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Costume e Società

La cooperazione giudiziaria nell’ordine di indagine europeo

Le riflessioni del centro studi

Edil Merici

Di Angelica Commisso – Avvocato del Foro di Locri

Le organizzazioni criminali hanno varcato sempre più i confini nazionali e hanno concentrato i loro interessi anche al di fuori dello Stato dove sono radicate. La trasformazione dei mercati e della finanza internazionale, la libera circolazione delle persone, per lo meno in ambito europeo, hanno costituito un sicuro terreno fertile nella globalizzazione del crimine. Da qui è nata l’esigenza di adottare strumenti comunitari di contrasto degli illeciti transnazionali mediante il potenziamento della cooperazione giudiziaria tra gli Stati dell’Unione.
Tuttavia, il contrasto al crimine, per essere efficace, richiede non solo la volontà politica, ma impone l’adozione di leggi che consentano di perseguire i crimini anche oltre confine. Per questo motivo negli ultimi anni si è rafforzata l’idea di creare un sistema penale europeo comune per armonizzazione gli strumenti di contrasto dei crimini transnazionali. Con il Consiglio europeo di Tampere del 1999, si è stabilito che i sistemi giuridici e amministrativi degli Stati membri devono essere armonizzati per migliorare l’accesso alla giustizia dei cittadini e per garantire loro un livello adeguato di assistenza giudiziaria. È stato così rafforzato il programma di coordinamento tra le forze di polizia degli Stati comunitari ed è stato rafforzato il ruolo dell’Europol anche attraverso la creazione di una banca dati contenente tutte le sentenze di condanna emesse nei confronti di cittadini comunitari, dei cittadini di Paesi terzi e degli apolidi. Inoltre, è stato riconosciuto il diritto delle vittime di determinati reati (quali la prostituzione o la tratta di esseri umani) di ricevere protezione anche oltre confine mediante l’Ordine di Protezione Europeo. Dopo il Consiglio di Tampere è stato poi rafforzato il ruolo dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, composto da pubblici ministeri, magistrati e funzionari di polizia, distaccati da ogni Stato membro, con il compito di facilitare il coordinamento e la collaborazione in ambito giudiziario tra le diverse amministrazioni nazionali per offrire ai magistrati un sostegno pratico nella lotta alle forme gravi di criminalità e al terrorismo.
Un importante strumento di contrasto alla criminalità transnazionale è costituito poi dalla creazione di squadre investigative comuni che, di volta in volta, operano mediante un accordo tra le autorità giudiziarie dei Paesi membri, per un periodo di tempo limitato, con lo scopo di effettuare indagini penali su determinati fatti. Per ultimo, un importante strumento di cooperazione è costituito dall’ordine europeo di indagine che consiste in una decisione giudiziaria emessa o convalidata dall’autorità giudiziaria di un Paese comunitario per ottenere atti di indagine effettuati in un altro Paese comunitario o per raccogliere elementi di prova in materia penale. La Direttiva che ha istituito l’ordine europeo di indagine è stata adottata il 3 aprile 2014 (Direttiva 2014/41/UE) e gli Stati membri erano tenuti a recepirla nei rispettivi ordinamenti entro il 22 maggio 2017; l’Italia l’ha recepita in extremis con il Decreto Legislativo 108/2017. L’ordine europeo di indagine è basato sul principio del reciproco riconoscimento, ossia sul fatto che l’autorità di esecuzione è tenuta a riconoscere e a garantire l’esecuzione della richiesta formulata da un Paese comunitario. Esso può essere emesso per acquisire prove già esistenti o per effettuare atti di indagine, ad esempio per l’escussione di testimoni, per effettuare intercettazioni telefoniche o per acquisire informazioni su operazioni bancarie. Anche la difesa può richiedere un ordine europeo di indagine per l’acquisizione di un atto di indagine compiuto all’estero o per l’assunzione di una prova all’estero (si pensi ad esempio alla richiesta di sentire a sommarie informazioni un testimone che vive all’estero). In ogni caso, un ordine europeo di indagine può essere emesso soltanto qualora sia necessario, proporzionato, e consentito in casi nazionali analoghi. I Paesi dell’Unione possono respingere la domanda di effettuare un ordine europeo di indagine soltanto in caso di immunità o privilegio o in caso di norme che limitano la responsabilità penale relativa alla libertà di stampa; alla lesione di interessi fondamentali della sicurezza nazionale; per procedimenti non penali; qualora ricorra il principio del ne bis in idem; in caso di extraterritorialità o di doppia incriminabilità oppure in caso di incompatibilità con i diritti fondamentali.

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 30/06/2023
Foto: osservatoriodiritti.it

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