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“Chora tu Vua”: i piani di Bova

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXI

Di Rocco Lombardo

Oggi ci spingeremo fino all’estremo lembo meridionale della Locride, sul versante orientale dell’Aspromonte che si affaccia sullo Ionio, nel territorio denominato Area grecanica. La Calabria Greca è la testimonianza ancora viva del nostro glorioso passato, una terra in cui si parla ancora il grecanico, la lingua dei Greci di Calabria, un idioma antichissimo le cui radici millenarie risalgono all’età magno-greca, conservando nel tempo la cultura secolare della minoranza linguistica ellenofona e custodendo immutate le tracce della sua antica natura di crocevia di culture diverse, dai Greci agli Arabi, dagli Ebrei agli Armeni, che stabilirono a lungo in quest’area una pacifica convivenza, una storia di oltre duemilacinquecento anni che lascia segni ricchissimi nella tradizione locale.
Pedalare in questo antico territorio suggestivo e impervio offre percorsi ripidi e scoscesi di struggente bellezza, scenari mozzafiato per chi ama come noi avventurarsi in luoghi ormai dimenticati, un pacifico e silenzioso angolo di Calabria, in gran parte collocato dentro i confini del Parco Nazionale dell’Aspromonte, ricco di fiumare e calanchi, alture e colline, coste franose che degradano verso il mare, caratterizzato da sentieri antichi che attraversano borghi fantasma, disabitati ormai da decenni, consentendoci di immergerci completamente nella storia, nella tradizioni, nelle architetture, nella cultura e nei paesaggi che ne contraddistinguono da sempre l’identità.
Avremmo anche potuto intitolare la tappa I Borghi fantasma, in quantoraggiungeremo i borghi, ormai ridotti a ruderi con sparute case fatiscenti e disabitate di Casalinuovo, Africo Vecchio e Roghudi, ma per la bellezza e la ricchezza del percorso, abbiamo deciso di frazionare la narrazione, limitandoci a trattare una prima parte relativa al borgo di Bova, all’ascesa ai Piani di Bova e al casello San Salvatore, per poi completare, successivamente, il racconto con la discesa verso Casalinuovo, l’arrampicata, bici in spalla, ad Africo Vecchio attraversando il ponte tibetano costruito di recente sull’affluente dell’Aposcipo, che simbolicamente (ri)unisce i due borghi a distanza di molti decenni dagli eventi alluvionali che ne sancirono l’amaro abbandono, per poi concludere il percorso dalla Rocca del Drago fino a Roghudi, un giro magico e affascinante in ogni suo chilometro di percorrenza.
Raggiungiamo di buon mattino, in auto e con bici al seguito, il borgo di Bova, una perla architettonica arroccata sul versante est dell’Aspromonte, a una quindicina di chilometri da Bova Marina e dalla Strada Statale 106, (la percorrenza in Mountain Bike direttamente da Locri avrebbe pregiudicato la possibilità di completare al meglio l’escursione così come programmata); parcheggiata l’auto alle porte del centro storico, ci addentriamo in sella alle nostre MtB in questa affascinante cittadina dalle origini leggendarie: il mito vuole, infatti, che sia stata fondata da una regina armena di nome Oichista, che impresse a memoria perenne la pianta del suo piede sulla cima della Rocca dove oggi sorge il Castello; il mito dell’Orma della Regina ci tramanda infatti la leggenda secondo cui, se il piede di una fanciulla avesse combaciato perfettamente con quello della Regina fondatrice, la roccia si sarebbe aperta facendo scoprire a quest’ultima il tesoro custodito. un borgo unico, per la sua storia, la sua cultura e l’architettura che attraverso i secoli ha lasciato importanti e tangibili testimonianze.
La Bovesìa, nota anche come l’area grecofona calabrese, conserva un immenso ed esclusivo patrimonio etnico, storico e culturale;Chòra tu Vùa, Bova nella denominazione in lingua grecanica, è la capitale culturale di questo territorio, in cui le tradizioni e i suoni linguistici del nostro passato si fondono con quelli della Grecia, (una forma dialettale che ha notevoli somiglianze con i dialetti di Creta e Cipro), una commistione affascinante, le cui origini si perdono nel tempo, dai ritrovamenti risalenti al neolitico alle testimonianze scritte normanne, arabe e bizantine, che attestano l’importanza del ruolo ricoperto sin dall’epoca magno-greca, quando Vua rivestì il ruolo di fortezza posta sul confine delle poleis di Reggio e Locri e, grazie alla sua posizione strategica, scelta come rifugio dagli abitanti della costa durante le incursioni saracene, risultando essere una delle ultime diocesi italiane a essere latinizzate dalla chiesa cattolica, mantenendo fino al XVI secolo il rito liturgico greco-bizantino.

Pedalare nelle stradine strette e ripide del borgo è un tuffo nella storia, l’assetto urbano medievale ci consente di percorrere i vicoli su cui si affacciano le abitazioni e i palazzi gentilizi costruiti in pietra, arricchiti da decorazioni e imponenti portali d’ingresso, riportandoci indietro in un passato dall’esclusivo patrimonio storico, dalla toponomastica stradale, all’onomastica dei nomi in doppia lingua, dal Museo della Lingua Greco-Calabra, tempio della lingua grecanica, al Sentiero della Civiltà Contadina, un museo a cielo aperto che si snoda tra i vicoli e permette di osservare strumenti antichi, torchi, mulini ad acqua e altri oggetti appartenenti agli usi contadini dei tempi che furono. Non possiamo lasciare il centro storico senza raggiungere, dopo un’impegnativa salita in piedi sui pedali, la rocca fortificata, il Castello, che domina il Mar Ionio, e la balconata prospiciente, un entusiasmante sipario panoramico dal quale è possibile ammirare un lungo tratto della costa sottostante, per concludere il tour immortalando la Locomotiva, monumento simbolo della moderna cittadina, posto ai piedi del borgo.
Ultimo cenno storico lo dedichiamo all’antico rituale delle Pupazze o Persefoni che si celebra ogni anno durante la processione della Domenica delle Palme.
Di chiara impronta magno-greca e diretta discendenza dalle Tesmoforie Locresi, festività riservate alle sole donne Locresi e dedicate a Demetra e Persefone, rappresentano delle figure antropomorfe femminilirealizzate con foglie di ulivo intrecciate (gli stecchi in dialetto) applicate sulle stiddhe, cioè supporti di canne selvatiche, decorate con nastri colorati, merletti, rami di mimosa, fiori, olive, fave, bergamotto, mandarini e Musulupe (forme di formaggio realizzate con stampi a figura antropomorfa), che vengono portate in processione lungo le vie del borgo per poi essere smembrate in piccoli pezzi e distribuite ai fedeli che le conserveranno fino all’anno successivo per impiegarle a scopi devozionali e anche propiziatori.
Il percorso in salita ai Piani di Bova segue in parte quello che rimane della mulattiera che saliva sino a Monte Grosso per poi diramarsi per Casalinuovo o Africo-Roghudi.
Si pedala in costante salita parallelamente alla strada asfaltata, con punte di dislivello importanti e con il sole ormai alto che appesantisce il ritmo della pedalata, ma il sentiero offre ampie e compensative vedute sulla valle dell’Amendolea.
Nei pressi della caserma del Corpo Forestale, presso il campo sportivo, alcuni tabelloni toponomastici indicano alcuni sentieri; prendiamo la mulattiera sulla destra che ci consente di abbandonare la strada asfaltata, per poi intercettarla in seguito. Alterniamo tratti di sentiero a brevi tratti di strada sino a raggiungere il passo della Zita alla Portella di Bova, un punto panoramico con splendide vedute su Gallicianò e Roccaforte del Greco, seguiamo la traccia GPS fino a incontrare la fontana di Travi, da dove, in basso, scorgiamo il casello forestale di Pecorella, e la vecchia strada asfaltata che portava a Roghudi, seguiamo la vecchia mulattiera e superiamo una baracca adibita all’antincendio, salendo lungo il costone fino a giungere nei pressi di una vecchia casa colonica.
Il sentiero prosegue in una fitta pineta, parallelamente ai margini dei piani, arriviamo quindi alle spalle della Chiesa di San Leo e, lasciato il viottolo, eccoci nei pressi di uno dei tanti punti panoramici che abbracciano la Fiumara Amendolea, la più imponente dell’Aspromonte fino a spaziare sul mare e sull’Etna, passiamo sotto i resti di un grande casolare in cemento da dove è ormai ben visibile Monte Grosso, poche centinaia di metri e incrociamo un altro suggestivo affaccio su Roccaforte e la Frana Colella, considerata la più imponente d’Europa.
Procedendo sulla vecchia mulattiera che taglia il costone di Monte Grosso, il panorama diventa sempre più affascinante, si godono ampie vedute su Monte Cavallo, Ghorio di Roghudi e i pianori di Pesdavoli, il sentiero procede sul fondo pietroso e sdrucciolevole, da affrontare con attenzione, seguendo una pista forestale che dopo un centinaio di metri incrocia a sua volta il Sentiero del Cammino della Fede e, attraverso un lungo viale di pini, raggiunge il Casello Afor di San Salvatore (1.207 metri sul livello del mare), un antico avamposto militare che presidiava il territorio locrese, contrapponendosi a quello Reggino rinvenuto sul dirimpettaio Monte Grosso.
Finalmente ormai in quota, entriamo nella fresca pineta del casello di San Salvatore, concedendoci una sosta rigeneratrice nel piccolo locale con caminetto a vista, comodo rifugio per gli amanti di questa montagna, completando pertanto il primo tratto del nostro percorso che si è sovrapposto, in alcuni segmenti, a un ben più antico tracciato che nel passato ha visto transitare pellegrini, pastori e commercianti che, dalla montagna, scendevano a Bova e viceversa, attraversando l’altipiano dei Campi di Bova. Concluderemo il giro nel prossimo appuntamento.

Redazione

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