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Costume e SocietàLetteratura

La confisca urbanistica

Breve storia giuridica della confisca dei beni


Edil Merici

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

La questione della conformità della confisca urbanistica venne poi ripresentata dinanzi alla CEDU che, con la sentenza Varvara contro Italia del 29/12/2013, ha ribadito la natura sanzionatoria della confisca urbanistica e la conseguente violazione dell’articolo 7 della CEDU e dell’art. 6, Paragrafo 2, che regola il cosiddetto principio della presunzione di innocenza, arrivando ad affermare espressamente che nessuno può essere sottoposto a tale misura senza che prima ne sia affermata la penale responsabilità.
Dopo che è stata pronunciata detta sentenza da parte della CEDU, diversi Tribunali hanno riproposto la questione di legittimità costituzionale della confisca urbanistica, sollevando, quale elemento di novità rispetto alle precedenti eccezioni, la questione della violazione del diritto di proprietà.
La Consulta, dal canto suo, con la sentenza nº 49 del 26/03/2015, riprendendo i contenuti della sentenza nº 239 del 2009, per un verso ha ulteriormente specificato che un qualsiasi principio di diritto pronunciato dalla Corte EDU diviene vincolante per le legislazioni nazionali solo se si è consolidato, mentre, per altro verso e con specifico riferimento all’applicabilità della confisca in caso di sopravvenienza di una causa di estinzione del reato prima delle sentenza definitiva di condanna, ne ha sostenuto l’applicabilità, posto che l’accertamento della penale responsabilità può, anche, essere contenuto all’interno di una sentenza di proscioglimento emessa per una causa di estinzione del reato.
Quindi, secondo il Giudice delle Leggi, la confisca è ammissibile, anche se il procedimento si conclude senza una condanna, a patto che la sentenza di proscioglimento confermi sostanzialmente la colpevolezza dell’imputato, già accertata con una precedente condanna.
In presenza di tale evidente presa di posizione da parte della Corte Costituzionale e successivamente dalle sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza nº 31.617 del 26/06/2015), il legislatore, “più attento a cristallizzare gli orientamenti giurisprudenziali meno garantistici e ad assimilare la confisca allargata a quella di prevenzione, che a razionalizzare la materia”, dapprima con la legge la L. nº 161 del 2017 e, successivamente, con la legge nº 3 del 2019, ha stabilito che sia in merito alla confisca per sproporzione, sia in merito a quella per equivalente, in caso di emissione di sentenza di proscioglimento per sopravvenuta amnistia o prescrizione, il giudice d’appello o la cassazione, previo accertamento della responsabilità dell’imputato, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca (articolo 578 bis del Codice Penale).
In merito a tali innovazioni normative, introdotte con le L. nº 161 del 2017 e nº 3 del 2019, si osserva, sin da subito, che il legislatore, seguendo il solco tracciato dalla Consulta (sentenza. nº 49/2015) e dalla sentenza a Sezioni Unite Lucci (31.617/2015), ha diffuso nel panorama giuridico italiano il nuovo concetto di “condanna sostanziale penale” la quale presuppone una pronuncia di estinzione del reato preceduta da altra sentenza in una delle fasi di merito e accompagnata, inaudita altera parte, da un accertamento sommario della responsabilità.
Tale nuovo concetto di “condanna sostanziale penale”va ad affiancarsi a quello sino a ora conosciuto, ovvero il giudicato formale, che presuppone, perlomeno, la definitività della sentenza di condanna.
Questo nuovo concetto di giudicato sostanziale però, al pari di ogni altro, deve essere conforme sia alla costituzione, sia ai principi generali del diritto, tra i quali figura anche il principio di non contraddizione, secondo il quale un ordinamento giuridico non può, a un tempo, consentire e vietare uno stesso fatto.
Perciò, in questo caso, tenuto conto del principio di non contraddizione, è di immediata percezione che il concetto di “condanna sostanziale penale” contrasti apertamente con la natura e gli effetti tanto della prescrizione quanto dell’amnistia.
Difatti entrambi gli istituti, producendo l’effetto di estinguere il reato, rendono impossibile l’applicazione tanto della pena principale quanto di pene accessorie, non a caso gli articoli 129 e 531 del Codice di Procedura Penale ne prevedono l’immediata declaratoria con sentenza.
Conseguentemente, salvo non si voglia sostenere che con tale nuova disposizione il legislatore abbia voluto abrogare le cause di estinzione del reato, non si può che concludere che detta norma si trovi in aperto contrasto proprio con le cause di estinzione del reato, dando vita a un’inaccettabile incoerenza all’interno del sistema ordinamento giuridico italiano.
Passando, poi, al vaglio della tenutezza costituzionale di tale nuovo concetto giuridico, si riscontra agevolmente che esso contrasti con:

  • il principio espresso dal comma 2º dell’art. 27 della Costituzione, ovvero con il divieto di ritenere colpevole una persona prima che la stessa sia condannata con sentenza definitiva;
  • quanto, espressamente, previsto dal c. 2º dell’art. 24 della carta fondamentale, ovvero con l’inviolabile diritto alla difesa che, per espressa previsione della norma, deve essere garantito “in ogni stato e grado del procedimento”.

Pertanto, in un sistema penale come quello italiano, che presuppone che l’accertamento della penale responsabilità avvenga per gradi, nonché che in tutti tali gradi di giudizio l’imputato abbia il diritto inviolabile a difendersi e a non essere definito colpevole sino a sentenza definitiva, un concetto che introduce la possibilità di comminare de plano una sanzione in un momento antecedente a quello del giudicato formale, comporta, necessariamente, la violazione degli art. 24 e 27 della Costituzione.

Foto: unioneeuropea.it


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