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Salvatore Barbagallo: l’urgenza del ritorno e il senso dell’arte


Edil Merici

Di Domenico Stranieri – Sindaco di Sant’agata del Bianco

Il 20 aprile 2022 un uomo chiude una busta con dentro dei pezzi della sua vita e la spedisce al Comune di Sant’Agata del Bianco. Arriva a destinazione dopo alcuni giorni. Nella stanza dell’area amministrativa nessuno la apre. Appena entro in Comune mi consegnano la busta. La prendo tra le mani distrattamente, faccio una battuta stupida («Non è che si tratta di un pacco bomba?») e vado via. Salgo al secondo piano, sono da solo, leggo nome e cognome del mittente. Il cognome è tipico di Sant’Agata del Bianco, Barbagallo. Ricordo che un Barbagallo (Giuseppe, nato a Sant’Agata nel 1932) ha scritto anche dei libri di poesia (Canto della vendetta e Dolce è il canto dell’eterno amore) e prosa (11º Comandamento: sfuggire ai cannibali).
Ma il Barbagallo in questione si chiama Salvatore, ed è un musicista. Nella busta, infatti, trovo vecchi dischi originali, Compact Disc, foto, articoli di vari giornali, riviste… tutte cose che riportano a stagioni passate che serrano il cuore e lo rapiscono.
Scorgo anche una lettera:

Gentile Signor Sindaco,
Le invio la mia documentazione relativa all’attività artistica nell’ambito della musica e della discografia europea. Il mio lavoro, in contemporanea con lo studio della musica e del canto, ebbe inizio nel 1961, quando avevo solo 15 anni, a Milano, dove mi sono trasferito con la mia famiglia. Sono dunque lieto di inviarle quanto in oggetto alla luce dell’interesse che sta dimostrando per il settore della cultura nel nostro paese. Nella speranza di fare cosa gradita, qualora fosse di interesse suo e dell’Amministrazione, credo possa essere una buona idea inserire quanto inviatole nel circolo del web della cultura di Sant’Agata. Nel ringraziarla per la cortese attenzione, le porgo i miei migliori saluti.

Quando parla di sé, Salvatore Barbagallo precisa il suo nome d’arte, Mauro Giordani. E in effetti la busta contiene un disco del 1977 dal titolo In due cantata, appunto, da Mauro Giordani. La canzone si trova anche su YouTube e fu presentata al Cantagiro da Ezio Radaelli e registrata su etichetta RCA. Ci sono, poi, altri dischi, tra cui Mexico, scritto sempre da Mauro Giordani e inciso in inglese, tedesco, spagnolo e francese. In Francia, con il titolo 28° à l’ombre, il successo è stato talmente grande che la canzone è rimasta nelle classifiche per ben sei anni. In mezzo a tanto materiale noto pure un CD di Adriano Celentano, La pubblica ottusità. Lo apro e leggo che la musica della canzone L’ultimo gigante (che è diventata nel 1987 la sigla di Fantastico 8, su Rai 1) ha il testo di Adriano Celentano e la musica di Salvatore Barbagallo.
Sono tante le esperienze artistiche di questo musicista nato a Sant’Agata del Bianco, in Calabria, nel 1946 ed emigrato, come tanti calabresi, nel 1959 in Lombardia.
Dopo la collaborazione con Celentano, Salvatore Barbagallo prova un grande vuoto interiore (che rivela pure in alcune interviste). Decide di abbandonare lo spettacolo e compone solo per scopi umanitari. È promotore e direttore artistico dell’Associazione Syntonia, attiva nella lotta alla leucemia e alla talassemia infantili.
Mentre sfoglio i tanti articoli che mi sono stati spediti, trovo delle vecchie foto, alcune scattate a Sant’Agata del Bianco. Sono delle immagini che possiedono l’eternità fugace del sogno, come quella in cui Salvatore è in campagna con la sua classe e il maestro Carlo Galletta (la prima persona che lo ha esortato a cantare) o quella in cui, ormai adulto, torna per un giorno in paese per salutare l’amico Carlo Rossi (colui che d’estate portava la luce del cinema a Sant’Agata).
Guardando quei volti ho pensato che, ovunque ci troviamo, andremo sempre a cercare in un angolo dell’anima il mistero delle nostre origini, i vividi colori della nostra terra. Forse perché non riusciremo mai a fuggire da certi paesaggi dove la memoria ci rimanda sempre, senza chiederci il permesso. Per questo Salvatore Barbagallo ha sentito l’urgenza di un ritorno, per raccontarsi attraverso i suoi dischi e la sua storia. La busta che era arrivata in Comune e che, all’inizio, avevo afferrato senza troppa attenzione, conteneva un mondo e io, senza sospettarlo, avevo un compito da assolvere: quello di scrivere di un uomo generosamente impegnato a dare un senso alla sua arte, con un’intelligenza indipendente, a viso aperto che, da tempo, sente il bisogno di regalare ai bambini più deboli una speranza, una musica che allenta il dolore.


“Birra”

Originariamente pubblicato su Scritti Stranieri

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