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Attualità

Fulvio Accurso non è il vero “cattivo” del processo “Xenia”

Pensieri, parole, opere… e opinioni

All’inizio dello scorso mese ho incassato con molto piacere i complimenti di una collega per il lavoro che il nostro giornale sta svolgendo. La mia costante ricerca della perfettibilità ha reso naturale rispondere, senza nemmeno rifletterci, che la ringraziavo, ma anche che siamo ancora deboli sull’opinione. Da quella frase a realizzare che quel compito, fino a oggi assolto in maniera brillante, eppure estemporanea, dal nostro Oὐδείς, spettasse proprio a me in qualità di direttore, il passo è stato breve. Nasce così Pensieri, parole, opere… e opinioni, una nuova rubrica, il cui titolo è un ovvio riferimento al Confiteor, che si pone l’obiettivo, ogni lunedì, di analizzare il fatto della settimana cercando di farvelo osservare da un punto di vista differente.
Naturalmente, il fatto di questa settimana è la discussa sentenza che ha condannato in primo grado l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi di reclusione. Sull’argomento si sono già spesi fiumi di parole, ma quello che ci ha lasciati sorpresi è il trattamento che tanta stampa ha riservato al giudice Fulvio Accurso. Che la vivisezione della storia personale e professionale del Presidente del Tribunale di Locri sarebbe stata al centro delle cronache dei giorni successivi alla sentenza a noi era apparso chiaro già vedendo il picco di visualizzazioni di un articolo con il quale raccontavamo il modo travagliato in cui Accurso aveva ottenuto la presidenza del Tribunale di Locri, risalente all’inizio della nostre esperienza editoriale.
È inutile girarci intorno, alla lettura del dispositivo siamo stati i primi a sobbalzare, tanto più che, prima dell’ingresso dei giudici, quasi tutti i giornalisti presenti in aula erano ragionevolmente convinti di assistere a un’assoluzione a metà (o condanna a metà, a seconda se si voleva vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto), proprio in virtù della natura del processo, che già con una condanna di 4 anni avrebbe creato un marasma mediatico importante. Quello che noi, tuttavia, sapevamo, era che Accurso è ben lungi dall’essere il gerarca politicamente schierato che molti hanno cercato di dipingere, ma si è sempre distinto per il suo equilibrio e la sua qualità professionale, che hanno acuito le sue capacità aggregative e accresciuto la stima che nutrono nei suoi confronti gli operatori del tribunale, concordi nel sottolineare il clima di serenità vissuto dalla data del suo insediamento. Ciò non vuol dire che Accurso non eserciti il pugno di ferro nei confronti di chi si macchia di reati reiterati nel tempo e sommati ad altri illeciti.
Se c’è una cosa che abbiamo imparato all’esito di questa vicenda è che la giustizia commina le pene con progressione matematica e chi afferma che “per un omicidio avrebbero dato meno anni di carcere” volendo lasciare intendere che la sentenza di Xenia sarebbe stata pronunciata da un semplice cittadino con ragioni di astio personale nei confronti di Lucano sta furbescamente omettendo che la condanna richiesta servirebbe a scontare l’associazione per delinquere e la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, che ricomprendono ben 16 dei 22 reati di cui Lucano è accusato. Ci sembra pertanto a dir poco fantasiosa la ricostruzione secondo la quale Accurso avrebbe lottato con le unghie e con i denti per ottenere il posto di Presidente del Tribunale di Locri solo per condannare in maniera esemplare Mimmo Lucano e, oltre che fantasiosa, anzi, ci sembra pericolosa, perché assume la forma di un “dagli all’untore” che ci distrae dal vero problema.
Questo processo ha dimostrato il fallimento dello Stato nell’attuazione del protocollo di accoglienza dei migranti su tutti i fronti. Mimmo Lucano è stato l’autore di un modello unico al mondo, perché è riuscito a tappare delle falle enormi adottando soluzione anticonvenzionali. Il problema è che all’anticonvenzionalità, l’inchiesta lo dimostra, coincideva talvolta un’illegalità di cui lui stesso ha cominciato a essere consapevole troppo tardi e quando, ormai in ballo (e mal consigliato) non gli restava che ballare.
Altro elemento che si sta strumentalmente ignorando è che la sentenza che è stata pronunciata il 30 settembre è, come abbiamo scritto più volte, una sentenza di primo grado, nei confronti della quale, com’è giusto che sia, la difesa presenterà un appello la cui natura potrà essere un primo segnale di quanto effettivamente si ritenga eccessiva la richiesta di Accurso. Il nostro timore, e qui sta il vero dramma umano di questa vicenda, è che per allora Mimmo Lucano sarà stato abbandonato, in primis da coloro che oggi fanno gli indignati da tastiera e puntano il dito contro il “cattivo” Fulvio Accurso. Noi temiamo, invece, che i veri cattivi di questa vicenda siano proprio coloro che, dopo aver illuso Lucano di credere nel suo stesso ideale, dopo avergli detto con orgoglio “armamundi… e parti” e aver politicizzato il suo processo per lavarsi la coscienza e giustificare la loro impossibilità di agire, lo getteranno nel dimenticatoio ricordando il sindaco di Riace che finì sulla copertina di Forbes come un personaggio del folklore popolare di cui parlare ai propri nipoti per convincerli che in questa terra le idee ci sono, ma la magistratura le ha sempre schiacciate come sotto il peggiore regime.
E tutto questo, più ancora che gli anni di carcere, Lucano non lo merita…

Foto: repubblica.it

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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2 Comments

    1. Ne prendiamo atto. Immaginiamo, comunque, che questo giudizio arrivi dopo aver letto il dispositivo e conoscendo con precisione tutte le motivazioni della sentenza, giusto?

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