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Costume e SocietàLetteratura

Le entrate delle Sacre Prostitute

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri LXXXIX


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

Dalla tabella nº 23 del Tempio di Zeus, Alfonso De Franciscis ha annotato una scrittura contabile alla quale è convinto si possa dare solo la seguente traduzione: “mercede delle sacerdotesse, secondo decreto, 20 talenti”,interpretazione che lo porta a collega la voce alla festa della Sacra Prostituzione.
Due le cose al riguardo. La somma di venti talenti non era una somma da poco, se tutto l’Erario di Atene, intorno al V secolo a.C. si aggirava tra una somma che partiva da 120 talenti fino a quattrocento in epoca più avanzata.
La seconda riguarda la Festa in sé stessa. Secondo De Franciscis detta era ormai desueta e ripristinata per circostanze eccezionali. L’eccezionalità del fatto era quella del tributo imposto da Re Pirro, che doveva aggirarsi sui 600 talenti e la somma sembra essere stata versata per il basileus. Poiché nessun basileus esisteva a Locri, secondo De Franciscis il riferimento non può che essere che Pirro. Sulla datazione della tabella nessuna contestazione, né sulla esistenza di un decreto in favore del Re. Parimenti, si concorda che la tassa fosse stata pagata dalle Sacre Prostitute.
In questa sede è bene ribadire che la festa non decadde mai, ma nel tempo si trasformò. Dal rito della prostituzione della prima figlia in ossequio alla riparazione dell’oltraggio che Aiace Oileo fece a Cassandra, si passò nel tempo a una forma fissa per la quale quella delle sacerdotesse era una scelta libera, se non della donna, della famiglia, e il rito in sé non rappresentava un fatto volgare, ma semplicemente era il rito dell’iniziazione sessuale maschile, che in tempi non molto lontani avveniva con il portare i figli (o per loro stessa scelta) nei postriboli. Il rapporto uomo-donna era una sorta di Ierudolia che può essere spiegata con le parole di Niccolò Tommaseo:

Le prostitute, nei templi pagani, meretrici non erano; e si credevano di far opera meritoria.

E Pindaro, da parte sua, si limitava a evidenziare che era solo la natura nella sua esplicazione di istinto di piacere e di maternità, oltre che di necessità di riprodursi, e salutava le Sacre Prostitute:

E voi fanciulle ospitali, ancelle di Peito di Corinto Opulenta, che accendete per lei le bionde lacrime d’incenso, sovente memori della Madre degli Dei d’Amore, della celeste Afrodite! Ella fa si che innocenti dormiate sui grati cuscini il frutto della vostra tenera giovinezza. Che sempre è buono ciò che vuol necessità.

Perché la Sacra Prostituzione non si celebrava solo a Locri, ma anche a Corinto e a Erice per la Grecia. Qualche studioso ricorda anche Crotone, Rossano, Vaglio e Corfinio. Era una pratica prestigiosa, con la quale le fanciulle partecipavano all’Eros del Cosmo che tutto crea. La prova stava nel fatto che i proventi venivano dati, a Locri, al Santuario di Zeus, e utilizzati nell’interesse della polis. Nessun meretricio, solo un atto di sacralità.
Queste sono le informazioni che occorre trasformare in conoscenza chiarendo sia l’origine della festa, sia la pratica rappresentazione a Locri Epizephiri.
Il rito della prostituzione sacra abbraccia molti popoli del Mediterraneo. Poiché Afrodite è in continuo divenire da una religione all’altra, dagli Assiri, ai Babilonesi, ai Greci, ai Romani: è segno di un viaggio che ha toccato molte culture, trasformandosi e plasmandosi sulle credenze e sulla storia di ogni popolo antico. A Locri il rito non era solo di Afrodite, ma soprattutto di Persefone, la Dea della Fertilità.Quella della Sacra Prostituta era una carica di rilievo, e per nulla svilente, praticata da donne consacrate, esercitata all’interno di un santuario, e come una vera e propria forma di prostituzione esigeva un pagamento in denaro (che di norma era lasciato alla libera volontà dell’uomo) che finiva nel tesoro della tempio – conservato dalle ierodule o sacerdotesse. A Locri i proventi venivano versati al Tempio di Zeus; quindi, in concreto, all’Erario. Il termine ierodulia si riferisce proprio allo scopo sacrale dell’esercizio e indica il legame con Afrodite attraverso l’atto sessuale.A Locri vi era un luogo predisposto, che era la Stoà a U,che si trovava fuori dalla mura della polis. La ragione stava nel divieto delle leggi zaleuchiana di prostituirsi all’interno della mura della città. Ciò valeva anche per la pratica religiosa. La controprova era che allorché le mura della pòlis si sono allargate e il tempio di Afrodite doveva essere inglobato all’interno delle stesse, in quel punto venne fatta una sorta di spada che lasciava sempre il Tempio fuori di esse.La pratica è attestata in vari santuari sparsi tra le rive del Mediterraneo (Cipro, Corinto, Libano, Persepoli, Erice), ma anche tra i Fenici.
Ierudolia è una parola composta dalle parole greche che indicano il tempio o il luogo sacro e servitù o dipendenza/schiavitù, ossia si era serva di Afrodite (nel tempio), non diversamentedalle Monache Serve di Dio (ed era la condizione di dipendenza da un’istituzione templare).
Sembra che a Cipro, una donna, prima di sposarsi, dovesse prostituirsi e i proventi dell’atto venissero dati al tempio della Dea Venere-Astarte. A Corinto, Strabone contava Mille Sacre Prostitute e anche a Cipro ci rammenta che in ogni tempio della Dea vi era l’uso della Sacra Prostituzione.
Erodoto dà notizie per Babilonia, dove regnava l’uso, per una donna, che almeno una volta nella vita si dovesse recare al Tempio di Venere per giacere con uno straniero che l’avesse richiesta. Prima dell’amplesso, l’uomo gettava una moneta d’argento, secondo l’uso. Ma invero la somma era poco importante, perché era a discrezione o secondo le possibilità dell’uomo.
Le sacerdotesse, in genere, dovevano vestire con una cintura di corda, che era il simbolo della costrizione. L’uomo la tirava per la corda e la portava nei boschi viciniori e doveva in ogni modo rompere il laccio. Che significava la liberazione della Donna dalla costrizione della verginità.
Di ciò non vi è traccia a Locri, perché era un rito di espiazione di una colpa e non di liberazione della Donna, che aveva il diritto di dare il patronimico ai figli.
I proventi erano sacri e inviolabili, tanto che Eliano racconta del libico Amilcare finì impiccato per avere spogliato il tempio ericino.
Anche a Roma vi era l’uso della Sacra Prostituzione e ciò fino al tempo di Cicerone, che narra della presenza delle Ierudole nel tempio di Venere Ericina, e si è nel 70 a.C.
A Cartagine vi era il Tempio di Astarte, equivalente di quello di Venere, e le donne si prostituivano nel tempio stesso. Tuttavia le somme ricavate servivano come dote per il matrimonio.

Foto: blogspot.com


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