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Costume e SocietàLetteratura

Il falso ideologico nell’appalto di opera pubblica

Le riflessioni del centro studi


Edil Merici

Di Andrea Bonato – Giudice dibattimentale presso il Tribunale di Locri

Il reato di falso ideologico in atto pubblico è configurabile in ordine a qualsiasi documento che, benché non imposto dalla legge, è compilato da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per documentare, sia pure nell’ambito interno dell’amministrazione di appartenenza, la regolarità degli adempimenti ai quali egli è obbligato, ovvero circostanze di fatto cadute sotto la sua percezione diretta o, comunque, ricollegabili a tali adempimenti e s’inserisce nella procedura che prelude all’adozione di un atto finale. Il requisito della fidefacienza (oggetto della circostanza aggravante prevista dall’art. 476, comma 2 del Codice Penale) è invece definito dall’articolo 2.700 del Codice Civile, a mente del quale l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha confezionato, nonché delle dichiarazioni e dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Il Supremo Collegio ha poi ben chiarito che l’atto pubblico di fede privilegiata è quello provvisto di una speciale potestà documentatrice (attribuita da una legge o da norme regolamentari anche interne, ovvero desumibili anche dal sistema) in forza della quale l’atto assume una presunzione di verità assoluta, ossia di massima certezza eliminabile solo con la querela di falso o con sentenza penale, atteso che il pubblico ufficiale riferisce dei fatti da lui visti, uditi o direttamente compiuti. Ciò posto, alla luce di tutti i principi di diritto passati in rassegna, tanto il ruolo di direttore dei lavori quanto quello di collaudatore dell’opera pubblica attribuiscono a chi li ricopre la qualifica di pubblico ufficiale, in quanto involgono l’esercizio, all’interno di un procedimento amministrativo, di uno dei poteri tipici della pubblica funzione ai sensi dell’art. 357 del CP, vale a dire il potere certificativo. Detto specifico potere, poi, benché non dispieghi efficacia diretta nei confronti di terzi privati, è però volto a esprimere una valutazione tecnica necessaria all’ente pubblico che la richiede per l’attuazione dei propri fini istituzionali e, quindi, necessaria alla formazione della volontà della Pubblica Amministrazione verso l’esterno. Il ragionamento appena sviluppato risulta, del resto, confortato anche da quella giurisprudenza di legittimità che è costante nell’affermare il principio per cui il direttore dei lavori di un’opera pubblica, commissionata da un ente pubblico, riveste la qualità di pubblico ufficiale, con la conseguenza che gli atti e le scritture da lui attuati nell’esercizio dei poteri e doveri connessi all’incarico sono da considerare atti pubblici. La qualifica di pubblico ufficiale tocca, a ben vedere, anche al collaudatore di opera pubblica, in quanto l’obiettivo dell’incarico affidatogli è quello di verificare e di certificare l’esatta esecuzione dell’opera in conformità al progetto e al capitolo contrattuale. Ne consegue che gli atti di esercizio di tale potere certificativo (sub specie di relazione a struttura ultimata, certificato di collaudo statico e certificato di regolare esecuzione dei lavori), essendo finalizzati a provare il compimento di attività direttamente riferibili al pubblico ufficiale o a un terzo alla sua presenza, devono essere qualificati come atti pubblici. Tali atti pubblici, poi, alla luce della disciplina sull’evidenza pubblica che li norma nel dettaglio, sono dotati di fede privilegiata in ragione della loro speciale potestà documentatrice, grazie alla quale assicurano alla Pubblica Amministrazione, con il massimo grado di certezza possibile (e dunque vincolante per l’ente pubblico che se ne avvale), quelle informazioni tecniche indispensabili all’adozione di tutti i provvedimenti autoritativi funzionali alla prosecuzione e alla positiva conclusione di un determinato processoburocratico, soprattutto di quello che esita in un consistente esborso di denaro pubblico a fronte della realizzazione di un’opera desti-nata alla collettività. Ciò significa che la certificazione della conformità dell’opera pubblica agli elaborati progettuali ufficiali non può che competere esclusivamente al direttore dei lavori e al collaudatore, delle cui asseverazioni tecniche il responsabile del procedimento si limita a prendere atto al fine di adottare le conseguenti delibere propulsive in nome e per conto del committente pubblico. Se, quindi, dovesse emergere il carattere mendace delle asseverazioni tecniche rilasciate, in via principale saranno i loro autori a rispondere in qualità di pubblici ufficiali del delitto di falso ideologico in atto pubblico aggravato ai sensi dell’art. 476, c. 2 del CP.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 30/06/2023


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