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La Calabria Greca: Pentedattilo

Locride… e dintorni in Mountain Bike

Di Rocco Lombardo

Pentedàttilo è un esperienza spirituale tra ciò che esiste, ciò che raccontano, e ciò che immagini di incontrare.

La passione per la Mountain Bike ci consente di percorrere a stretto contatto con la natura antichi tracciati che hanno costituito per secoli le vie di comunicazione del nostro territorio, la magia di un paesaggio a tratti incontaminato disseminato di borghi fantasma incastonati tra mare e montagna, che ancora conservano le tradizioni, la cultura e le testimonianze di un’antica civiltà.
Immerso in un suggestivo scenario paesaggistico, concludiamo oggi il nostro giro alla scoperta di quella parte estrema della calabria greca che si affaccia dall’alto dei suoi costoni collinari sullo Ionio.
Lasciatoci alle spalle il percorso che da Montebello Jonico ci ha condotto fino alla Rocca Cristallo,rimaniamo sulla sterrata che porta alla cresta della Rocca di Santa Lena, e ci addentriamo in uno dei percorsi più suggestivi dell’intero territorio. Si tratta di un adrenalico sentiero a mezza costa, pietroso e sdrucciolevole, il cui imbocco è reso riconoscibile da una delimitazione di paletti in ferro con tanto di catena, parzialmente nascosti dalla brulla vegetazione.
Affrontiamo la discesa con molta prudenza, sia per la forte pendenza, sia per il fondo insidioso, essendoci premurati di aver preventivamente abbassato la pressione delle gomme. Incerti sull’esattezza della traccia da seguire, ci facciamo portare dall’istinto e dai tornanti vorticosi tra alberi di ulivo, vertiginosi passaggi e splendidi scorci tra mare e collina.
Una frana poco a valle ci costringe ad attraversare il greto della fiumara, asciutto e arido, ricoperto da rovi ed erbe infestanti, con le bici in spalla. Senza farci abbattere dall’asperità del tratto, con protervia e resilienza percorriamo alcune centinaia di metri a piedi con il fardello delle MtB al seguito, facendoci largo tra le sterpaglie, fino a riprendere la traccia, finalmente battuta, che ripercorre per un paio di chilometri il greto della Fiumara Annà, con la suggestione dei canyon e di alcuni passaggi tra strette gole scenografiche, aiutati dalla pendenza che agevola il nostro incedere.
La teatrale conformità morfologica del sito ci ricorda molto da vicino le ambientazioni cinematografiche western: la polvere densa che si alza inevitabilmente dal terreno conferisce al quadro la giusta atmosfera. Percorriamo a velocità sostenuta il greto che a valle diventa sempre più ampio e aperto, riconoscendo nettamente la traccia percorribile dal passaggio carrabile dei mezzi di coloro che coltivano gli apezzamenti di terreno insistenti sulle sponde della fiumara.
Alziamo lo sguardo e imponente si erge dinanzi a noi la rocca granitica del borgo di Pentedattilo. Costeggiamo quindi una diramazione in salita e sempre sterrata che dal greto ci conduce fino a incrociare la strada asfaltata. Siamo giunti nel territorio comunale di Melito di Porto Salvo e, volgendo lo sguardo alla nostra sinistra, distinguiamo nuovamente le Rocche di Prastarà e la dorsale lungo la Fiumara Sant’Elia per Montebello percorsa in precedenza. La temperatura è decisamente calda, come il sole ormai a picco sui nostri caschi arroventati. Non ci resta che affrontare i tornanti in salita fino alle porte del borgo.
La fatica inevitabilmente appesantisce la nostra pedalata, che viene ampiamente ripagata dal quadro unico del paesaggio che man mano si offre ai nostri occhi in tutta la sua magica conformazione. Pentedattilo sorge arroccato sulla rupe del Monte Calvario, che ha la forma di una ciclopica mano con cinque dita, da qui infatti il suo nome (dal greco penta e daktylos – cinque dita).
Il paese fantasma per eccellenza del nostro territorio, abbandonato negli anni ‘60 a causa dell’instabilità del terreno e della montagna, è avvolto da un alone di mistero e leggende. la storia di Pentedattilo inizia nel 640 a.C. quando una colonia greca colonizza il paese facendolo diventare un importante centro economico e, sotto il potere dei romani, trasformarsi in un fortino militare per raggiungere facilmente l‘Aspromonte, grazie alla posizione strategica che permetteva il pieno controllo sulla fiumara di Sant’Elia.

Ciò che più cattura l’attenzione è la maestosa rupe che sovrasta le case arroccate, contribuendo a mantenere inalterato il fascino ancestrale di un patrimonio storico da conoscere e tutelare. Nel tempo il borgo ha rivestito una certa importanza anche dal punto di vista politico, economico e religioso grazie alla posizione strategica ai piedi dell’Aspromonte, per perdere inevitabilmente notorietà quando si è iniziato a preferire luoghi più accessibili in prossimità del mare.
Il borgo diffuso da alcuni anni sta vivendo una seconda vita e si sta valorizzando con diverse iniziative socio-culturali; si registrano infatti molti visitatori (una nicchia lontana dal turismo di massa) che hanno contribuito alla rinascita del paese con l’apertura di piccoli negozi e strutture ricettive; molte casette abbandonate da tempo sono state trasformate in botteghe artigiane come quelle del legno, della ceramica o del vetro.
Non possiamo tralasciare una delle leggende che ha contribuito per secoli a conferire al borgo la tipica atmosfera sinistra e spettrale che ne costituisce la peculiare caratteristica, accrescendo il fascino della località: ruota intorno al castello, oggi distrutto, e a quella passata alla storia come la Strage degli Alberti, di cui furono protagonisti i marchesi del borgo e gli Abenavoli, baroni di Montebello Ionico. Il barone Bernardino Abenavoli voleva prendere in moglie Antonietta Alberti, che però era già stata chiesta in sposa e promessa a Don Petrillo Cortes, figlio del viceré di Napoli. La notizia fece scattare un’ira furiosa nel barone che la notte di Pasqua entrò nel castello e si vendicò di tutti gli Alberti tranne dell’amata e del futuro sposo, che prese in ostaggio, costringendo Antonietta a sposarlo. Ma il vicerè Cortes inviò una sua spedizione per vendicarsi e, dopo aver liberato Don Petrillo, fece uccidere gli uomini di Bernardino. Il barone riuscì a fuggire portando con sé Antonietta: lui entrò nell’esercito e lei in un convento di clausura. Si tramanda che nelle notti di forte vento, tra le gole della mano del Diavolo, si sentono ancora le urla di dolore degli Alberti e l’idea che l’enorme mano un giorno si abbatterà sulla popolazione per punirli per la loro sete di sangue.
Percorrere le stradine di Pentedattilo significa tuffarsi in un luogo dimenticato dal tempo, lontano dalla tecnologia e dallo stress quotidiano. Una piacevole sensazione di pace misteriosa avvolge questo piccolo presepe incastonato tra le rocce: le piccole botteghe di artisti locali, la nascita di un albergo diffuso, il recupero della lingua grecanica (idioma tipico di questa terra orale e non scritto di matrice bizantina) costituiscono una rinata consapevolezza di quanto il territorio possa offrire.
Ci concediamo la magica atmosfera pedalando lungo le stradine, fermandoci a fotografare quanti più particolari possibile, dalle case ai ruderi di ciò che in passato ha costituito la vita di un borgo che nel corso del tempo è stato sempre più abbandonato a causa delle frequenti calamità naturali che si sono abbattute nel tempo fino, appunto, all’anno in cui fu intimato ai pochi residenti di sgombrare definitivamente il posto a causa del lento franare del monte.
Arriviamo fino in cima ai ruderi del Castello degli Alberti e ridiscendiamo attraverso l’unica strada che ci riporta sul sagrato della Chiesa di San Pietro e Paolo,passando davanti al Museo delle Tradizioni Popolari
ed al Museo del Bergamotto, concedendoci delle sbirciatine panoramiche tra piccole terrazze e affacci mozzafiato.
Sempre in compagnia del fidato Peppe Piccolo riprendiamo la strada del ritorno, fortunatamente tutta in discesa, dopo aver scambiato impressioni e informazioni con il gestore dell’unico bar presente nel borgo che, offrendoci un dissetante estratto di bergamotto, ci accompagna con la sguardo tra le rampe di accesso al borgo fino allo spiazzo panoramico da cui poter riprendere l’asfalto e concludere il giro ad anello fino al punto di partenza, con la sempre più convinta consapevolezza di appartenere a una terra bellissima!


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