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Costume e Società

Il retaggio di Mauro

Di Luisa Ranieri

Che cosa rimane di una persona, quando ci lascia per andare a incontrare nuove dimensioni?
La sua cifra, il suo carattere peculiare.
E quale è stata la cifra di Mauro, che ci ha appena lasciati?
L’amore e la fiducia totale nella vita e nella propria personale carica vitale.
Mauro in tal senso è stato un vero guerriero: messo alla prova da non poche e gravi patologie, non ha mai dubitato di poterne venire fuori, non si è mai fermato a lamentarsi ma ha sempre puntato ad andare avanti, coltivando i suoi sogni e perseguendo i suoi progetti.
Ricordo quando, il 13 di Giugno del 2011, è stato operato in via Venezian per un tumore non certo benigno alla coda del pancreas.
Se c’era una cosa a cui noi non avremmo mai potuto rinunciare d’estate era l’Agosto a Locri, in Calabria, sulla riva del nostro adorato Mar Jonio, ma quell’inizio di Giugno, con l’operazione e le seguenti complicazioni, non ci lasciava speranza alcuna.
Nei momenti di pausa dalla sua assistenza post operatoria, io me ne andavo in giro per quel quartiere di Lambrate/Città Studi che mi era caro perché in esso avevo vissuto i primi sette anni della mia vita milanese.
E, raccontandogli di ogni cosa incontrata, un giorno gli dissi che avevo visto esposto in un negozio un tanto bello quanto troppo costoso costume da bagno, ripensando già con rimpianto alla fine del rito condiviso all’inizio di ogni estate: l’acquisto di un nuovo costume per me.
Dovevo avere un’aria piuttosto mesta davanti alla constatazione che tutto, da quell’operazione in poi, sarebbe cambiato, quando lui con voce sicura mi ha scossa dicendomi: «Marisa, vai subito a comprartelo, quel costume; sì, proprio quello di quel negozio, perché ad Agosto noi saremo, come sempre, sotto il nostro azzurro ombrellone.»
E così è stato: mare, sole e spiaggia, con tutto l’abituale contorno delle nostre abitudini, le spericolate esplorazioni del territorio per le vie più impervie dell’Aspromonte, i nostri Festival Jazz con i balli collettivi in piazza, gli appuntamenti teatrali e letterari, i giorni, le albe e le sere in compagnia dei cari amici di sempre.
E lo stesso in Toscana, dove, pietra sopra pietra, aveva voluto caparbiamente ricostruire la casa, ormai cadente, ereditata dai genitori, e che sarebbe diventata la pista di partenza per la conoscenza di quella terra, in gran parte anche a lui ignota, che aveva dovuto lasciare da piccolo per realizzare il suo sogno più grande: poter studiare.
E così… via per le stradine alla volta di Anghiari, della Verna, di Camaldoli, come pure per le immense highway americane, da Chicago alla California, seguendo le orme di Jack Kerouac e della Beat Generation, oppure quelle dell’Ontario sulle orme di Alice Munro o quelle lungo il fiume Saint Laurent del Quèbec canadese.
E lo stesso a Roma, a Milano, o in qualunque altro posto noi ci dirigessimo.
La voglia di conoscere ed esplorare.
E io, che lo rimproveravo sempre per la sua temerarietà e imprudenza, mi lasciavo poi coinvolgere anche nelle spedizioni più ardite: lungo il gran deserto salato dello Utah, per le vie super-trafficate di Chicago o di New York o per quelle solitarie degli Stati meno conosciuti dell’interno statunitense: la stessa voglia di conoscere e di sapere che ha tenuto costantemente vivi i nostri 47 anni di matrimonio.
I suoi giorni di malattia per il gravissimo infarto che l’aveva colpito il 18 di Aprile sono stati di autentica passione, ma anche di resurrezione quando ci siamo resi conto, insieme ai medici che l’avevano assistito con tutte le cure possibili, che era necessario arrendersi e aspettare in religioso silenzio, pur con tutte le spine attaccate, che la Natura facesse il suo corso e decidesse per la Sua Sorte.
E poi, alcune illuminazioni e le conseguenti fulminee decisioni:

  • come chiudere il suo corpo a marcire in una bara zincata mentre con la cremazione Mauro sarebbe tornato immediatamente nel circolo della vita?
  • E, ancora: tale ritorno non sarebbe avvenuto nel modo più naturale, se avessimo sparso le sue ceneri, nel pieno rispetto della Legge, nei boschi sovrastanti la sua amata casa casentinese?
  • Non significava proprio questo l’espressione latina “Terra mea, ultima vestis mea” tante volte letta nel Camposanto di Locri ma mai veramente compresa nel suo più autentico significato?
  • E da quei profumati boschi, trasportato dall’aria che non conosce ostacoli, non sarebbe poi venuto ad accarezzarci a San Donato, a Locri, in America ed in tutti gli altri posti della nostra vita?

Ed ecco che anche le parole del Salmo 1 della Bibbia che mi aveva inviato mia sorella dal Wisconsin subito dopo il decesso di Mauro, mi hanno rivelato in pieno quale sarebbe stata la nuova dimensione di un uomo giusto e buono come Lui:

Egli sarà come un albero piantato presso fiumi d’acqua, un albero che porta i suoi frutti nella sua stagione; le sue foglie non appassiranno; e qualunque cosa farà prospererà.

E, al termine di tutto questo processo di maturazione, nei miei occhi rimasti asciutti e quasi pietrificati per tutto il periodo della sua passione, finalmente sono spuntate e hanno cominciato a scorrermi sul viso le lacrime salvifiche della consolazione:

Grazie alla Vita
che mi ha dato tanto,
mi ha dato il sorriso
e mi ha dato il pianto
Grazie alla Vita
che mi ha dato tanto…
(Violeta Parra)

Ciao, Mauro, caro e spericolato compagno di una vita: la nostra.

Redazione

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