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Costume e SocietàLetteratura

Una visita inaspettata

Наталина - Solo due mesi d’amore


Edil Merici

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare questo capitolo del romanzo letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

A fatica mi feci consegnare le chiavi del suo appartamento che aprii non senza difficoltà, dovendo sostenere con un braccio anche il pesante fardello dell’uomo ubriaco che si rifiutava, oltretutto, di rientrare a casa sua. Lo misi a letto, arieggiai la casa ed uscii per ritornare da Natalina.
Non ero andato per niente in ufficio quel giorno e il cellulare che mi univa alla redazione non aveva smesso di stridere. Il direttore voleva il pezzo da me subito. Anzi, voleva che glielo inviassi via e-mail entro un’ora.
Mi sedetti, dunque, al mio PC e redassi il pezzo infiorandolo a dovere con particolari inesistenti per renderlo più appetibile alla massa dei miei lettori. La parte centrale dell’articolo la occupava una breve biografia di Carla, della quale avevo descritto il carattere dolce ma anche il coraggio dimostrato nell’affrontare i delinquenti pistola in pugno. Natalina era in camera di Carla, apriva gli armadi e toccava i vestiti appesi della donna accarezzandoli e baciandoli. Quella persona le mancava moltissimo. In lei aveva trovato quel briciolo di famiglia che, forse, non aveva mai avuto e che adesso, all’improvviso, le era stato strappato. Aveva gli occhi lucidi e corse ad abbracciarmi appena entrai nella camera. Avrebbe voluto, in quell’abbraccio, dimenticare tutto ma istintivamente si toccava la pancia, l’unica vera certezza che aveva nella sua vita. Risposi a quell’abbraccio e andammo in cucina. Lei si sedette al tavolo e io le misi difronte un bicchiere di Pinot grigio ghiacciato e qualche salatino, lei mi diede un tenerissimo bacio sulla guancia e parlammo ancora di Carla.
«Hai visto dove Carla ha nascosto la sacca?» le chiesi all’improvviso. i suoi occhioni mi guardarono sorpresi. «Già, la sacca! Sai che non l’ho più vista?»
Dopo le mie spese pazze al negozio per bambini di viale Giostra mi erano rimasti solo trenta euro. «Tu quanti soldi hai?»
«Non molti, forse venti euro. In pizzeria non ho neanche preso il resto per la fretta di andare via.»
«Dobbiamo trovare la sacca, Natalina.»
Spinsi un paio di tasti sul mio PC e inviai l’articolo alla redazione del giornale, poi cominciammo la ricerca. Non trascurammo nessun angolo, nessun quadro, nessun armadio, ma dopo un paio d’ore eravamo al punto di partenza. Anche i Carabinieri avevano perquisito la casa e anch’essi non avevano trovato nulla. Carla era stata una donna imprevedibile per tutta una vita e questo suo lato del carattere faceva sentire il suo peso anche dopo la sua morte.
Chiederò un anticipo al direttore, domattina. Non ti preoccupare, non moriremo lo stesso di fame! Sorrisi per rincuorare Natalina che già aveva gli occhi lucidi, pronti al pianto.
«Ma possibile che hai il cuore come quello di un uccellino, sempre pronto a disperarti?»
Lei mi venne in braccio e si strinse a me come ormai aveva imparato a fare quando era triste.
Qualcuno bussò alla porta. Noi trasalimmo.
Natalina si andò a nascondere nella stanza da letto di Carla.
«Chi è?» chiesi con un filo di preoccupazione.
«Sono il dottor Mediati. Signor Bruno, avrei bisogno di parlarle.»
Aprii la porta al dottore che s’era lavato, cambiato e, pur non essendosi sbarbato s’era messo qualche goccia di dopobarba da supermercato che non riusciva a coprire ugualmente la puzza di alcol.
Lo feci entrare e lo feci sedere nel salotto di Carla.
«Ho avuto delle spese, ultimamente, e il mio frigo è vuoto, avreste qualcosa da darmi da mangiare, per favore?»
Disse tutto in un fiato, con gli occhi bassi, poi si buttò come stremato sulla poltrona ricoperta di cellophane.
Mi fece pena. Un apprezzato professionista che mi chiedeva da mangiare.
Natalina entrò nella stanza, salutò con un cenno della testa il dottore e gli porse i suoi venti euro, poi aggiunse: “Fra un poco andiamo a tavola, se vuole, può restare con noi.»
«A un solo patto, disse il dottore ancora con gli occhi bassi, dammi del tu, se vuoi. Hai la stessa età di mia figlia. Sei all’ottavo mese, vero? Come si chiamerà?»
«Lara» rispose Natalina con gli occhi che le brillavano.
«Sarà bellissima come te» rispose il dottore alzandosi.
«Dove va, dottor Mediati? Lei rimane con noi, oggi, e deve dimenticarsi di Ottavio e della sua bettola. Era là che sarebbe voluto andare non è vero?»
«Non ce la faccio, è più forte di me. Appena mi trovo un euro in mano vado a spenderlo da Ottavio.»
Bene dottore, da oggi si cambia vita. Si beve vino solo ai pasti e poi basta.
E da questo istante lei pranzerà e cenerà a casa mia. Rispetterà gli orari. E poi che sono questi vestiti con tutte queste macchie e questa camicia? Lei è un medico! In pensione, va bene, ma sempre un medico!»
Eugenio Mediati, ginecologo in pensione, si risedette sul divano della signora Carla con la testa bassa come fosse uno scolaretto che riceve una lavata di capo, poi chiese il permesso di andare a cambiarsi per il pranzo.
Tornò dopo un po’ di tempo sbarbato, docciato e profumato con un bel completo giacca e cravatta e si sedette a tavola per pranzare con noi, così come fece tante altre volte in altri giorni e in altre sere.
Il pancino di Natalina cresceva, il dottore aveva preso a controllarla con regolarità e l’amicizia si era trasformata in bene e amore per quella creatura che andava prendendo forma dentro la piccola ucraina.
La primavera, senza bussare, era arrivata in città rendendola più bella.
In alcuni giorni faceva proprio caldo. Le giornate erano diventate magnifiche, con il sole che aveva costretto la gente a mettere da parte le felpe e slacciarsi la cravatta e le sere erano diventate dolcissime. Il mare era calmo, con la madonnina benedicente che sembrava sorridere dall’alto della sua colonna all’entrata del porto mentre tendeva la sua lettera a chiunque rivolgesse a lei il suo sguardo. Spesso mettevo due sedie sull’ampia balconata che circondava la casa e sedevamo la fuori a vedere il sole che si tuffava nel mare. Restavamo in silenzio e ci tenevamo teneramente per mano.
Una sera, verso le sei, uno scampanio insistente ci distolse dai nostri pensieri.
Presi il citofono e chiesi:
«Chi è?»
«Carabinieri» fu la risposta.
«Cosa è successo?» chiesi ancora senza pensarci.
«Per favore, ci faccia salire.»
Natalina si strinse a me con tutta la forza che aveva, io le misi una mano sulla testa poi le diedi un bacio per tranquillizzarla.
I due militari fecero i quattro piani e attesero fuori della porta che qualcuno aprisse.
Uno dei due bussò ancora al portoncino d’ingresso.
«Signor Greco?»

Continua…

Foto: 105.net


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