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Costume e SocietàLetteratura

La votazione a maggioranza

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri LXIX

Di Giuseppe Pellegrino

Hieron capì le intenzioni del suo generale e si avvicinò alla gente locrese con passo lento, che sembrò più minaccioso. Scelse però di sua iniziativa due donne giovani e un ragazzo, guadagnandosi subito una rampogna.«Tre uomini, Hieron, e tutti anziani» comandò Barca.Il Brettio eseguì a malincuore, la sua sete di vendetta meglio si leniva con donne e bambini.Tre uomini negli anni, ma ancora capaci di lavorare, furono portati sotto le mura e subito il Barca gridò:«Dimostra ai Locresi la tua abilità, Hieron.»
Hieron mise i tre uomini, inebetiti e incapaci di qualsiasi ragionamento, uno accanto all’altro, con la faccia rivolta verso le mura. Poi si avvicinò al suo cavallo, che era posto dietro, sulla cui sella era legato un fodero con una lunga ed enorme spada. Egli al cinto ne aveva una corta alla maniera degli Iberici e questa non era adatta per quello che voleva fare e, nelle mani, una lancia. Conficcò per terra la lancia e sfilò la spada dal fodero legato alla sella con un ghigno, che era un sorriso di compiacimento. Poi fece scivolare con la mano destra la lama tra l’indice e il pollice della sinistra, come per saggiarne il filo. Rapidamente e silenziosamente si avvicinò alle spalle dei tre. Senza aspettare altro ordine, all’improvviso, tirò un fendente unico e potente. Tre teste caddero insieme, senza che nessuna delle vittime si rendesse conto dell’imminenza della fine.E questo fu un atto di pietà non voluto. Nessuno dei locresi vide la morte. Sentirono appena un forte dolore all’inizio, preceduto da un sibilo di vento che subito cessò.Il ghigno del Brettio diventò di soddisfazione solo quando cominciò a saziare la sete di vendetta con l’avvicinare alla bocca la lama della spada sulla quale scorrevano rivoli di sangue, che succhiò in modo ingordo.Dalle mura insuperabili di Locri, sguardi di raccapriccio e di sdegno per questi barbari.Nessuno di loro si ricordava della sorte riservata dai locresi alla famiglia di Dionisio il giovane. Sotto le mura di Locri, allo sposo e al padre che invocavano la compagna di desco e i figli, dall’alto arrivò solo la cenere delle ossa e delle carni, di gente prima violentata, martoriata e bruciata, accompagnata da un grido di scherno:«Raccogli la tua famiglia, se ci riesci, e portatela con te.»
Ora i discendenti di tale genìa stimavano l’azione del Brettio degna solo di un barbaro. Amilcare Barca, riprese a parlare a voce alta:«Entro l’ora sesta voglio la risposta. All’ora settima la metà di questi locresi subirà la stessa sorte.»
I locresi restarono di gelo. Ma la paura aumentò a dismisura quando sulla vicina collina apparvero le insegne del comandante supremo. Poenus apparuit. Il punico apparve. Annibale era alle porte di Locri. Anteo non aveva più bisogno di altro. Egli odiava i romani, che si limitavano a fare affari solo con gli àristoi e l’odiato Antipatro, chiusi nelle due fortezze, dalle quali non uscivano mai. Ora, sperava in qualche modo in una loro cacciata. L’occasione era favorevole. Che speranza c’era di resistere, se anche il punico aveva ritenuto Locri preda essenziale? I sei manipoli di soldati romani chiusi nelle due imprendibili fortezze di Mannella e Castellace avrebbero potuto resistere, riparati dalle mura spesse ed alte, al sicuro da un lungo assedio, tramutando le fortezze in un carcere, fino a quando queste non sarebbero diventate le loro tombe. Ma nessuna speranza vi era di resistere. Hannibal ad portas, ma presto sarebbe stato dentro le mura della pòlis fino a diventarne il padrone.Anche Amilcare Barca restò incantato dal fascino di Annibale che, alla testa dei suoi uomini e tra le sue insegne, marciava verso le mura. Per un attimo si era dimenticato che aveva intimato ad Anteo la risposta, e perciò con voce ancor più alterata gridò:«Entro l’ora sesta, voglio la risposta. All’ora settima la metà di questi Locresi subirà la stessa sorte.»
«Entro l’ora sesta ti farò sapere», rispose Anteo, e scappò.

Qui finisce la parte romanzata, che è una sceneggiatura fedele di quanto narra Livio, a eccezione dell’episodio di Hieron, che è di invenzione, ma ipotizzabile sia successo.
La Dàmos votò a maggioranza. È sempre Livio a dirlo indirettamente, allorché ci informa che a votare per l’entrata di Annibale a Locri fu il ceto popolare, mentre gli àristoi votarono contro per essere fedeli al patto di alleanza con Roma.
Ergo, la votazione avvenne a maggioranza semplice.
Ancora.
Dall’insieme delle letture degli storici antichi, si evince che nelle due fortezze locresi non dovevano esserci più di due-tremila soldati. Equivalente, al numero dei votanti. Si può arguire che non vi era un numero minimo per la validità della Assemblea, al contrario dell’Assemblea in Atene in cui era prevista la presenza di non meno di seimila votanti.

Foto: blogspot.com


Edil Merici

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