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Attualità

La crisi della scuola e l’insostenibilità del modello sociale

Pensieri, parole, opere… e opinioni


Edil Merici

A meno di 48 ore dal suono della prima campanella la scuola è un argomento che possiamo affermare essere sulla bocca di tutti anche in Calabria. L’inizio del nuovo anno scolastico porta con sé il consueto bagaglio di aspettative e incognite per personale, docenti e, soprattutto, alunni, in modo particolare per chi affronta il primo o l’ultimo anno di un ciclo e non riesce davvero a comprendere che cosa possa riservargli il futuro.
In queste settimane mi è capitato di interfacciarmi con tante persone orbitanti attorno al mondo della scuola, come la bidella precaria che quest’anno spera di ottenere abbastanza giorni di supplenza da passare di fascia e, di conseguenza, avere una chiamata sicura ogni settembre, o la segretaria a cui cambieranno le mansioni e si augura di essere all’altezza dell’incarico che le è stato affidato in uno dei più grandi istituti del comprensorio. Ma mi sono anche confrontato con l’insegnante che non sa bene come riprendere nuovamente il proprio ruolo dopo la maternità o con quello che si augura che i suoi studenti abbiano correttamente recepito gli insegnamenti dello scorso anno per concludere degnamente con loro un percorso di studi nel periodo più delicato dello sviluppo. Ho avuto modo di conoscere una giovanissima studentessa che attende con timoroso entusiasmo di iniziare la prima media e una che invece è intenzionata ad affrontare il primo anno di liceo con il piglio di chi si vuole lasciare le difficoltà delle medie alle spalle. Ho seguito la storia di una studentessa che dopo il primo anno in un istituto tecnico, è stata finalmente convinta a far deflagrare tutte le proprie potenzialità in un liceo, ma anche parlato con una ragazza che, al terzo anno di liceo, ha paura che il cambio di docente di una materia strategica e il concomitante trasferimento di sede rappresentino troppi cambiamenti da digerire in un solo settembre.
A questo elenco di auspici e timori, in questo particolare anno scolastico ormai pronto a vedere la luce, si aggiungono le incognite derivanti dal taglio delle autonomie scolastiche deciso dal Governo, piccola rivoluzione copernicana che molti temono possa rappresentare la posa del primo mattone del mausoleo a memoria dell’istituzione scolastica. La decisione di tagliare le autonomie scolastiche sulla base del numero di studenti iscritti in un determinato istituto si presenta come una spada di Damocle pendente sui capi di tantissimi istituti periferici, sopratutto in un territorio che, come la Calabria, può dirsi periferico nella sua interezza. I numeri imposti dal Ministero, sulla carta, avrebbero ad esempio dovuto accorpare ogni scuola della Locride, nella quale, in teoria, si sarebbe dovuta istituire una sorta di grande segreteria centralizzata da cui gestire da remoto tutte le impellenze scolastiche. Un problema non da poco, in un territorio in cui vie di comunicazione non sono propriamente all’altezza del terzo millennio, tanto più che, considerata l’orografia regionale, consegnare anche solo un’autorizzazione a partecipare a una gita scolastica per una famiglia proveniente dall’entroterra avrebbe potuto significare perdere la giornata nella sua interezza.
Non è un caso che, nonostante l’identità partitica tra Governo nazionale e Regionale, il secondo, attraverso la delegata all’istruzione Giusi Princi, si sia sentito in dovere di correre ai ripari adottando correttivi e scappatoie che hanno evitato un accorpamento coatto, e nei fatti, impossibile da gestire, limitando il numero di autonomie scolastiche perdute nel corso dell’estate.
Problema risolto? In realtà solo rimandato al prossimo anno, quando le maglie del provvedimento governativo si faranno più strette e si cominceranno concretamente a vedere anche gli effetti di una perdita di preziosi posti di lavoro su un territorio già affamato di impiego come il nostro. È proprio per questo che opposizioni e sindacati hanno tempestato la Regione di richieste e moniti, raccomandando che, come era stato tenuto conto di alcuni dei tanti parametri grazie ai quali si è potuto conservare più autonomie di quelle inizialmente previste, se ne considerassero tanti altri, a cominciare dalla presenza di minoranze linguistiche o della necessità di una burocrazia speciale per assicurare continuità nelle lezioni agli studenti portatori di handicap con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Al netto della buona volontà e della grande voglia di non spezzare le gambe non tanto all’istituzione, quanto al futuro dei nostri giovani, la grande crisi della scuola che si nasconde dietro questo provvedimento mette in evidenza una serie di problemi a cascata della società moderna. Innanzitutto quello del calo demografico che continua ad affliggere questo Paese e al quale, al netto degli inviti delle istituzioni a celebrare più spesso l’amore dietro le porte chiuse delle camere da letto, si continua a non dare risposte concrete con politiche attive del lavoro e interventi che superino la logica dell’assistenzialismo saltuario alle famiglie sulla soglia della povertà, soprattutto nelle zone con il Prodotto Interno Lordo più basso d’Italia.
In secondo luogo quello dell’insostenibilità di un sistema economico sociale che, in barba alle previsioni pessimistiche di fior fiore di economisti negli anni del boom degli anni ’60 e ’70, pretende di mantenere in vita un modello che, in sella a una splendente bicicletta senza freni, ci sta facendo lasciare andare all’ebbrezza della discesa della ripidissima strada verso l’estinzione.
Io non ho gli strumenti per dire se abbiamo già superato il punto di non ritorno ma, a scanso di equivoci, se avessi tra le mani le redini di questo Paese o, perché no, dell’Europa, comincerei al pensare che il prossimo G20 sarebbe il caso di farlo su questioni diversi dalla rimodulazione del tetto di spesa per frenare la Russia in Ucraina…


GRF

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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