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Attualità

Dalla discarica al bene comune

Di Maria Lavinia Toscano – Liceo Classico Ivo Oliveti

In tutta Europa, come nel resto del mondo, ogni anno si generano centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti che, purtroppo, vengono spesso differenziati male e, di conseguenza, si disperdono nell’ambiente. In Italia, la raccolta differenziata non viene realizzata correttamente da una parte consistente della popolazione. Negli anni è stato dimostrato che sempre più giovani sono interessati all’ambiente e alle conseguenze che un comportamento irrispettoso li obbligherà a pagare nel medio e lungo termine. In passato, la questione dei rifiuti è stata spesso trascurata e nessuno ha sentito l’esigenza urgente di affrontarla. Si è adottato un modello economico che riteneva illimitate le risorse poi scoperte non rinnovabili, non si è prestata attenzione all’uso di plastiche e carte non biodegradabili e non si è parlato, se non in tempi recenti, di compostaggio o riciclo. Alcuni giorni fa ho letto un articolo inerente il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale avverso all’ampliamento dell’impianto di Trattamento Meccanico-Biologico dei rifiuti che si trova tra Siderno e Locri e immediatamente ho cercato di informarmi meglio sui pro e i contro della presenza di un impianto di questo tipo al confine di piccoli paesi. Ho trovato solo articoli obsoleti, che affrontavano la tematica in maniera superficiale, ragione che mi ha spinto ad allargare la mia ricerca ai centri di Paesi esteri in cui discariche e impianti di trattamento dei rifiuti si trovano all’intero (se non proprio al centro) delle città. Il problema principale rappresentato da una struttura di smaltimento sono esalazioni (spesso anche visibili) che essa produce. Indipendentemente dall’aspetto esteriore delle strutture, che potrebbero anche essere abbellite con progetti in grado di coinvolgere i cittadini, lo stesso impianto di San Leo ha dimostrato di poter ammorbare l’aria peggiorando significativamente la qualità della vita dei residenti. Molti Paesi del centro Africa soffrono di questo dannosissimo problema, causa anche di malattie respiratorie, croniche e, talvolta, terminali. Certo, qui parliamo di veri e propri depositi incontrollati di rifiuti dannosi per l’ecosistema, come Agbogbloshie dump ad Accra, in Ghana, Awotan a Ibadan, in Nigeria; Dandora a Nairobi, in Kenya; Bantar Gebang tip a Bekasi, in Indonesia e Deonar dump e Mumbai, in India. Come testimoniato da un video che lo youtuber Jakidale ha realizzato in collaborazione con Pietro Morello, in queste zone del mondo le discariche a cielo aperto sono utilizzate da uomini, donne e spesso anche bambini per cercare materiali da rivendere a poco prezzo, in totale spregio del rischio di contrarre malattie. Nel caso del nostro territorio la situazione è ben diversa, ma comunque l’impianto di TMB in oggetto che, anche se in maniera ridotta rispetto a una discarica tradizionale, percolato ed effluvi ne produce comunque, resta una struttura preoccupantemente vicina a corsi d’acqua, abitazioni private e luoghi verdi pubblici. Anziché pensare a un ampliamento, insomma, perché non studiare nuovi processi applicabili sui nostri territori per poi introdurli anche nel terzo mondo? Un trattamento differente dal mero incenerimento dei rifiuti, che velocizza la formazione del buco nell’ozono, permetterebbe di ridurre gli sprechi. Applicazioni, scaricabili sullo smartphone, potrebbero aiutarci nel monitoraggio della qualità dell’aria, la popolazione residente che vive di sussidi, chi deve svolgere lavori sociali o i volontari potrebbero occuparsi con maggiore costanza della pulizia delle strade, delle aiuole, delle spiagge o dei parcheggi. Non ci vuole molto a migliorare i luoghi in cui viviamo, basta solamente volontà e olio di gomito. Chissà se in un futuro saremo tutti un po’ più propensi alla collaborazione per la tutela del bene comune!

In foto l’Agbogbloshie dump di Accra


Edil Merici

Redazione

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