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Costume e SocietàLetteratura

L’incontro con Luigi e il vecchio frigo

Storie d’altri tempi


Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

«Non c’è niente da fare… questo non cambierà mai. Ma da chi ha preso? Suo padre era una persona precisa, per non parlare di sua madre. Non c’è niente da fare, vale sempre il detto: dalla rosa nasce la spina e dalla spina la rosa. Che Dio lo perdoni! Fammi andare a prendere un caffè» disse zio Angelo congedandosi da Mario.
Il nipote tacque e andò a riappropriarsi della posizione che aveva lasciato.
Don Angelo arrivò al bar e il tavolino dove di solito si sedeva era stato occupato da Marco Fera. Il giovane, nel vedere il parroco, si alzò e lo invitò a sedersi.
Don Angelo apprezzò molto il gesto di Marco, tanto che disse: «Sei vero figlio di tuo padre! Che Dio ti benedica e ti protegga.»
Marco rimase come inebetito, per un attimo ebbe la sensazione che don Angelo l’avesse visto all’opera quella notte. In ogni caso lo aveva benedetto, e questo, quand’anche fosse vero, era di buon auspicio.
Marco salutò don Angelo e fece per andare via, quando si sentì chiamare dal prete: «Marco!»«Ditemi, don Angelo.»«Fammi la cortesia, prima di avviare la moto allontanati di qualche decina di metri. Non per nulla, butta fuori un fumo che mi stuzzica la gola e mi fa tossire.»«Sarà fatto come desiderate!»
Marco si allontanò una cinquantina di metri e, con il piede agì sul pedale della messa in moto; dalla marmitta uscì il solito serpente di fumo bianco maleodorante.
Arrivato a casa, trovò Argo di guardia davanti alla cuccia: sembrava aver coscienza del tesoro che il padrone aveva sepolto sotto la sua casetta.
A cinquecento metri dalla casa di Fera, andando verso le montagne, abitava Luigi che, sentendo la moto di Marco, uscì di casa e s’incamminò verso di lui. Luigi era un vecchio comunista che, sul finire degli anni ‘50 aveva, assieme a tutti i famigliari, passato la visita medica a Messina per emigrare in Australia. Voleva uscire da quello stato di bisogno… Riusciva a stento a mandare avanti la famiglia con il lavoro di calzolaio. Cercava un mondo migliore che gli desse la possibilità di condurre una vita meno abietta. Il suo stato di salute gli aveva permesso di superare brillantemente la visita medica; solo che, quando arrivò il momento, si vide negare il visto d’ingresso giacché comunista. La moglie di Luigi, nel vedere sfumare la speranza di andare in Australia, ne rimase rattristata, ma non poté farci nulla: La montagna dei pregiudizi da sempre è stata e sempre sarà un ostacolo difficile da superare.
Luigi arrivò a casa di Marco; come sempre portava con sé il sorriso sulle labbra e negli occhi l’impronta dell’uomo onesto.
«Mastro Luigi quale buon vento? Come mai oggi vi trovate a casa e non alla bottega? Non mi venite a dire che non avete più bisogno di lavorare poiché siete l’autore del furto alla posta?»Alla battuta, seguì una risata.
«Sono venuto a tale proposito… che diavolo è successo?»«Cose grosse! Hanno derubato l’ufficio postale. Da quello che dice la gente, pare che abbiano portato via due miliardi.»«Certo che per sparare cazzate i nostri compaesani sono fatti apposta. Presumo che l’autore della cifra sia il barbiere» osservò Luigi.«E secondo voi chi poteva essere?» rispose Marco.«Dio ce ne liberi, non cambierà mai quell’uomo! Grazie per i ragguagli.»«Volete favorire in casa?»«Grazie per la gentilezza! Vado, Porzia questa mattina non sta tanto bene»Luigi salutò e prese la via del ritorno senza lontanamente immaginare che la refurtiva stava a pochi passi da lui.
Entrato in casa, Marco prese una bottiglia d’acqua dal frigo. L’elettrodomestico era così sgangherato che faceva più rumore del treno merci che transitava verso la tredicesima ora del giorno.
Un istante di esitazione per decidere cosa fare e poi andò a sdraiarsi sotto la pergola dell’uva fragola.
Quel giorno, all’improvviso, si levò dal nulla un leggero alito di vento di tramontana che abbassò la temperatura di quel tanto da fargli sentire freddo.
Argo abbaiò, voleva anche lui dell’acqua.
«Vieni qua, sotto il pergolato! Adesso ci sono anch’io di guardia» disse Marco al cane, che subito si precipitò da lui.
Argo scodinzolava come tutte le volte che si avvicinava al padrone.
«Aspetta! Vado a prendere il vasetto così ti metto dentro l’acqua.»
Marco entrò in casa e dopo un po’ uscì con un recipiente di alluminio. Versò dentro l’acqua e Argo bevve fino all’ultima goccia.
«Vedo che sei assetato. Aspetta che prendo un’altra bottiglia così ci rinfreschiamo le viscere.»
Argo bevve a più non posso. Marco rimase a guardarlo con meraviglia e preoccupazione, tanto che gli venne il dubbio che forse avesse contratto il diabete.
La mente di Marco abbandonò il presente e volò veloce ai programmi futuri. Aveva voglia di fare tante cose, però non aveva altra scelta che aspettare che tutto si raffreddasse e finisse nell’oblio.
Nel frattempo, al Bar Carducci, don Angelo, seduto al tavolino, osservava i compaesani discutere animosamente sul furto alla posta; argomento che nelle piazze e nei bar, teneva banco. La veneranda età del vecchio parroco, lo portava a vedere tutto come un gioco insensato, atto a tenere occupati gli adulti.

Foto: chedonna.it


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