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Attualità

La banalità del male e i cattivi maestri

Pensieri, parole, opere… e opinioni

Edil Merici

Lascia a dir poco attoniti il fatto che, alle ultime battute del 2023, si debba ancora parlare di agguati. Eppure quanto accaduto nella prima mattinata di sabato a Santa Cristina d’Aspromonte ha fatto ripiombare il nostro territorio, con una sola tirata di grilletto, in quella dimensione da fiction che ci siamo nauseati di vedere negli sceneggiati e di leggere sulle riviste ma alla quale, pure, continuiamo a essere troppo abituati ad assistere nel mondo reale.
L’omicidio della dottoressa Francesca Romeo e il ferimento del marito che viaggiava in auto con lei, non trova a mio parere alcun tipo di spiegazione né mai la troverà anche qualora l’omicida dovesse venire arrestato e spiegare razionalmente le motivazioni che l’hanno spinto a tanto. In una società che si vanta di essere civile non può esistere l’uso delle armi per dirimere alcun tipo di questione e mi fa orrore come, con i dovuti distinguo, resti applicabile (e pertanto ancora attuale) quanto scriveva Hannah Arendt sulla banalità del male nel suo omonimo saggio uscito nel 1964 all’indomani del processo al gerarca nazista Adolf Eichmann.
Lo spregio della vita con la quale è stata compiuta questa azione criminale dimostra che non abbiamo imparato niente dalla storia e che, a quasi 80 anni dagli orrori dell’olocausto, un gruppo di individui continui a ritenere di poter disporre come vuole della vita altrui. E questo è un discorso valido per la sfortunata dottoressa Romeo come (solo per prossimità temporale) per Giulia Cecchettin, colpevole di aver dato fiducia a un uomo che aveva amato e che non ha esitato a reciderle il respiro e a farla sparire, gettando nell’angoscia prima e nella disperazione poi una famiglia che già aveva pagato un tributo fin troppo elevato al destino.
Il fatto, poi, che morti violente di questo tipo avvengano proprio in prossimità della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre il prossimo 25 novembre, rende piuttosto palese che quanto le istituzioni e il mondo civile stanno facendo sul tema non sia abbastanza (o forse, peggio ancora, non sia efficace). Per rimanere in campo filosofico, l’eterno ritorno dell’uguale di queste ricorrenze si perde nel mare di dichiarazioni sperperate dalle colonne dei giornali, fiumi di inchiostro che finiscono con (s)lavare la coscienza di chi, finita la festa, gabbato il santo, torna placidamente a occuparsi della propri quotidianità solo per alzare gli occhi al cielo al successivo episodio simile.
Ora, mi rendo conto che cambiare concretamente questo ordine di cose sia un impresa complicatissima e io sono il primo a cospargermi il capo di cenere per non avere una ricetta da proporre pur prendendomi la briga di sentenziare dal mio quadrato di sopravvivenza che si estende appena oltre la tastiera del mio computer, però mi chiedo sinceramente come sia possibile che le autorità preposte restino fermamente convinte di stare facendo tutto il possibile e di poter liquidare la faccenda con qualche parolina di circostanza che dimostra per di più di non centrare per nulla l’obiettivo.
Non me ne vogliano gli esponenti regionali di un importante partito, ma sono rimasto allibito dinanzi alla loro dichiarazione che i casi Romeo e Cecchettin dimostrerebbero “l’originarsi sempre più preoccupante dei disvalori emergenti soprattutto nelle giovani generazioni”, innanzitutto perché una tale dichiarazione lascia presupporre che l’autore ne sappia più degli inquirenti in merito al caso calabrese, dato che mi risulta si brancoli nel buio relativamente al nome dell’omicida, figurarsi in merito alla sua fascia d’età. In secondo luogo (e questo è l’aspetto che ritengo più grave) perché si delegittima una volta di più la già precaria categoria dei giovani ripulendo la coscienza di chi invece ha una certa età, come se Generazione perduta, Greatest Generation, Generazione silenziosa, Boomers e Generazione X non si fossero mai macchiati di femminicidio.
Un po’ ipocrita puntare il dito contro chi subisce (a questo punto è il caso di utilizzare questo verbo) il fatto che il fenomeno oggi abbia una definizione e una valenza, mentre chi è vissuto nel periodo in cui il femminicidio era una cosa domestica e poco pubblicizzata o, peggio ancora considerato delitto d’onore può oggi affermare che il problema “sono i giovani che non hanno più valori”.
Che poi, diciamolo una volta per tutte, chi fa questo genere di affermazioni, in realtà è doppiamente colpevole perché, anche posto che i giovani non abbiano davvero valori, è perché è stata la generazione precedente a non saperglieli trasmettere, è perché è stata la politica (ancora oggi gestita in parte dalla generazione precedente) che ha depauperato il sistema scolastico fino a renderlo un pallido riflesso di ciò che era un tempo, e in definitiva, perché è la generazione precedente che gli ha insegnato che la prevaricazioni sugli altri è una dimostrazione di forza, si possa disporre del corpo della propria compagna come meglio si crede e si possano dirimere le questioni puntando un’arma alla testa di una professionista a un passo dalla pensione che se ne stava tornando a casa dopo una notte di lavoro.
Quindi sì, sono d’accordo con il gruppo politico che afferma che sia necessario agire sulla formazione per evitare il ripetersi di situazioni del genere ma sia chiaro, non perché la generazione dei giovani non sia stata in grado di assimilare i valori che gli avete trasmesso, ma perché siete stati voi a rivelarvi cattivi maestri…

Foto: quotidiano.net

GRF

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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