Di Francesco Salerno
Le montagne di Iga erano un luogo tanto impervio quanto magnifico. Enormi vette innevate si stagliavano contro il cielo mentre sotto di loro enormi foreste millenarie celavano segreti arcani che in pochi conoscevano.
Naomasa e il suo gruppo erano stati condotti nel cuore dei monti, in un piccolo villaggio fortificato nascosto tra i boschi. Per sette giorni, gli uomini di Otani e i ribelli si erano divertiti a torturare i samurai prigionieri, uccidendoli uno dopo l’altro finché non erano rimasti solo Naomasa, Sakai e altri cinque guerrieri.
Vedere i propri uomini torturati e uccisi fu uno strazio per Naomasa. Pensò più volte che, forse, avrebbe dovuto accettare l’umiliazione dettata da Otani, ma l’onore di samurai glielo impediva. Un samurai doveva essere pronto alla morte in qualsiasi momento, soprattutto quando in ballo vi era l’onore e la lealtà al signore.
Sakai aveva più volte provato a ideare un piano di fuga da quel posto maledetto, ma alla fine si era rivelato impossibile. Anche se fossero scappati sarebbero di certo morti tra i boschi, per il freddo o sbranati dai lupi. La loro sorte era segnata.
La notte dell’ottavo giorno di prigionia una lenta e densa foschia prese a scendere sul campo dai monti e Naomasa si ritrovò a tremare di freddo nella sua gabbia di legno. Mentre osservava quella marea bianca ricoprire ogni cosa, si chiese se fosse quella la morte. Una delicata nebbia che tutto avvolge e tutto silenzia.
Mentre osservava e rifletteva sul suo destino, gli parve all’improvviso di udire un suono soffocato provenire da un punto indistinto del campo. Fu un attimo, poi più nulla.
Pensò che forse lo stress e la spossatezza gli avevano giocato un brutto scherzo, ma un attimo dopo ecco un altro suono simile, stavolta provenire da un altro punto del campo.
«Sakai! Sakai, svegliati!» disse sottovoce all’amico scuotendo leggermente.
«Che succede?»
«C’è qualcosa nella nebbia…»
Sakai aguzzò gli occhi e, dopo un momento, vide un’ombra indistinta muoversi fuori dalla gabbia per poi svanire subito dopo.
«Sono i fantasmi di Iga! Gli spettri che scendono giù dai monti per prendere i vivi!» disse con gli occhi spalancati all’amico.
Naomasa tremò di paura dinnanzi a quelle parole e subito dopo un’altra ombra passò loro davanti. Qualcuno urlò di dolore e nella fitta nebbia si udì il suono di armi che laceravano la carne.
Poi, dal nulla, una figura in bianco emerse dinnanzi alla gabbia e con una spada spezzò la catena che la chiudeva.
«Sei uno spettro?» chiese Sakai alla strana figura.
«Si, sono uno spettro. Mi chiamo Masamoto e sono qui per salvarvi.»
Continua…
Foto: nihonjapangiappone.com