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Costume e SocietàLetteratura

La fine del sentiero

I racconti della buonanotte XIX

La porta – parte 2

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare il racconto che segue letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

Si era riposato abbastanza e aveva ripreso il suo cammino. La via era più chiara e più sicura adesso, anche se ancora persisteva il baratro da una parte e dall’altra della strada. Da lontano scorse una forma di donna che credeva di conoscere e affrettò il passo. Era la sua ragazza che, appena fu abbastanza vicina, lo abbracciò e lo baciò appassionatamente.
«È finita. Questo è stato il mio bacio d’addio. Vedi? Non ci capiamo più. Stiamo sempre a litigare ed a lottare l’uno contro l’altra. Mi hai abbandonata per inseguire le tue follie. Io ho un altro ragazzo che mi dà sicurezza e amore e che si dedica a me sicuramente meglio di come hai fatto tu. Addio.»
Poi si ritrasse.
Lui tentò di abbracciarla, ma lei si allontanò ancora di più e, com’era apparsa, scomparve.
Adesso era veramente solo perché il pensiero di lei e quello di ritrovarla alla fine del suo viaggio gli aveva dato forza, ma le parole della ragazza lo avevano gettato nello sconforto. Egli continuò ugualmente il suo cammino mentre i pensieri gli si affollavo nella mente. Nei suoi sogni aveva sempre visto la porta e immaginato la strada stretta e impervia ma non sapeva ancora che cosa lo attendeva alla fine del suo cammino, sapeva comunque di dover andare avanti e avanti ancora fino alla sua destinazione. Un castello come quello, come nelle leggende più belle e arcaiche, non poteva che nascondere un tesoro. Innumerevoli erano state le vicissitudini e altrettante le leggende che si erano intrecciate tra quelle mura alla storia ufficiale.
Delle macerie gli impedivano, adesso, il cammino. Macigni enormi, pietre e mattoni coperti a tratti da erbacce intrecciate a rovi che gli ferivano a volte le mani, ma lo stesso cominciò a darsi da fare per liberare il cammino. Una dopo l’altra il ragazzo accatastò ai lati della strada le pietre, le più piccole ma anche i macigni per spostare i quali usò dei rami per fare leva e finalmente riuscì a liberare la strada che si rivelava comunque impervia e costellata da buche profonde, attraverso le quali dovette a volte mettere delle assi che provvidenzialmente trovava lungo la strada. Il ragazzo, comunque, riprese la sua strada avendo fiducia del tesoro che avrebbe trovato alla fine di essa. Alcune volte avrebbe preferito ritornare indietro o fermarsi un poco e riposare ma la strada che aveva percorso adesso aveva ripreso a crollare portando seco anche i macigni e le pietre che lui faticosamente aveva accatastato ai lati di essa. Un vecchio uomo segnato profondamente da indelebili cicatrici gli sbarrò d’un tratto il passo:
«Dove credi di andare?» lo apostrofò l’uomo con un ghigno malefico.
«Vado per la mia strada» rispose il ragazzo risoluto.
«Cosa credi di trovare alla fine di questa strada? Non c’è nulla che tu possa desiderare, hai fatto tutta questa strada per niente. Non c’è niente alla fine.»
«E allora tutto il lavoro che ho fatto? Ho lasciato anche la mia ragazza per intraprendere questo cammino. Quanti macigni ho dovuto spostare? Quante bestie ho dovuto uccidere per arrivare alla fine di questa strada e quante fatiche mi è costato tutto questo? Mi vuoi dire che tutta la mia fatica non è servita a niente?»
«È così. Avrai solo una delusione gigantesca, nessuno ti riconoscerà i meriti e nessuno si ricorderà mai di tutta la fatica che hai fatto per arrivare fino a qui.»
«I miei genitori saranno contenti della mia impresa, i miei parenti e…»
«Nessuno, credimi. Nessuno si ricorderà più di te…»
Una donna, bellissima e molto sensuale, interruppe il loro dialogo. Non c’era bisogno d’indovinare le sue forme perché il leggerissimo abito che indossava le faceva trasparire abbondantemente. Ella si rivolse all’uomo:
«Lascialo stare. Torna da dove sei venuto e non lo importunare più». Poi la donna abbracciò il ragazzo e lo baciò sulla bocca.
«Tu sei mio, lo sei sempre stato», gli disse. Dunque lo prese per mano e lo condusse in una capanna che, non appena entrarono, si rivelò un’abitazione ricca e sontuosa. Ricche suppellettili erano sparse sui preziosi mobili di quell’abitazione. Lei lo accompagnò su di una dormeuse antica e finemente intarsiata, lo coprì amorevolmente con un drappo damascato mentre una musica dolcissima si univa agli effluvi che un braciere poco distante emanava.
«Ho incontrato tante persone nel mio cammino, ma tu devi dirmi il tuo nome. Sei dolcissima e tanto tenera, ti prego dimmi il tuo nome, non lo voglio dimenticare mai più.»
«Ho tanti nomi, c’è chi mi giudica terribile e crudele, c’è chi mi ama sommamente, chi mi desidera e chi mi teme. Quanto tempo hai impiegato per incontrarmi? Sono anni che ti aspetto, ma adesso sei finalmente arrivato. Il mio nome è Morte e non ti lascerò mai più.»
Il ragazzo sembrò non capire e abbracciò la bella signora. Tutt’intorno c’era serenità, pace e silenzio e a lui piacque restare tra le braccia di quella donna che prese ad accarezzarlo e baciarlo fino a unirsi a lui in un amplesso interminabile. I suoi genitori e i suoi amici nella città medievale piansero a lungo il mancato ritorno del ragazzo.
Poi smisero di piangere e si dedicarono alle loro abitudini e alle loro sofferenze e nessuno lo ricordò più.
C’era ancora un muro nel vecchio castello e una porta in questo muro. Una vecchia porta ormai tarlata. Chi sarà il prossimo ad aprirla?

Foto: pikist.com

Per sapere di più su Bruno Siciliano e i suoi racconti visitate www.brunosiciliano.it.

La prossima settimana… arriva Il Cartomante!

Redazione

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