La partita di pallone

Di Luisa Ranieri
Ed era successo, era successo ancora.
Locri bagnata dal sangue di un omicidio, Locri umiliata, Locri desolata.
La paralisi dei pensieri e delle azioni, il tempo che si ferma sullo sbigottimento dei cittadini.
I sogni del riscatto che si polverizzano, le speranze che perdono le ali.
E la paura.
Che prende tutti. Che si allarga sul mare e sulla spiaggia. Che copre il cielo. Che fa chiudere le finestre e gli usci delle case.
E la voglia di andarsene e di piantarla là, questa zona del cavolo d’Italia dove le questioni si risolvono ancora con le armi, dove le vendette non finiscono mai, dove, nella peggiore tradizione greca, “sangue chiama (sempre) sangue”.
Sì, andarsene a respirare altrove aria pura, aria libera, aria incontaminata…
Questi i pensieri di Mara , dopo l’ennesimo fatto di sangue, quando nel pomeriggio di quello stesso giorno si rifiutava di portare sul lungomare i suoi bambini a giocare la partita di calcio da tempo programmata con i compagnetti.
E l’amico Antonio la pregava, invece, di non farlo, di recarsi lo stesso all’appuntamento al campetto con lui e gli altri genitori.
E Mara controvoglia vi si recò e quasi si rifugiò nella macchina di lui mentre vedeva i bambini e i ragazzi sciamare sul campo con le magliette e i calzettoni colorati, lasciandosi alle spalle il timore degli adulti che aveva rischiato di diventare anche il loro.
«Non dobbiamo farglielo questo torto ai nostri figli – le stava dicendo Antonio – Non priviamoli dell’unica cosa che possono avere quaggiù, dell’unico diritto che rimane loro: la libertà di muoversi, la libertà di andare per le strade del loro paese, la libertà di incontrare i loro amici, la libertà di giocare la loro partita di pallone.»
E, mentre intensi sprazzi di rosa squarciavano il nero delle nubi in cielo, Mara capì che Antonio aveva ragione, che non si poteva fare questo torto ai giovani, che non li si poteva privare della libertà dei loro anni e che la fuga individuale era la soluzione peggiore a un dramma che investiva la società tutta.
Tratto da In forma di parole
Franco Pancallo Editore, 2009