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Costume e SocietàLetteratura

Come Zaleuco formulò le leggi di Locri

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

«Credimi Dèspoina, penso che debbano essere esclusi dai pubblici uffici coloro che si fanno condizionare dall’ira. I magistrati non devono essere ostinati, non debbono giudicare per fare oltraggio e nel dare le sentenze non abbiano presente né l’amicizia, né l’inimicizia, ma la giustizia. I magistrati debbono mostrarsi tali che di fronte a loro i rei abbiano a vergognarsi.»
«Continua – mi disse la Regina, e io continuai. – A Micene ho avuto l’impressione che Leukòs non fosse colpevole e che la sua condanna sia stata frutto solo di un pregiudizio. Tricca era un uomo cattivo e nessuno deve diventare schiavo per debiti.»
La Dèspoina mi interruppe e subito mi disse:
«Vedo che hai delle idee precise e io ti dico che se Minerva presiede un collegio di tre giudici e il giudice alla sua destra decide per la colpevolezza dell’imputato e quello alla sua sinistra per l’innocenza, Minerva si schiera sempre per l’innocenza. Nessuno può essere condannato mai se non si raggiunge un verdetto che contenga la convinzione di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.»
Così disse la mia signora e ora cominciavo a capire ed esposi tutto il mio pensiero:
«Dèspoina – dissi, – Sparta ha leggi certe e a esse tutti i cittadini ubbidiscono. Ma se la pena viene lasciata al libero convincimento del giudice, che tutti dicono sia autognòtos, cioè abbia in se stesso la conoscenza, ogni giudice può avere un convincimento proprio e ciascuno risponderà secondo il convincimento del giudice, non secondo la legge. Io penso che la pena debba essere uguale per tutti e tutti debbano rispondere allo stesso modo, senza condizionamenti di età, di razza, di censo o di nobiltà, siano essi servi o uomini liberi. Ad Atene ho visto la negazione dell’ordine del mondo e delle cose. Se un cittadino appartiene a una pòlis, egli appartiene in corpo e spirito. Egli ha l’obbligo di difendere la sua città e non parlarne male. Ma ciò è vero se tutti pensano allo stesso modo e poi tutti difendono la pòlis. Ma se poi il cittadino viene offeso, è la pòlis che deve difendere quella parte della sua organizzazione. La condanna non può essere una vendetta privata, lasciata all’iniziativa del singolo che non sempre ha la forza per reagire. Occorre sempre punire i trasgressori delle leggi, perché l’impunità incoraggia a più gravi delitti. E poi l’onore non ha prezzo, la vita non ha prezzo e non può essere scambiata con beni di fortuna. Io sono convinto, Dèspoina,che è preferibile perdere le ricchezze anziché l’onore e la giustizia. Qui a Gortina ho visto leggi buone, ma sono tramandate a memoria. Ogni cittadino mi recita la legge così come la ricorda e non tutti ricordano allo stesso modo. La legge deve essere scritta ed inviolabile. Solo la città può cambiarla se lo ritiene giusto. La legge deve essere conosciuta da tutti, ma non tutti sanno leggere. Non è difficile, mia Regina, fare le leggi in versi e musicarle, così ogni cittadino cantando ricorderà i suoi obblighi e i suoi diritti.»
Così, Agesilao, dissi con chiarezza alla Dea, che non parve offesa, anzi mi incoraggiò:
«Torna a Locri, Zaleuco e dì a tutti che Minerva ti ha rivelato le leggi della Giustizia e a queste leggi debbono tutti attenersi. Vi è una nave che parte per Leucopetra in territorio di Reghion, prendi quella nave. Prima di arrivare a Locri, vi è la vicina Velia in territorio di Bua, qui vi è una comunità di figli di Noè che hanno anche loro buone leggi. Fanne tesoro e ti garantirai l’immortalità.»
Zaleuco seguì il consiglio della Dea, ma nella sua testa un pensiero l’assalì: «L’uomo è una piccola cosa nell’Universo; l’uomo deve sapere che l’Universo è regolato da leggi precise e non è opera del caso né della mano dell’uomo. L’uomo può solo guastare questo ordine, perché egli è egocentrico e crede solo in sé stesso; il potere lo devia a tal punto fino fargli pensare di essere l’unico gestore di quest’ordine; dagli un potere e si crede onnipotente.»
Così pensò, ma non era un pensiero conclusivo. Dalle visioni che aveva avuto a Gortina, la cosa che gli diede maggiori preoccupazioni era il comportamento dei giudici, che si regolavano secondo anche la loro libidine di potere. Occorreva escludere dalla magistratura i giudici che agivano per interesse o in stato d’ira; occorreva limitare il loro potere anche nel tempo, facendoli tornare uomini comuni presto dopo l’espletamento della carica. Certo, tutto questo, ma come fare?
Non una parola, disse Agesilao, durante quel racconto, non una parola gli sfuggi di quanto gli diceva il magistrato. Egli conosceva le leggi di Locri e vi ubbidiva, ora ne conosceva anche la ragione ed era felice di essere nato in una città che difendeva i deboli, curandoli a proprie spese, che accoglieva gli artisti con favore e concedeva loro la cittadinanza.Tutte queste cose avrebbero veramente reso eterno il magistrato.
Era l’ora ottava. Era bene mangiare qualche cosa e ritornare a Locri, pensò Agesilao. E anche Zaleuco sentì fame e la voglia di tornare a casa.

L’autore ha l’obbligo di precisare di avere utilizzato sia leggi sia modi di rappresentazione della magistratura che sono spesso anacronistici, seppure vere le leggi e i modi della giustizia, ma non al tempo di Zaleuco. Il racconto serve solo per rendere comprensibili quali le ragioni che hanno indotto il Legislatore locrese a previsioni legislative (leggi scritte e pena certa prevista dalla legge), che rappresentano rispetto al tempo una rivoluzione.

Foto: key4biz.it


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