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Percorsi e leggende sul Tre Pizzi

Locride… e dintorni in Mountain Bike IX

Di Rocco Lombardo

La bellezza della Locride non si esaurisce con il patrimonio storico e artistico, ma si allarga a quello naturale e ambientale; chi ama la natura non può non rimanere impressionato dalla rigogliosa e aspra montagna, con la particolarità delle sue rocce; l’Aspromonte, come sottolineato più volte nel corso delle precedenti escursioni, ha una storia geologica di estremo rilievo, caratterizzato da una grande diversità paesaggistica, da peculiarità geo-ambientali, la cui conformazione geografica consente di poter addentrarsi nelle zone più selvagge pedalando e scalando le creste di una montagna tanto ricca quanto sconosciuta.
Il percorso che affronteremo oggi si articola in una cinquantina di chilometri circa, partenza e rientro da Locri, con un grado di difficoltà medio/alto in alcuni tratti, per gran parte in salita, alla scoperta di una delle pietre che, al pari di quelle già visitate nella Valle delle Grandi Pietre, caratterizzano il versante ionico della montagna più meridionale d’Italia: il monte Tre Pizzi appare come un poderoso baluardo di roccia proteso verso la Locride, cui mostra la sua sfrontata faccia rivolta al mare; a muntagna, come familiarmente chiamata dagli abitanti del luogo, imponente come un vulcano vero per la sua particolare formazione, costituita da tre possenti agglomerati di roccia, noti anche come le tre sorelle, èun monolite a forma di tre dita.
La nostra escursione parte come sempre di buon mattino raggiungendo prima il borgo di Antonimina, attraverso la Strada Provinciale 80, un primo tratto asfaltato in costante salita con alcuni falsi piani di una dozzina di chilometri, incrociando nell’ordine le contrade Merici, Azzuria, Cavuria e Bagni, che uniscono i comuni di Locri, Gerace e Antonimina alle cui porte imboccheremo un sentiero sterrato sulla destra, con alcuni tratti che si presenteranno talmente impervi e inaccessibili da doverli affrontare con la bici in spalla! Infatti, dopo aver attraversato inizialmente alcuni appezzamenti di terreno adibiti alla coltivazione di cereali e foraggio per il bestiame, affrontiamo l’aspra salita sotto una fitta lecceta, contornata da arbusti di erica, mirto e ginestra tipicamente mediterranei; mai come in questa occasione la resilienza ci permette di superare momenti di grande difficoltà, sia per la conformità di un sentiero pochissimo conosciuto e ancor meno battuto, sia per la fatica di doversi inerpicare con il fardello delle Mountain Bike sulle spalle, facendoci largo in una selva primordiale quanto selvaggia.
La fitta copertura e la rigogliosità degli arbusti non sempre consente una facile individuazione della traccia gps da seguire, fin quando, quasi in cima al costone, incontriamo il bosco; lecci, querce e pini si alternano facendo mutare di passo in passo i colori della vegetazione, consapevoli che il ripido sentiero ci porterà, da lì a poco, a incontrare a Grotta du Mutu e, di conseguenza, il crinale del sentiero nº 213 (località A Fimmina – Tre Pizzi), che ci condurrà sulla cresta del Monte Tre Pizzi (708 metri sul livello del mare).
Raggiunta la quota di 750 metri e rinfrancati dall’individuazione del sentiero che si presenta adesso più agevole e pedalabile, possiamo apprezzare lo spettacolo panoramico offerto da alcuni terrazzamenti; decidiamo quindi di lasciare le MtB per doppiare la cima a piedi e godere del panorama offerto dalla terrazza naturale della vetta; il Monte San Pietro, denominato Tre Pizzi,che qualcuno vuole essere stato un vulcano spentosi ormai da tempo, fino a qualche secolo fa era meta di pellegrini provenienti da tutta la Locride in occasione dell’annuale fiera di bestiame in onore di San Pietro, che si celebrava proprio in questo periodo, da cui la denominazione Petra i San Petru. Ricade geograficamente tra i comuni di Antonimina e Ciminà, ai confini del Parco dell’Aspromonte, sulla cui sommità appunto un suggestivo pianoro conserva alcuni ruderi di un convento di monaci eremiti del XII secolo, e sui quali fu successivamente eretta una chiesetta intitolata ai Santi Pietro e Paolo, probabilmente del XVII secolo, da cui si può scenograficamente godere di un panorama mozzafiato, chiuso a nord dalla timpa di Gerace e a sud dalle alture dell’Aspromonte con vista sulla costiera ionica.
Una delle principali leggende legate a questo luogo racconta che Gesù e gli Apostoli stavano passeggiando lungo la sottostante fiumara a Principissa quando, improvvisamente, San Pietro cominciò a lamentarsi di non avere avuto riconosciuto un monumento in proprio onore. Colto da un’idea improvvisa, afferrò una pietra dalla riva del fiume e la lanciò in alto. Il sasso diede poi origine alla roccia…
Rappresenta scenograficamente uno dei balconi più suggestivi e panoramici dell’intera Locride; ai piedi di questo spettacolare monolite il panorama è vastissimo, con i numerosi crinali che degradano verso la costa, una località primordiale e bellissima in cui le grandi formazioni rocciose e i segni umani ci riportano indietro nel tempo, attraversando metaforicamente la storia della terra e dell’uomo, mostrandoci l’antico volto di questo territorio.
Foto panoramiche di rito e riprendiamo il sentiero del ritorno, che passa sotto la cima più alta del Tre Pizzi: attraversata infatti una distesa pietrosa contornata da classica macchia mediterranea, e recuperate le MtB, la traccia risulta essere ben segnalata e regala ampi scenari paesaggistici di uno dei territori più fertili della costa ionica; riguadagnato il filo di cresta, si procede sulla dorsale giungendo a un bivio, scendiamo sul sentiero di sinistra e il percorso si sviluppa prevalentemente in falso piano mantenendoci sempre sulla dorsale del monte, anche se non mancano tratti che alternano salite e discese molto divertenti e adrenaliniche; ci addentriamo quindi in un boschetto per andare a contornare, sulla sinistra, la quota dell’altura Petrotondo; alcuni passaggi aperti ci lasciano intravedere scorci sull’Aspromonte e sul borgo di Antonimina, ed è proprio in questo punto che decidiamo di fermarci per riposare e consumare una tipica e frugale merenda autoctona, non prettamente sportiva, ma che soddisfa oltre modo il palato e la sensazione di essere un tutt’uno con la natura circostante.
Per poter completare il giro ad anello e raggiungere il borgo di Ciminà, procediamo affrontando alcuni saliscendi lungo un corridoio aperto tra la macchia mediterranea coperta da felci e dalla vegetazione che ci protegge dal primo sole estivo, formando una sorta di cupola, sorretta da alberi con le cime incurvate a formare degli archi e con alcuni passaggi tecnici tra le rocce fino a raggiungere la località Fimmina, (700 m circa) dove il sentiero sterrato incrocia l’asfalto della SP che congiunge Ciminà a Villaggio Moleti.
Il piccolo borgo di Ciminà, così come il vicino comune di Antonimina, è un centro la cui storia è inestricabilmente connessa alla presenza della Muntagna.
Sorge lungo il confine nord-orientale delParco Nazionale d’Aspromonte, oltre che per i vasti pascoli e la bellezza del paesaggio è oggi rinomato per un particolare prodotto caseario, il caciocavallo, certificato presidio Slow Food; sulla fondazione del borgo aleggiano come sempre leggende, si narra infatti che sia stato fondato da popolazioni cristiane albanesi e greche in fuga dalla città di Costantinopoli in seguito all’assalto turco del 1453. Secondo questa stessa leggenda le suddette genti si stabilirono sul declivio del monte Tre Pizzi, non solo per difendersi da ulteriori invasioni saracene, ma anche per la ricchezza di pascoli, di fertili campi e di ricchi boschi. Stando ancora a questa tradizione, il nome della cittadina deriverebbe dal greco kyminà, per indicare un luogo che abbonda di cumino, pianta dalla antiche proprietà medicali.
Dopo aver percorso a velocità sostenuta la discesa ripida fino alle porte del borgo di Ciminà, ci addentriamo nei vicoli stretti e suggestivi per riprendere la dorsale che, circumnavigando a valle il Tre Pizzi, dopo aver attraversato il Passu du Strittu, una via di passaggio scenografica e dominata da un altro imponente monolite chiamato u denti da magara, ci riporterà sulla SP 80 e quindi sulla strada del ritorno fino al punto di partenza; menzione d’obbligo per i compagni di viaggio Giuseppe Piccolo e Sammy Accursi, che hanno condiviso con il sottoscritto uno dei percorsi più suggestivi della Locride, con un dislivello altimetrico di circa 1.300 m, e alcuni tratti al limite della pedalabilità che, ancestralmente, ci ha riportato in un viaggio a ritroso nel tempo.

Redazione

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