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Costume e SocietàLetteratura

L’evoluzione storica della norma sul trasferimento fraudolento di valori

Breve storia giuridica della confisca dei beni


Edil Merici

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

La Corte Costituzionale, come già detto, con la sentenza nº 48 dell’anno 1994 ha dichiarato l’incostituzionalità del comma 2 del Decreto Legge nº 306 del 1992 e, nel contempo, ha fornito delle indicazioni al legislatore circa la possibilità di prevedere, comunque, una forma di confisca in relazione a tutti quei beni di cui chi li possedeva non fosse in grado di giustificare la legittima provenienza.
Dunque, il reato di possesso ingiustificato di valori, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, è stato tramutato dal legislatore nell’ipotesi di confisca prevista dall’articolo 12 sexies, emanato con la Legge 399 del 1994, l già trattata in precedenza.
L’originaria previsione normativa, comprese le modifiche intervenute al suo interno, oggi, dopo il Decreto Legislativo nº 21 del 1/03/2018, è stata sostituita dal legislatore con l’introduzione della norma codicistica rubricata all’art. 512 bis del Codice Penale, titolato come trasferimento fraudolento di valori, che testualmente recita:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli art. 648, 648 bis e 648 ter, è punito con la reclusione da due a sei anni.

In sostanza, come abbiamo avuto modo di accennare, le stragi di mafia, che caratterizzarono la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 dello scorso secolo, diedero lo spunto al legislatore per emanare una nuova legge, più efficace dei tradizionali mezzi repressivi, che fosse idonea a contrastare le attività miranti alla cosiddetta ripulituradei capitali illeciti accumulatati dalla criminalità organizzata da cui questa traeva maggiore capacità delinquenziale.
Le ragioni di politica criminale sottostanti alla volontà del legislatore di porre in essere tale forma di contrasto nei confronti della criminalità organizzata affondano le loro radici in un movimento culturale internazionale che, con riferimento al solo vecchio continente, ha quale suo manifesto la Convenzione di Strasburgo dell’8 novembre del 1990, il cui obiettivo dichiarato era quello di favorire a livello europeo “le indagini, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di ogni tipo di reato.
Tale convenzione, successivamente, è stata ratificata in Italia con la L. 328 del 1993, ovvero con la legge che introdusse, per come già accennato, il concetto di confisca per equivalente, contenuto originariamente nell’art. 735 del Codice di Procedura Penale.
E l’obiettivo di contrastare gli illeciti accumuli di ricchezza, concepito con la Convenzione di Strasburgo e mutuato pure in Italia, portò il legislatore, proprio con l’emanazione dell’art. 12 quinquies del DL 306 del 1992, a prevedere delle ipotesi delittuose anche nei confronti di coloro che mediante operazioni finanziarie mirate, consentivano alla criminalità organizzata in forma rurale a trasformarsi in quella di tipo imprenditoriale, che riusciva anche ad accumulare guadagni leciti.
E, in realtà, la norma, non a caso, è stata strutturata come reato plurisoggettivo proprio di modo che in capo a ciascuno dei correi è previsto l’obbligo di evitare l’evento e, per distinguere le condotte lecite da quelle illecite, è stato previsto, l’elemento soggettivo del dolo specifico che, in parte, rappresenta anche l’elemento costitutivo che caratterizza la condotta materiale.


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