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La Valle Bizantina: la montagna sacra dell’Eremo di Monte Stella

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXXVI

Di Rocco Lombardo

La Locride e la Calabria jonica hanno rappresentato a lungo, nel Medioevo, la periferia di Bisanzio: la fede, la cultura e l’arte bizantine hanno lasciato testimonianze e segni profondi nel nostro territorio.
Nel raccontare i nostri ultimi percorsi in Mountain Bike, ci siamo inerpicati attraverso intriganti itinerari tra storia, arte e natura della Valle Bizantina dello Stilaro, ripercorrendo antichi sentieri in contesti mistici, tra chiese, monasteri, grotte e laure eremitiche, attraverso strapiombi e paesaggi mozzafiato, alla riscoperta dell’anima greco-orientale, tuttora viva e ricca di fascino, che affonda le radici nell’antico monachesimo italo-greco. A ogni pedalata è stato come sempre il territorio a raccontare la nostra storia, e le testimonianze di un passato pieno di miti e leggende che sembrano essersi definitivamente persi nel tempo.
Se la Magna Grecia aveva reso, qualche secolo prima, il nostro territorio la culla della civiltà dominatrice del Mediterraneo, allo stesso modo la Calabria Bizantina, simboleggiando nuovamente un pezzo di Oriente, per oltre 500 anni ha lasciato radicate ed evidenti tracce storico-culturali nella cosiddetta seconda colonizzazione greca, avvenuta a cavallo dei secoli VI e IX (da Giustiniano ai Normanni), plasmando non solo l’aspetto rituale e spirituale, ma anche quello architettonico, artistico, linguistico, paesaggistico e culturale del nostro territorio.
La Locride, tra l’VIII e il XII secolo, divenne quindi una delle principali mete dei monaci greco-ortodossi, costretti a fuggire dall’Impero Romano d’Oriente a causa dell’editto imperiale dell’anno 726 che decretava l’eliminazione delle immagini sacre (iconoclastia). In cinque secoli si popola così di anacoreti ed eremiti in ogni angolo impervio del territorio, considerato (allora come oggi), una sorta di estrema periferia del regno in cui trovare rifugio e protezione. Le vallate dello Stilaro e dell’Allaro, ricoperte da boschi e ricche di sorgenti e di grotte, costituirono il rifugio più adatto in cui vivere come asceti solitari e realizzare l’ideale monastico, divenendo al contempo la culla della cultura bizantina in Calabria, conservando la lingua greca e affermando il cristianesimo di rito bizantino piuttosto che di rito latino.
Il nostro giro nella Valle bizantina prosegue nei territori di Bivongi, Pazzano e Stilo, ovvero lungo il corso del fiume Stilaro, ai piedi del Monte Consolino e del Monte Cocumella, meglio conosciuto come Monte Stella, costeggiando in parte le pendici del Monte Mammicomito. Il vero incanto di queste tappe è il Fiume Stilaro, lo abbiamo apprezzato percorrendolo, in un contesto paesaggistico in cui la natura rigogliosa si mostra in tutta la sua straordinaria bellezza e si rivela capace di trasmettere sensazioni di benessere e tranquillità. La traccia che seguiremo quest’oggi s’inerpica, in parte, sotto una fitta galleria di alberi sino alle Cascate del Marmarico, poste a 800 metri  sul livello del mare, i cui salti d’acqua formano tre laghetti e nelle cui acque ci siamo ripromessi, nel periodo estivo, di concederci un rinfrancante e tonificante bagno, in parte riprendendo il sentiero dai Bagni di Guida a ritroso e in salita fino ai Piani di Doma, ridiscendendo l’adrenalinica strada asfaltata fino alle porte di Bivongi.
Il freddo è pungente, la discesa acuisce ancor più la sensazione di gelo su mani, piedi e viso. Arrivati nei pressi degli impianti sportivi, imbocchiamo la Strada Provinciale 95 che, in salita, ci accompagna alle porte del borgo di Pazzano, le cui origini urbane risalgono molto probabilmente all’epoca dei Romani, che ivi avevano insediato una colonia penale sfruttando i condannati nelle miniere del territorio. Nacque quindi come villaggio minerario, attività che ne ha sempre caratterizzato la storia, dalle testimonianze magno-greche fino a raggiungere il culmine nell’ottocento quando, sotto i Borbone, divenne il centro d’estrazione più importante di tutto il Meridione.
Villaggio normanno prima e Casale minerario di Stilo in seguito, il centro storico si caratterizza dall’espressiva stratificazione scenografia delle case accatastate l’una all’altra e comunicanti tramite piccole stradine e scoscese scale esterne. Ci inoltriamo quindi curiosi e affascinati nei vicoli stretti, nella tranquilla e silenziosa atmosfera della domenica mattina che avvolge l’intero borgo, destato solo dai rintocchi del campanile, di chiara impronta bizantina, che richiama i fedeli alla liturgia domenicale. Superata la piazza del paese, veniamo subito catturati dall’imponenza della Fontana Vecchia dei Minatori, risalente al XVIII secolo, e sorta per dissetare i minatori che tornavano dal lavoro, divenendo così il simbolo di Pazzano, dove ovviamente ci concediamo una sosta obbligata e salutare per una freschissima bevuta rigenerante!
La fontana sarà il punto di partenza per scalare la montagna sacra  in cui sorge l’Eremo di Monte Stella. Originano infatti da essa due percorsi alternativi, percorrendo la Strada Statale 110, fino a raggiungere il bivio che porta al Santuario, sulle pendici del Monte Stella, oppure risalire, a piedi, per una caratteristica ripida stradina di montagna che si inerpica lungo il fianco del Monte Cocumella. Optiamo ovviamente per la prima, che sale subito decisamente di dislivello dopo i primi tornanti. Il ghiaccio è ancora presente sui bordi della carreggiata, il sole è ormai alle spalle, e solo in pochi e sparuti tratti aperti ci accompagnerà ancora nella freddissima salita esposta a nord. Alcuni cartelli toponomastici ci rammentano la presenza di numerose miniere, ormai dismesse, lungo i cinque chilometri di salita fino a raggiungere un bivio che a sinistra porta al mulino idraulico Vrisi.


Edil Merici

Costeggiata la parete rocciosa della montagna, ci concediamo una brevissima sosta dopo aver valicato la spianata che porta in vetta, sia per rifiatare, sia, soprattutto, per goderci la skyline imbiancata delle Serre, un contrasto di colori che diventa prorompente non appena la fitta alberatura si dirada, lasciando spazio alle guglie granitiche imponenti e maestose che dominano l’intera vallata. Foto e filmati di rito incuriositi da un rifugio, approntato probabilmente da pastori con materiali di fortuna, essenziale ma molto funzionale, che ci consente di ripararci dal vento gelido, prima di scendere a mezza costa fin nei pressi dell’area picnic e del parcheggio, posta a monte del Convento. Un ulteriore appendice con tanto di staccionata in legno ci accompagna fino alle porte del monastero, scorgendo alle nostre spalle il Monte Consolino e permettendoci di godere di un impareggiabile veduta sulla vallata e sulla costa soleggiata.
La cornice naturalistica e panoramica nella quale è ubicato il complesso monastico è quanto mai suggestiva ed emozionante, non si può restare indifferenti al cospetto di tanta bellezza. Il santuario sorge nei pressi di una profonda caverna naturale nelle viscere della montagna, ove per secoli gli eremiti vissero in contemplazione, in preghiera e in solitudine. Lasciate le bici nei pressi della cancellata che delimita l’intero romitorio, un modernissimo impianto di apertura elettrica a gettoni (una commistione tra antico e moderno davvero rimarchevole!) ci apre le porte dello scenografico accesso alla grotta, attraverso numerosi gradini ricavati nella roccia.
Da fonti storiografiche apprendiamo che il sito fu interessato dalla presenza monastica italo-greca antecedentemente all’anno 1000 e alle persecuzioni arabe. Alcuni affreschi rinvenuti nella grotta, infatti, attesterebbero la presenza di eremiti fin dall’VIII secolo. Durante il periodo normanno, l’eremo di Santa Maria della Stella diventa un monastero minore per poi, intorno al 1500, essere consacrato come santuario e, pertanto, romitorio di monaci greci che seguivano il culto ortodosso e, successivamente, eremo della Chiesa bizantina, diventa così santuario della Chiesa Cattolica; con lo stanziamento di una congregazione monastica basiliana, si sostituì al culto dell’icona bizantina quello della statua della Madonna della Stella o Madonna della Scala, una stupenda scultura in marmo bianco che scorgiamo in una teca in fondo alla grotta, e la cui opera, tra contrastanti tesi, si ricondurrebbe ad Antonello Gaggini, già apprezzato qualche settimana addietro nel percorso di Pietrapennata, con la statua della Madonna dell’Alìca. I basiliani, quindi, abbandonarono definitivamente l’eremo nel 1670, anche se rimase collegato all’ordine di San Basilio fino al 1946.
Con il passaggio da eremo bizantino a chiesa cattolica vennero però coperte e deturpate le opere pre-esistenti, come dimostrato da alcune recenti ricerche che hanno riportato alla luce bellissimi affreschi. La grotta si presenta scenograficamente ricca di stalattiti e guglie, sulle pareti distinguiamo nettamente scritte e disegni, tra tutti ci colpisce un affresco, parzialmente protetto da un pannello di plexiglas, ritenuto la più antica opera bizantina in Italia, raffigurante Santa Maria Egiziaca che riceve l’eucarestia dal monaco Zosimo, da cui la tesi che sia stato praticato, per un certo periodo, anche una forma di eremitismo femminile. Percorriamo, suggestionati da tanta meraviglia, altri gradini che collegano, attraverso un cunicolo, un’altra grotta inferiore, più aperta e luminosa, da cui si ha accesso all’esterno, per risalire quindi al convento attraverso un percorso disseminato da piante grasse e ombreggiato da cipressi e nelle cui pertinenze è stato edificato, non moltissimi anni fa, un ostello, tristemente abbandonato, destinato ai pellegrini e ai visitatori che avessero voluto trattenersi.
Non possiamo non menzionare una delle tante leggende che si tramandano da secoli attorno alla Madonna di Monte Stella. Si racconta infatti che, durante il periodo delle persecuzioni iconoclaste, una nave nella quale era imbarcata la statua della Madonna proveniente dalla Grecia, percorrendo il tratto di mare antistante il monte, inspiegabilmente si fermò e da essa partì una luce rivolta verso la spelonca. A testimoniare ciò furono alcuni pastori, che assistettero allo strano fenomeno, con la Madonna che si animò e divenne umana, abbandonò il vascello e si diresse lungo l’antico monte sopra un bue. Giunta quasi sulla vetta venne colta da una sete soffocante e, tramite il suo sguardo, fece sgorgare dalla dura roccia uno zampillo d’acqua, da cui iniziò a scorrere acqua in due giare che miracolosamente non si riempivano mai. Da allora all’acqua e alla Madonna furono attribuiti poteri taumaturgici.
«Cci jru l’occhi ‘nta na timpa nuda, miraculu cumparsa na funtana».Da questo estratto popolare traspare tutta la spiritualità bizantina: la sorgente era infatti una presenza essenziale per la sopravvivenza di chi, fuggendo dal mondo, decideva di dedicarsi alla solitudine e alla preghiera, e il paesaggio incontaminato aspro e selvaggio del Monte Cocumella molto si avvicinava alle sacre montagne orientali, da cui provenivano gli eremiti greco-ortodossi. Costeggiando il crinale sterrato e pietroso del monte, riprendiamo il nostro giro, che per un sentiero impervio e accidentato ci permetterà di scenderlo dal lato opposto circumnavigandolo, fino a lambire, nell’ultimo tratto, un’altra mitica e misteriosa montagna, il Monte Mammicomito, a cui dedicheremo in futuro un apposito itinerario, limitandoci oggi solo ad un fugace attraversamento, per poi ricollegarci alla strada che ci permetterà di completare la tappa ad anello nella valle bizantina, con la conclusiva salita al Monte Consolino alla scoperta del Castello normanno di Stilo che ivi sorge.
Un ringraziamento particolare al compagno di avventura Giuseppe Piccolo, con cui vi diamo appuntamento alla prossima settimana!

Redazione

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