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Costume e SocietàLetteratura

Zaleuco e l’uomo dei tre capestri

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

Si dice che Zaleuco abbia avuto le leggi da Minerva, che era Dea della Giustizia. Nel racconto che segue, che è di fantasia solo per i fatti, vengono trattate tre situazioni uguali, con le vere leggi esistenti in Micene, Sparta e Atene. Si vedrà che il risultato è sconvolgente. Quasi sicuramente, Zaleuco assistette a fatti analoghi e si convinse che era necessario che la legge fosse uguale per tutti.
Continuando con la mappa della serendipità, invece di fare solo ipotesi su come Zaleuco abbia maturato l’idea di prevedere norme che, da una parte, limitassero il grande potere di vita e di morte dei Magistrati e, dall’altra, garantissero, anche secondo il Mito di Minerva, la possibilità, se non la certezza, di una giustizia che colpisse tutti in modo eguale, se ne da una spiegazione, seppure romanzata. Anche se si tratta di un racconto, non sarà lontano dal vero affermare che ad avvenimenti simili Zaleuco abbia assistito direttamente. Le leggi richiamate sono quelle al tempo di Zaleuco, ad eccezione che per Atene, dove l’obbligo di leggi scritte è di oltre due secoli successivo alla morte del locrese e non è possibile datare la loro approvazione. E tuttavia il caso citato viene tratto dall’Iliade di Omero, dalla quale tutti gli studiosi di diritto greco hanno tratto elementi certi di diritto. Lo scudo di Achille, per come narrato dal Poeta, racconta un caso di omicidio e la sua soluzione sorprendente. L’autore per Omero fa propria l’affermazione di Louis GernetIn uno stato come lo stato di Omero, il diritto si trova dappertutto”. E, invero, non poche sono le norme di diritto che gli studiosi hanno tratto dai Poemi Omerici, Iliade soprattutto, come pure questa opera.
La norma richiamata serve molto a individuare il percorso logicoche deve avere seguito il Legislatore Locrese nel prevedere per ogni precetto una pena certa per la sua violazione.Il racconto è inedito, seppure nel contesto della trilogia: La legge è uguale per tutti, Japhèt e Socii Navales.

L’orizzonte sul mare di Zeffirio non era luminoso come lo ricordava sempre. Tuttavia neppure una foschia sporcava il cielo e il mare. Ancora una volta, Zaleuco trovò la sua serenità d’animo. Non aveva avuto alcun particolare motivo per venire nel posto della sua nascita, ma la nostalgia dei luoghi aveva avuto il sopravvento. La sua vecchiaia non permetteva lunghi viaggi, ma quello non lo era. Saputo che Agesilao avrebbe fatto un’ispezione, come era solito fare di tanto in tanto, al porto di Locri, il Magistrato chiese di poter partecipare. Non disse il motivo, né l’oplita glielo chiese. Ora, i due uomini stavano sul punto più alto del promontorio e tutti e due guardavano l’orizzonte. Zaleuco vide un sasso utile per sedersi. Non si sentiva stanco ma, seduto, aveva una visione più quieta del suo promontorio. Agesilao stette in piedi solo per poco. Poi si accovacciò sulle gambe ed ebbe anche lui un senso di quiete. L’oplita, nei confronti dell’uomo, non provava un sentimento filiale, perché gli uomini non hanno questi sentimenti verso gli Dei. E Zaleuco era ormai considerato tra i Locresi un Dio. Non era forse egli il figlio prediletto della Dea Minerva? No, non era sentimento filiale, ma un misto di paura e rispetto; la sensazione di essere davanti a un Cosmo immenso, ma definito nella sua identità. Chi era il Magistrato? Perché si sapeva molto poco dei suoi viaggi ? Già una volta l’oplita era stato il destinatario delle confidenze del vecchio saggio. Già aveva avuto modo di sapere la sua vita di figlio di un servo, che si era liberato della sua condizione andando in guerra e imparando nei luoghi in cui sostava, avido come era di sapere. Sì, aveva confessato dei suoi viaggi, ma dell’incontro con Minerva mai. E Agesilao voleva sapere. Lo voleva così fortemente da superare il timore che lo attanagliava dentro. Aspettò ancora un poco. Poi vide lo sguardo sognante di Zaleuco e capì che pensava a sua madre. Era il momento giusto, pensò il soldato. E così per la seconda volta nella sua vita osò chiedere al Magistrato.
«Perdonami Pastore – disse quasi con imbarazzo e con voce veloce, – ma perché non parli mai del tuo incontro con Minerva? È stata veramente la Dea a suggerirti il sistema di leggi che tanta fama ha dato a te e a Locri nel Mondo, sì che si dice che solo a Locri vi è certezza nelle leggi?»
Zaleuco capì l’imbarazzo del soldato ma, stranamente, sentiva la voglia di parlare; di parlare della sua esperienza che così diventava conoscenza anche per gli altri. Non ebbe bisogno di altre sollecitazioni, perché come un fiume in piena raccontò cose che avrebbero stravolto la vita del soldato. Raccontò di getto, ma con calma e senza mai fermarsi o essere interrotto.
«Tu ti ricorderai, che è stato in occasione della seconda guerra messenica che Locri ebbe bisogno di soldati, mentre temeva attacchi dai Siculi e da Kròton e Reghion non era affidabile. Locri non poteva sguarnire il territorio, ma non poteva venire meno alla parola data agli Spartani di un aiuto alla loro guerra. Così, furono arruolati soldati di ogni età; anche servi e schiavi. Nella guerra senza fine contro i Messeni, i locresi combatterono per tre anni. I Messeni erano un popolo fiero, che non combatteva in campo aperto, ma non ti lasciavano tranquillo mai, perché con attacchi improvvisi e imboscate rendevano difficile la vita. E, come dare loro torto? Difendevano la loro terra.
«Io non ero nato, perché nato a Zeffirio quando la nostra gente si accampò a Kramatìa. Avevo sedici anni, quando cominciai i mei viaggi. Ero soldato senza una patria vera, perché ancora non vi era una vera e propria pòlis. Andai al servizio di Sparta.
«Quando sembrò che i Messeni fossero stati sottomessi, Sparta ritirò le sue guarnigioni. Io non tornai a casa. Ma questo, te lo avevo già detto. Girai dappertutto, perché volevo conoscere il modo di vivere delle genti, e soprattutto le loro leggi. Seguì filosofi e pazzi che ritenevano di avere la conoscenza dei misteri del Mondo. Ma il mio tempo non fu sprecato, perché imparai a leggere e scrivere. Poi sentì parlare di Gortina. Qui si diceva vi fossero state buone leggi, che i cittadini conoscevano a memoria. E mi recai a Gortina. Parlai con gente comune e magistrati. Ognuno mi ripetè le stesse leggi, per come le ricordava. Ma stranamente nessuno le ricordava allo stesso modo. Mi trovai confuso e scoraggiato, quando mi trovai davanti al Buleterio di Gortina. Era di notte. Nella Agorà antistante vi era una statua di Minerva che simboleggiava la giustizia. Al simulacro girai gli occhi e il pensiero. Nessuno attorno, era ora buona per dormire. Così, senza la paura di essere preso per un pazzo, mi rivolsi al simulacro e gli dissi:
“Dèspina, Signora, tu che rappresenti la Giustizia tra gli uomini, come è possibile avere conoscenza di cosa sia giusto e uguale per tutti? Come posso sapere tra le altre Genti se hanno leggi buone ed utili?”
«Tu non mi crederai, Agesilao, ma il simulacro della Dèspina mi rispose e mi assicurò che in una notte mi avrebbe fatto vedere la giustizia dei Greci, dove meglio veniva applicata, ma disse anche (e allora non avevo capito), che ogni uomo ha una ricchezza in sé e che questa ricchezza deve sfruttare per essere utile agli altri uomini, anche differenziandosi da questi. Io ero allora solo un ragazzo. Come potevo competere con gli altri illustri uomini?»

Foto: ecomuseovalledeilaghi.it


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