Al Calvario
In vista del finanziamento di diversi comuni della Locride per la realizzazione di opere di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, riproponiamo un breve racconto, pubblicato per la prima volta nel 2009, in cui si descrivono le condizioni di una delle strade più trafficate di Locri.

Di Luisa Ranieri
Casamara (dal nome della protagonista di questo racconto, Mara; ma anche Casa-amara, per le preoccupazioni che le ha sempre dato, ndr.) si trova sulla via del Calvario, a Locri, una via a cui non si poteva dare denominazione più appropriata: un tempo via larga per lo scarso traffico, oggi budello di via supertrafficato, che collega la Strada Statale 106 con la Nazionale che porta in Aspromonte e, più in là, al Mar Tirreno.
Si tratta proprio di un Calvario sia per l’edicola che, come in ogni paese del Sud, ricorda la passione di Cristo, sia per quello che significa per coloro che ci abitano o ci passano (tanti).
La Caserma dei Carabinieri (che oggi è stata spostata in una sede più idonea, anche se l’abitudine dei residenti di occupare anche i marciapiedi nel parcheggiare le proprie auto non ha ridotto il marasma, ndr.) si è allargata tanto che ha invaso i marciapiedi circostanti con tutte le auto sequestrate che non sa dove altro mettere a stazionare; le buche dei marciapiedi sono ancora quelle della nostra infanzia, solo un po’ più allargate per l’opera del tempo che qui, come altrove, non guarda in faccia niente e nessuno, sicché la madre col passeggino che ambirebbe portare la prole al mare, o la badante che vorrebbe spingere nella stessa direzione il vecchietto sulla sedia a rotelle, devono fare una gimcana non da poco per scansare tutti i pericoli e sperare di arrivare sani e salvi a destinazione.
E che Calvario sarebbe se non aggiungessimo al quadro i rumori dei clacson delle auto che incessantemente passano, le sirene delle ambulanze che portano i malati al soprastante Ospedale Cittadino, e quelle dei pompieri che, soprattutto d’estate, non conoscono riposo per via degli incendi che scoppiano in continuazione nelle campagne o sulle montagne circostanti?
Più Calvario di così…
Eppure anche questa via ha il suo (non piccolo) fascino, che consiste nel fatto che in essa non si vive mai isolati, ma sempre, volenti o nolenti, interrelati con gli altri e col cuore della città.
Hai le coliche renali e vorresti startene a letto a stringere i denti da solo?
Non puoi, perché ti arrivano valanghe di conoscenti e amici che ti portano l’acqua buona della montagna e si impongono davanti al tuo giaciglio di sofferenze per farti compagnia.
E la cosa strabiliante è che, dopo aver bevuto per pura cortesia tutti quei litri di acqua ed esserti sorbito il racconto dei guai di tutta la Locride, il calcolo lo espelli davvero e ti alzi dal letto fresco, scattante e rinnovato.
Almeno così era successo alla nostra Mara, quando, dopo l’ennesimo viaggio (epico) in treno, con prole a carico, seduta, per di più, nei posti di seconda classe sistemati sopra le ruote del mezzo, si era sentita smuovere dentro quelle pietre sedimentate da secoli nelle sue vie urinarie e si era così guadagnata un’estate di acute sofferenze e dolori.
Tratto da In forma di parole
Franco Pancallo Editore, 2009
Foto: lentelocale.it