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Costume e SocietàLetteratura

Le fattispecie dell’articolo 40 del D.Lgs. nº 504/1995

Breve storia giuridica dei reati in materia di accise


Edil Merici

Di Agostino Giovinazzo

Si ritiene ora utile analizzare più nel dettaglio ciascuna delle fattispecie contemplate dall’articolo 40, comma 1 del Decreto Legislativo nº 504 del 26 ottobre 1995.
La prima di queste – art. 40, c. 1, lettera a) – è rappresentata dalla fabbricazione o raffinazione clandestina di prodotti energetici soggetti ad accisa.
In merito, può subito dirsi che la presenza del termine “clandestinamente” consente di escludere dalle condotte penalmente rilevanti tutte le fattispecie in cui il prodotto energetico sottratto all’accertamento o al pagamento dell’accisa è ottenuto in impianti regolarmente denunciati.
In questi casi le fattispecie di evasione del tributo dovranno essere qualificate come sottrazione di prodotto all’accertamento a norma del c. 1, lett. b) del citato art. 40.
Ciò ha un diretto riflesso sul piano sanzionatorio, atteso che la determinazione della multa, nell’ipotesi di raffinazione clandestina, è commisurata non solo con il tributo evaso, bensì anche con riferimento ai prodotti che si sarebbero potuti ottenere dalle materie prime oggetto di reato, a prescindere dal fatto che le stesse siano state o meno immesse in lavorazione (art. 40, c. 2).
Vi è poi da rilevare che la norma utilizza indistintamente sia il termine fabbricazione che raffinazione nel delineare il perimetro della condotta punibile; risulta così evidente la volontà del Legislatore di non tralasciare nessuna ipotesi penalmente rilevante che comporti la mancata escussione dell’accisa da parte dell’Erario, colmando così ogni eventuale e possibile lacuna interpretativa che si potrebbe presentare con riferimento all’esatta individuazione dell’atto della produzione (che, come visto in precedenza, rappresenta il momento in cui nasce l’obbligazione tributaria).
Infine, è il caso di chiarire che non deve considerarsi clandestina la fabbricazione o raffinazione di prodotti energetici che avvenga al di fuori dei tempi di lavorazione dichiarati nella comunicazione di lavoro e sempre che questa sia stata comunque pianificata.
Ai sensi del c. 3, secondo inciso, dell’art. 40, tale condotta si potrebbe, infatti, configurare come mero tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento, salvo venga offerta prova contraria che non vi sia stata alcuna volontà evasiva da parte dell’agente.
La seconda condotta – art. 40, c. 1, lett. b) – punisce chi “sottrae, con qualsiasi, mezzo i prodotti energetici, compreso il gas naturale, all’accertamento o al pagamento dell’accisa”.
La locuzione “con qualsiasi mezzo” conferisce a tale disposizione una tipica funzione onnicomprensiva di chiusura dell’intera norma, andando a includere così, nelle intenzioni del Legislatore, tutte le condotte residuali non specificamente individuate dal c. 1 del citato art. 40.
Ebbene, come alcuni autori ritengono, per circostanziare meglio la generica definizione di cui alla ricordata lett. b), c. 1 dell’art. 40, potrebbe risultare utile far riferimento ai concetti declinati dalla giurisprudenza in tema di contrabbando doganale che – come visto in precedenza – identificano la lesione dell’interesse erariale, tutelato penalmente, con tutti quelle condotte preordinate, con coscienza e volontà, a sottrarre la merce al pagamento dei diritti di confine dovuti, in aperta lesione del relativo obbligo tributario.
Alla luce di tali principi, la giurisprudenza di legittimità ha dunque elaborato il principio che, per una corretta qualificazione delle condotte penalmente rilevanti, risulti necessaria un’attenta valutazione della condotta dell’agente in relazione alle concrete modalità d’azione. Così la Cassazione, con sentenza nº 36.969 del 15 giugno 2005, è giunta a tale arresto:

Il soggetto attivo del reato di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa fissata per legge sugli oli minerali, compreso il gas metano, può essere chiunque, compreso il consumatore che possegga tale bene senza averne titolo ovvero se ne avvalga per usi diversi da quelli consentiti.

È sicuramente questo il caso in cui il soggetto attivo del reato di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sul gas naturale non è identificato necessariamente nell’obbligato tributario principale tenuto al pagamento – in via diretta – del tributo all’Erario (il quale, a esempio, ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. nº 504/1995, è individuato nel fornitore del gas naturale).
In tale contesto, pertanto, a nulla rileverà sulla commissione del fatto e sulla sua discendente ascrivibilità dello stesso al consumatore finale, l’eventuale errore del fornitore, per non aver usato gli accorgimenti tecnici idonei a differenziare l’erogazione del gas naturale destinato a usi industriali (che scontano una aliquota d’accisa di favore) dal consumo destinato a usi civili (che, invece, hanno un regime impositivo più elevato); come anche sarà in pari misura irrilevante, ai fini dell’integrazione del reato, l’effettiva immissione in consumo o la destinazione al commercio dei prodotti energetici sottratti al pagamento dell’accisa.
La terza ipotesi – art. 40, c. 1, lett. c) – è rappresentata dalla distrazione di prodotti energetici, ammessi a esenzione o ad aliquote agevolate verso usi soggetti a imposta o, comunque, maggiormente tassati.
Tale disposizione, a differenza del previgente art. 23-bis del RDL nº 334/1939 che già sanzionava tali fattispecie, qualifica oggi il concetto di esenzione in modo del tutto generico (senza alcun riferimento ad altri provvedimenti normativi) e specifica che il reato può sussistere tanto nei casi di aliquota ridotta, quanto in quelli di esenzione totale.
Sotto tale peculiare aspetto, appare quindi necessaria qualche precisazione su cosa si intenda per “usi maggiormente tassati”.
Una corretta interpretazione della menzionata locuzione può chiaramente avvenire solo se osservata dal prisma dei principi tributari sulle agevolazioni ed esenzioni, declinati dalla normativa speciale in materia di accise sui prodotti energetici.
Rilevanti sono, infatti, i riflessi sul piano dell’elemento psicologico del reato, nelle ipotesi di errore su legge extra-penale da parte del soggetto agente.
Nel caso di specie, la condotta penalmente rilevante si estrinseca – come visto – nella destinazione a usi maggiormente tassati, ciò significa che l’eventuale erronea convinzione da parte del reo circa l’esistenza o meno di un differente trattamento impositivo potrebbe essere valorizzata ai sensi dell’art. 47, c. 3 del Codice Penale e condurre quindi all’esclusione dalla punibilità.
Quanto, poi, all’accennata condotta penalmente rilevante vi è da rilevare la presenza di due posizioni discordanti circa l’animus con cui questa debba essere realizzata.
Da un lato vi sono, infatti, autori che propendono nel ritenere verificatosi il fatto oggetto dell’incriminazione in tutti i casi in cui sia stata accertata la semplice divergenza tra la destinazione effettiva del prodotto e quella per cui l’esenzione o l’agevolazione è stata concessa, non essendo necessaria la realizzazione di condotte fraudolente, dirette a dissimulare tali utilizzi.
Dall’altro c’è chi, invece, propende nel ritenere indispensabile per la sussistenza della fattispecie penale che la condotta sia posta in essere in maniera fraudolenta, poiché, al contrario, si dovrebbe presumere che il soggetto attivo abbia agito in maniera non cosciente.
Infine, certo è che per il perfezionamento del reato di distrazione di prodotti ammessi a esenzione o ad aliquote agevolate possa delinearsi come irrilevante l’effettivo impiego di tali prodotti in usi maggiormente tassati. Ciò lo si evince facilmente dalla semplice lettura del testo normativo, ove risalta l’utilizzo del termine “destinazione”, il quale porta persino a intravedere – fra le righe – una volontà legislativa orientata a una forma di anticipazione del momento consumativo del reato ed equiparazione del reato consumato al reato tentato.
La quarta condotta – art. 40, c. 1, lett. d) – sanziona le operazioni di miscelazione non autorizzate dalle quali si possano ottenere prodotti soggetti ad accisa superiore a quella rispettivamente assolta sui singoli componenti.
A tal proposito, va precisato come non sia l’operazione di miscelazione a essere unita, ma quella effettuata in mancanza della relativa autorizzazione e quindi sotto la vigilanza dell’Amministrazione doganale.
La tutela penale investe, dunque, tutti quei procedimenti di miscelazione privi dei requisiti autorizzatori che, in quanto tali, renderebbero le suddette operazioni legittime e prive di qualsiasi intento fraudolento da parte del soggetto agente.
La quinta condotta – art. 40, c. 1, lett. e) – inerisce alla rigenerazione di prodotti denaturati per renderne più facile ed elusivo l’impiego in usi soggetti a maggiore accisa.
Tale ipotesi delittuosa si presenta come del tutto simile, quanto a caratteristiche oggettive, a quella descritta dall’art. 40, c. 1, lett. c), con la sola differenza che, nell’ipotesi di illecite rigenerazione di prodotti denaturati, la condotta penalmente rilevante non è quella di mutare la condizione merceologica del prodotto stesso, bensì quella di privare i prodotti energetici di quei caratteri strutturali impressigli all’origine con la denaturazione, ovvero di trasformare il prodotto in altro di genere diverso dall’originario, a scopo, diretto o in diretto, mediato o immediato, di evasione fiscale.
Le restanti fattispecie penali di sottrazione all’accertamento e al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici hanno, infine, a oggetto, da un lato, la detenzione di prodotti energetici denaturati in condizioni diverse da quelle prescritte per l’ammissione al trattamento agevolato (art. 40, c. 1, lett. f) e la detenzione o utilizzazione di prodotti ottenuti da fabbricazioni clandestine o da miscelazioni non autorizzate (art. 40, c. 1, lett. g).
Passando ora ai profili soggettivi del delitto tipizzato nell’art. 40 del D.Lgs. nº 504/1995, può attribuirsi natura di reato comune, dirimente in tal senso è la presenza all’interno della disposizione normativa del termine “chiunque”.
L’elemento psicologico del reato è dato dal dolo generico, essendo sufficiente la mera coscienza e volontà di porre in essere la condotta incriminata e il fine concretamente perseguito dal soggetto agente, che può anche non coincidere con l’evasione dell’accisa gravante sui prodotti energetici.

Foto: cdn.fiscoetasse.com
Tratto da Contrabbando doganale e delitti in materia di accise, edito da Key editore, collana diretta da
Enzo Nobile.


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