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Attualità

Homo omnibus lupus

Pensieri, parole, opere… e opinioni

Edil Merici

Non c’è categoria di individui che trovi più abietta di chi fa del male agli altri e, soprattutto, di chi lo fa a chi non ha la possibilità di difendersi. Le categorie più odiose, per le quali provo repulsione assoluta e che spesso vorrei veder scomparire tra sofferenze 1.000 volte più atroci di quelle che hanno inflitto, sono composte da chi fa del male alle donne, agli anziani, ai disabili, ai bambini e agli animali. Questo raggruppamento è dettato dal grado di offesa/difesa che le vittime possono mettere in campo nei confronti dei propri aguzzini che, a mio modesto avviso, non dovrebbero mai nemmeno goffamente provare a giustificare i propri atti.
Se nessun litigio, minaccia o rottura di una relazione può giustificare un femminicidio, nessuna demenza o inabilità le violenze cui troppo spesso assistiamo presso le case di cura e nessun capriccio o atteggiamento la sevizia su un bambino, allo stesso modo niente, ripeto niente può fare anche solo lontanamente prendere in considerazione la tortura nei confronti di un animale.
Un animale è puro istinto, non compie gesti atti a offendere e, se messo nelle condizioni di vivere decorosamente, è in grado di portare un rispetto che le persone si sognano. Sulla base di questa premessa sarà facile capire quanto possa essere rimasto scosso da quanto accaduto al povero Leone, gatto scuoiato vivo e abbandonato in strada ad Angri, in provincia di Salerno, durante un folle ponte dell’Immacolata e deceduto dopo quattro giorni di straziante agonia durante i quali i medici veterinari dell’Azienda Sanitaria Locale hanno fatto di tutto per salvarlo.
Da quando ho appreso la notizia la domanda che continua ad assillarmi è cosa possa essere passato per la testa di chi ha concepito tale azione e come materialmente sia riuscito a portarla a termine. Perché per strappare la pelle dal corpo di un animale vivo ci vuole tecnica e sudore, è un lavoro che sporca le mani e immonda la coscienza, che può essere realizzato non tanto se si mette da parte la propria umanità, ma se proprio si appartiene a un ecosistema alieno e si ritiene che tutto ciò che ci circonda abbia la stessa dignità di un oggetto inanimato del quale si può disporre a piacere.
Chi ha osato tanto, oltretutto in concomitanza di una delle festività più sacre dell’anno, non è umano, non è un’animale, non è una bestia senza cuore, ma un extraterrestre che si mimetizza tra la folla, uno scherzo della natura che respira e parla come noi dissimulando una tale inadeguatezza morale da non poter vivere bene nemmeno con sé stesso.
In questi giorni ho letto tante maledizioni, invettive e manifestazioni di rabbia nei confronti dell’aguzzino di Leone e io stesso, lo ammetto, ho sperato nel profondo che questa persona possa pentirsi ogni giorno di ciò che ha fatto, ed essere perseguitato tutte le notti dalle grida di dolore del gatto fino a smettere di rubarci ossigeno tra sofferenze atroci. Oggi, che sto metabolizzando quanto accaduto, tuttavia, non posso fare a meno di pensare che, in realtà, questo essere vivente (perché non si può classificare in altro modo) la sua pena la sta già scontando, che sia consumato da un grado di disumanità tale da non riuscire a stare bene non solo con gli altri, ma nemmeno con sé stesso e che la mannaia della giustizia debba colpirlo velocemente solo per evitare che gli possa passare per l’anticamera del cervello di poter ritrovare sé stesso compiendo una sevizia simile su qualcun altro (un altro animale o un bambino, codardo com’è).
Dal canto suo, il povero Leone è stato l’ennesimo martire che ci ha ricordato quanto importante sia non fidarsi mai dell’uomo, razza reietta che ha fatto della sua intelligenza un’arma distruttiva in qualunque realtà sociale e periodo dell’anno, abbassatosi al livello di un virus che distrugge tutto ciò che tocca e che si merita un’ecosistema resiliente come quello terrestre, che lo possa al più presto fagocitare per lasciare spazio a chi merita questo mondo più di noi…

Foto: mypetmall.net

GRF

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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