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Attualità

Questione di intelligenza… artificiale

Pensieri, parole, opere… e opinioni


Edil Merici

Il mese di agosto è generalmente così complicato da non lasciarmi quasi nemmeno il tempo di pensare. Il susseguirsi di eventi e di impegni lavorativi di varia natura mi costringe così a ritrovarmi, il lunedì mattina, a fissare la pagina bianca di questo editoriale senza sapere nemmeno bene con certezza quale argomento sarebbe opportuno toccare. Mentre fissavo il cursore che, sornione, lampeggiava allegramente alla prima riga del foglio attendendo l’arrivo di un lettera da partorire, sono rimasto tanto stupito dall’incapacità di trovare un evento che fosse opportuno sottoporre alla vostra attenzione da aver immaginato persino di ricorrere a uno di quei siti che generano testi attraverso l’impiego dell’Intelligenza Artificiale dopo aver fornito loro una manicata di parole chiave. E qui, in un flusso di coscienza joyciano, mi sono ricordato di aver sentito per radio proprio nei giorni scorsi una notizia che riguardava l’impiego dell’IA che ha fatto sorgere in me, ma anche negli addetti ai lavori, diversi problemi di ordine etico.
Ma andiamo con ordine.
Da quando, alcuni mesi fa, è stata pubblicata la notizia relativa a un sistema di chat totalmente governato dall’IA e dello sviluppo di un programma in grado di produrre testi e risposte coerenti, sulla rete si sono susseguite diverse considerazioni (tra il serio e il faceto) relativamente al fatto che si stesse profilando sempre più un futuro in cui la miscellanea uomo/computer potesse produrre una serie di scenari così inquietanti da sembrare emersi dalla fantasia perversa di uno scrittore steampunk degli anni ’80. Improvvisamente, da realtà eterea in grado di dare supporto al lavoro umano, l’IA è diventata qualcosa di molto concreto, in grado di realizzare prodotti così ben fatti da permetterle di spacciarsi per umana e, considerato l’improvvido mancato insegnamento delle tre leggi della robotica di asimoviana memoria, tutt’altro che disinteressata a farlo con malizia. Per un divoratore di fantascienza come il sottoscritto il fatto che che il futuro sia passato dall’essere pulito e avventuroso come in Star Trek a inquietante e bellico come in Terminator sarebbe già di per sé una roba da perderci il sonno la notte, ma finché la cosa rimane relegata all’ambito della scrittura, mi sono detto, potrebbe anche darsi che riusciamo a tenerla a bada.
Il problema, se vogliamo (e qui torniamo alla notizia che ho sentito questa settimana) è che la questione dell’IA si sta allargano a macchia d’olio a diversi campi dell’arte. Ha già riguardato il mondo della pittura e adesso comincia a prendere piede persino nel mondo della musica, tanto da essere stato annunciato il primo album discografico interamente scritto e campionato da un computer. Facile immaginare il ’48 ingeneratosi tra le case discografiche, i musicisti e i cantanti, immediatamente (e piuttosto equamente) divisi tra chi accoglie favorevolmente la novità e chi invece afferma che questo passaggio rappresenti, di fatto, la morte della musica comunemente detta. Tra le due fazioni si pongono naturalmente quelli del “sì, ma…” che, nel caso specifico, affermano che non ci sarebbe nulla di male ad ascoltare un brano (o acquistare un’album) realizzato dall’IA a patto che sia ben specificato di che natura sia l’autore. Una sorta di etichetta di provenienza (un po’ come quelle che l’Unione Europea giustamente impone sui prodotti alimentari) che ci dice “Guarda che ciò che stai per ascoltare è stato prodotto da un computer”… e chissà mai che non ci piaccia pure più di tanta altra paccottiglia immessa sul mercato negli ultimi anni.
Tale principio mi trova molto d’accordo e lo vedo applicabile a qualunque campo in cui l’IA potrebbe essere impiegata (letteratura, cinema, persino lo sport, nell’ambito del quale già da un paio d’anni si parla di una categoria di corse automobilistiche con auto guidate da un’IA). Resta tuttavia il fatto che, anche una volta applicata questa norma, la questione sia tutt’altro che risolta. Nel caso di un bestseller scritto da un’IA, mi sono infatti ritrovato a domandarmi, a chi andrebbero i diritti d’autore? E per la musica? A chi spetterebbe il pagamento della SIAE? Come si svolgerebbero i concerti? Questioni tutt’altro che secondarie che dimostrano che stiamo andando incontro a un futuro piuttosto complicato, in cui l’impiego dell’IA sembra destinato a influenzare a cascata tutti i campi professionali portando diversi benefici ma anche molti grattacapi.
A questo, poi, non possiamo dimenticare di aggiungere l’atavica diffidenza che l’essere umano ha nei confronti del diverso. Noi che ancora guardiamo con sospetto chi ha il colore della pelle sbagliato, accetteremo mai di leggere un libro scritto, di ascoltare musica composta, di mangiare un piatto realizzato da un’IA? Se la risposta fosse negativa allora forse dovremmo cercare di rivedere la nostra concezione di progresso e cominciare a immaginare che il concetto di sostenibilità non debba essere applicato soltanto in ambito ecologico, ma anche in quello della sinergia uomo/macchina. Se, invece, fosse affermativa, allora avremmo la conferma che qualcosa è andato davvero per la tangente nel processo evolutivo e che questo sta accelerando in maniera insostenibile la nostra estinzione, perché una specie che si fida di più di una macchina che di un proprio simile non può avere futuro…

Foto: econopoly.ilsole24ore.com


GRF

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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