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Costume e SocietàLetteratura

Il divorzio di Gordio e Armide

Di Giuseppe Pellegrino

Locri Epizeferi, casa di Gordio, ventesimo giorno del mese di Artamistios, anno primo 50ª olimpiade, ora prima.
 Armide era una giovane tra le più ammirate di Locri Epizeferi. Era andata sposa a Gordio, che era vecchio e brutto, ma agiato, poiché figlio unico di Agatocle, che a sua volta era stato figlio unico, e perciò aveva ereditato da solo tutti gli averi della famiglia, senza dover rendere conto ad altri fratelli con il klèros. Il matrimonio era avvenuto cinque anni prima, ma il risultato non era quello che tutti si aspettavano. Armide, dallo sposo, voleva solo due cose: un’agiatezza che altre donne non avevano e dei figli a cui fare da madre. L’agiatezza la ebbe, seppure con grande parsimonia da parte di Gordio; i figli restarono solo un pio desiderio.Invero, Gordio era già avanti con gli anni e non era il toro che si vantava di essere. Per giustificare la mancanza di figli andava dicendo che gli dei gli avevano mandato una grande sventura, poiché avevano reso la moglie sterile. Armide era conscia delle sue possibilità, per cui gridò a tutta l’Ellade che Gordio era solo un impotente. Ora, prima di diventare sterile per l’età, Armide si era posta il problema di come avere figli. Certo gli uomini che la guardavano, e che altrettanto chiaramente facevano capire di desiderarla, non mancavano. Per cui farsi un amante non era una cosa del tutto campata in aria. Ma Armide non era la donna dagli orli di porpora che andava fuori delle mura di Locri a cercare un amante. Né voleva finire con gli occhi cavati, per essere un’adultera. Per questo si era informata di come le donne, al pari degli uomini, potessero divorziare. Per non commettere errori, Armide non si recò dal magistrato, ma da Laide, donna esperta che aveva già divorziato tre volte. Ora se la spassava con il quarto sposo, più giovane di lei, anche se di figli non aveva. Ma a Laide i figli non interessavano, interessava solo il sesso. Così, quando riteneva di avere spremuto con le sue voglie un uomo, lo accusava di sterilità e divorziava. Non che in Ellade fosse richiesto dalla legge un motivo preciso per porre fine a nozze ormai non più volute. Ma, come dire, l’apparenza per Laide aveva un suo valore. Così lei copriva, con un motivo nobile, la necessità di soddisfare un desiderio legittimo, seppur non del tutto nobile agli occhi dei benpensanti. Quando Laide vide Armida, accompagnata da una serva alla sua stanza, lei non capì il motivo, ma ugualmente fece tanti salamelecchi a una donna che invidiava per il solo fatto che era desiderata da tutta Locri. Con non poca vergogna, la donna chiarì la sua posizione e confidò a Laide il suo desiderio di divorziare. Non riuscì a nascondere neppure alla esperta donna, che vi era un giovane molto bello che si era dichiarato e che lei voleva sposare. Laide era una donna intelligente. Da sempre aveva capito che una donna poteva avere tutti gli uomini che voleva e non vi era necessità di rischiare gli occhi per averli come amanti. Bastava divorziare ogni qual volta che si desiderava un altro uomo e la cosa non era difficile. La prima volta poteva essere traumatico, ma poi la cosa andava liscia come l’olio. Perciò fece suoi i desideri della donna e con dovizia di particolari insegnò alla donna il procedimento per liberarsi di un marito. Armide capì tutto e si adeguò subito.
La mattina che Gordio vide la moglie prendere la propria dote in oggetti d’oro, capì subito le intenzioni della donna. Egli non voleva divorziare, vuoi perché nessuna altra donna lo avrebbe voluto, vuoi perché se la moglie avesse avuto dei figli con il nuovo sposo, tutti avrebbero capito che il punto debole del matrimonio non era la moglie, ma il marito. Gordio, cercò di premunirsi rispetto a questa tremenda eventualità. Egli non era esperto della legge sul divorzio, ma da sempre aveva ritenuto che solo l’uomo potesse divorziare, non la donna. Da tempo aveva il sospetto che la moglie guardasse Teocrate con occhi di fuoco e aveva cercato di avere prova di un adulterio. La cecità avrebbe fatto calmare ogni bollore a uomo e donna. Ma di ciò non ne aveva avuto mai prova. Perciò, quella mattina andò dal magistrato ad assicurarsi che era vero il fatto che la donna non potesse divorziare. Grande fu la sua delusione, quando dall’emerito magistrato eponimo Anassimene non ebbe conferma alle sue certezze. Il magistrato spiegò che non solo a Locri Epizeferi era possibile il divorzio, ma in tutta l’Ellade, e che, dopo il divorzio, la donna poteva sposare un altro uomo.
«Anche più giovane del precedente marito?» chiese Gordio.
«Chiunque ella voglia sposare e lui vorrà sposarla» disse il magistrato con tono severo.
«Non è giusto!» urlò Gordio.
«Se ciascuna delle leggi promulgata si riconoscerà non essere convenevole, potrà essere posta in miglior forma – disse il magistrato.-Ciascun cittadino di Locri, potrà proporre la modifica o una legge nuova alla damos se si presenterà a essa con la proposta e il cappio al collo. Così prevede la nostra legge» sentenziò con fare conclusivo l’emerito cittadino.
Gordio uscì dal Buleterio annichilito. Non vide neppure i tre gradini che portavano al pavimento dell’Agorà e per poco non cadde. Non sapeva che fare. Poi decise che alla vergogna non poteva sopravvivere, ma non aveva il coraggio di uccidersi. E poi, pensò, per fare piacere a quella baldracca della moglie, togliendosi dai piedi? No, Gordio pensò di usare la legge per non prendersi tutte le frecciatine ironiche di Locri Epizeferi. Se sua moglie avesse voluto sposare dopo il divorzio un uomo della sua età, né le sue voglie di donna né quelle di madre sarebbero state soddisfatte. Una legge, che impedisse la possibilità di scelta di un giovane marito, questa era la soluzione. Armide avrebbe fatto in tempo a divorziare, ma lui avrebbe anticipato per legge la scelta che avrebbe dovuto fare. La decisione fu presa. Nella mente la norma aveva già preso forma, per cui tornò subito dall’arconte per chiedere di convocare la Dàmos per la modifica della legge. L’arconte fu sorpreso di vedere Gordio ritornare, era quasi l’ora settima dello stesso giorno e solo un contrattempo aveva fatto rinviare il momento del pranzo. L’arconte sentì l’uomo e assicurò che avrebbe convocato la Dàmos. I casi da giudicare erano due, così si poteva fare in un solo giorno. Ma il magistrato era contento, perché dai tempi di Zaleuco e Tirso che non si vedeva un uomo impiccato per volere dell’Assemblea popolare che non approvava la riforma di legge. Mai nessuno dei cittadini viventi a Epizeferi aveva visto l’avvenimento, perciò, era il caso di rinverdire i ricordi.
Tornato a casa, Gordio non potè evitare la moglie, che lo aspettava sull’uscio di casa con tutte le sue cose e un servo e una serva per accompagnarla a casa. Come non potè evitare che la donna pronunciasse la frase fatidica, ma ormai in cuor suo pensava che era sul punto di tirare un brutto colpo alla moglie. Perciò, non si lamentò neppure del fatto che Armide stava portando a casa sua la dote usando i suoi servi. Si pulì la bava alla bocca e sicuro del suo fatto, tenne un contegno dignitoso.

Foto: Gli Efori, incisione di Ludwig Löffler

Redazione

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