano. A noi in questo momento interessa essere uniti nel dolore, in un unico abbraccio con quanti piangono e sono nel dolore.
Sarei dovuto venire per amministrare il Sacramento della Cresima e della prima comunione ai ragazzi di questa comunità. Ho anticipato la mia venuta. Questa comunità in questo giorno di lutto cittadino ha bisogno di vedere il volto di un Dio che non solo non si dimentica di essa, ma è ancora più vicino. Dio è presente quando tutto ciò che ci sta attorno e accade ci fa sentire gli ultimi della terra, i dimenticati, i senza futuro, i lontani. Anche quando la morte ci sorprende su vie insicure e trascurate, mancanti della più ordinaria manutenzione, Dio è vicino. Egli è la via, la verità e la vita: “la via” che condivide con noi e che porta “verso cieli nuovi e terra nuova”, “la verità” che ci fa essere e che illumina il nostro cammino, “la vita” che ci dà gioia e ci rende uguali in una umanità che ci accomuna nella debolezza e nel desiderio di poter guardare avanti con fiducia e speranza. A tutti il Dio che ci dà vita, l’eterno vivente, il Dio dei vivi, fa sentire la sua voce che dice: mi siete cari, rendete gioiosa la vostra vita e costruite comunità, non accumulate solo per voi stessi, create tra voi migliori legami di amicizia e fraternità, i vostri campanili emettano note che invitano alla solidarietà e condivisione. Il Dio, in cui crediamo è padre di tutti, per lui non ci sono figli di serie A e di serie B, chiede a tutti saggezza nel governo della Città, fissando lo sguardo sulle necessità comuni, partendo dagli ultimi, dai bisogni di quanti abitano le periferie. Chiede di fare rete, ci costruire una città solidale, di abbattere le distanze e rendere più sicure le strade della vita quotidiana, quelle che ci liberano dall’emarginazione e ci conducono ai luoghi di lavoro o di svago. Nessuno deve potersi sentire escluso e costretto a cercare altrove quel bene dell’essere e della vita che può avere laddove è nato. La comunità di Careri e dei comuni vicini non deve sentirsi abbandonata, ma ha diritto ad essere ben collegata con la realtà circostante attraverso una viabilità adeguata ai tempi moderni.
Sono venuto per dire al gruppo dei ragazzi che era pronto per ricevere il Sacramento della prima Comunione e della Cresima: questo è un vero momento di comunione. Dio entra nella vostra vita e vi dice: siate forti, accogliete i doni dello Spirito santo: la sapienza, l’intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio.
Cari ragazzi, vorrei ammettervi tutti alla comunione, insieme a Giovanni e a Giusy! Ma anche se non ricevete la comunione sacramentale, ricordate che siete in comunione col Signore perché siete in comunione tra voi. Per renderla possibile, lo Spirito si fa sorgente di molteplici doni per voi. Invocatelo: «Vieni, Santo Spirito, vieni, datore dei doni». Vi chiedo di farlo insieme a Giusy e a Giovanni. Con una differenza, però, che è data dal fatto che Giusy e Giovanni oggi partecipano già alla pienezza di comunione con Dio nella gloria del paradiso, avendo già raggiunto la meta della vita eterna, mentre voi siete ancora in cammino in questa direzione. Per questo permettetemi che mi rivolga a loro.
A Giovanni, anzitutto, dico: Vivi la pienezza della comunione con Dio. La comunione con l’Ostia santa che stavi per ricevere in questa chiesa è ora divenuta piena per te che sei stato chiamato a vivere per sempre la beatitudine del cielo. Vivi la comunione dei santi, di quanti hanno cercato e amato Dio, anche senza mai poterlo ricevere nel sacramento dell’Eucaristia. Vivi la comunione con i Santi Innocenti che la crudeltà di Erode fece uccidere, dei tanti ragazzi e giovani che muoiono sulle nostre strade, dei bambini migranti che annegano nelle fredde acque dei nostri mari. Caro Giovanni, i compagni del tuo gruppo di catechismo ti sono vicini e sanno che la tua prima comunione avviene nella gloria dal Signore che ti ama come sempre ha fatto. Chiamandoti alla vita e regalandoti la gioia di una famiglia vera. Anima semplice e pura, accogli il dono della loro amicizia, e soprattutto quello dell’amore di Dio, padre dall’eternità, che ti ha chiamato a sé molto presto. La tua anima, come quella dei giusti, è amata da Lui e da Lui è stata prediletta. Il Signore ti ha ammesso alla comunione eterna del suo amore, perché la tua innocenza è il vero tesoro che ama. Non lo accoglierai nel segno dell’ostia consacrata, ma nell’eternità del suo abbraccio, che dona vita e dispensa amore a quanti lo cercano e lo amano. Come lo hai cercato tu!
Anche a te, Giusy desidero chiedere una cosa importante: tu che amavi servire il Signore presso questo altare, continua a servirlo nella sua gloria. Egli ti ha ammessa per sempre alla Cena dell’Agnello, laddove si realizza l’eterna comunione di amore fra tutti i suoi figli. Con Gesù Agnello immolato puoi parlare, a Lui potrai essere ancora più vicina e lo potrai servire per sempre. Con gli Angeli santi e con i tuoi compagni ministranti che sono qui intorno a questo altare. Il Signore non ti toglie all’affetto dei tuoi cari, dei tuoi amici, di questa piccola grande comunità, ma rende un sigillo di eternità al tuo e loro affetto. Nessuno potrà cancellarlo. Continui a vivere non attraverso la visibilità della carne, ma attraverso l’Amore che dura per sempre. E tu resterai sempre presente in questa comunità.
Al Cuore Immacolato di Maria consegno te, Caterina, grembo fecondo di vita, mamma accomunata al tragico destino dei suoi figli. Ti stavi anche tu preparando alla prima comunione di Giovanni. Quando sei stata chiamata all’eterna comunione della vita che non muore più. Anche a te come alla Beata Vergine Maria il vecchio Simeone nel tempio ha fatto sentire la profezia: “una spada ti trafiggerà l’anima» (Luca 2, 35). Sei stata accomunata al dolore di Maria e del suo figlio Gesù. La tua sofferenza è la sofferenza dei tuoi figli e dell’uomo che hai sposato padre dei tuoi figli. Anche tu puoi rivolgerti a Gesù con le parole di santa Caterina da Siena: «O dolcissimo e dilettissimo Amore, quel coltello che tu ricevesti nel cuore, nell’anima e nelle piaghe del corpo fu quello stesso coltello che trapassò il cuore e l’anima della madre tua.»
Ecco il mistero della sofferenza che in questa famiglia si manifesta in tutta la sua gravità!
In questa celebrazione del Cuore immacolato di Maria non possiamo non volgere il nostro sguardo verso di Lei che, piena di premura e di preoccupazione, cerca Gesù smarrito durante il pellegrinaggio a Gerusalemme. Come devoti israeliti, Maria e Giuseppe si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando Gesù ebbe dodici anni andò con loro per la prima volta. E proprio allora ebbe luogo il suo smarrimento. San Luca lo descrive in modo molto toccante, in base alle notizie, come si può supporre, ricevute dalla Madre: «Figlio, perché ci hai fatto così? […] Angosciati ti cercavamo». Maria, che aveva portato Gesù nel suo grembo e lo aveva protetto contro Erode fuggendo in Egitto, confessa umanamente la sua grande angoscia.
Guardiamo al Cuore immacolato di Maria, e chiediamo a lei come ha fatto col Figlio: Madre, perché questo? Perché lungo La strada della nostra quotidianità deve affacciarsi la morte? Bussiamo al suo cuore e diciamole: Perché questo atroce dolore?
E oggi bussiamo al suo Cuore di madre e chiediamo al Signore: facci comprendere che tu ci sei vicino e non ci abbandoni. Fa comprendere ai nostri fratelli e sorelle che sono nel dolore che il tuo cuore batte anche per loro.
Con Maria, la Madre, cui fu rivelato nel modo più pieno il mistero della Croce, anche noi osiamo chiedere a Gesù: Perché tutto questo lungo la strada della quotidianità? Anche noi non sappiamo comprendere la sua risposta. Ci è difficile comprendere la volontà del Padre quando in mezzo c’è la sofferenza innocente, quando la morte spezza la vita di una famiglia. Non possiamo che gridare di più: Donaci Signore di comprendere quanto entra nel mistero del Padre tuo, di accogliere il dono della vita e la sua bellezza, in modo da apprezzarla in noi e nei nostri fratelli.
Aiutaci, o cuore dolcissimo di Maria, a comprendere così grande dolore. Aiutaci a comprendere «col dolore del cuore» l’Amore crocifisso, l’amore che non può morire, quello di una madre come quello di Dio.
Chiediamo al Signore di saper fare silenzio in questi momenti e di accogliere quel meraviglioso progetto di vita e di amore che egli nutre per noi. Fa, o Signore, che nel massimo della sofferenza, ai piedi della Croce, possiamo comprendere che ciò che più conta è l’amore che Tu ci doni, perché restiamo sempre uniti a Te e a quanti metti sul nostro cammino.

Foto: corrieredellacalabria.it


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