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Costume e SocietàLetteratura

Il faccendiere

La tela del ragno


GRF

Di Francesco Cesare Strangio

Aquilino spiegò che la sua villa dei sogni avrebbe dovuto essere, certamente in scala diversa, come la basilica di San Basilio, costruita come celebrazione della sua vittoria sui Tartari da Ivan IV Vasil’evič, meglio conosciuto come Ivan il Terribile. Per il sovrano fu una crociata contro i Tartari, per Aquilino era una crociata economica da intraprendere in Slovacchia, con la sola differenza che il Terribile metteva a morte i suoi nemici impalandoli, mentre l’italiano aveva in programma di portarsi a letto tutte le donne che sarebbero state assunte nell’azienda. Nel suo caso tutto si sarebbe svolto in modo elegante e del tutto naturale, generando sublimi piaceri. Quelli erano i pensieri che accarezzavano la mente dell’imprenditore che si apprestava a partire per una nuova avventura senza esclusioni di colpi, con il solo scopo di portare a compimento quanto previsto dal progetto.
Si erano ormai fatte le cinque del pomeriggio, Serafino diede un’occhiata all’orologio che portava al polso e si rese conto che era giunta l’ora di fare rientro a Roma, dov’era atteso dai suoi famigliari.
Aquilino gli fece compagnia fino alla stazione. Durante il tragitto i loro ragionamenti riguardarono esclusivamente il progetto. Una volta esaurito l’argomento, Aquilino toccò il tasto della musica a lui più consona: «Serafino, cacciami una curiosità, le donne, da quelle parti, come sono?»
Serafino si mise a ridere e disse: «Per la miseria, non cambi mai! Deve sapere che in tutte le parte del mondo, dove ci sono donne e campane ci sono puttane.»
Seguì una sonora risata.
Serafino, una volta salutato Aquilino, salì nella carrozza di mezzo e, un minuto, dopo il treno partì con destinazione Roma.
La mente di Aquilino iniziò il lento e lungo calvario che era solito attanagliarlo ogni qual volta doveva affrontare qualcosa di molto serio. Quel progetto apparteneva alla casistica delle cose serie e quindi non erano ammesse distrazioni. La vicinanza con la Slovacchia lo rese sereno; il viaggio in Cina era stato lungo e snervante: erano state troppe le ore che l’aereo era rimasto sospeso per aria. Adesso toccava a Meng e a Romano creare un’efficiente rete promozionale in grado di pubblicizzare i prodotti da importare da quel mondo così lontano dall’Europa. Certamente non sarebbe stata una cosa scontata, né tantomeno facile da gestire; ci volevano grossi capitali da investire in pubblicità. La prima fase era stata superata brillantemente, adesso restava la parte più difficile, che aveva lasciato a Carmel e a Meng.
Aquilino era già sul piede di guerra, si stava avvicinando l’ora della partenza; l’iniziativa aveva molti aspetti positivi rispetto al viaggio precedente, a confronto lo considerava come una passeggiata sul lungo mare di Salerno. In ogni caso si trattava di un’operazione che non richiedeva grandi risorse. L’attività che svolgeva nel settore del commercio, gli permetteva di far fronte alle spese con facilità, senza che la famiglia ne risentisse economicamente. Erano una serie di tasselli che combaciavano alla perfezione. Lo stesso Serafino poteva contare su qualche paio di centinaia di milioni di lire.
Se i calcoli fatti e rifatti avessero trovato il giusto riscontro con la realtà, si sarebbe potuto dare inizio alla nuova attività nell’arco di sei mesi.
La Slovacchia era un territorio che Aquilino non conosceva ma, al contrario, i soci Sloveni lo conoscevano molto bene.
In Aquilino era sorto un dubbio di natura logistica: conveniva unire le varie attività commerciali o tenerle separate? Alla fine prevalse l’ipotesi che sarebbe meglio far viaggiare le due attività su strade parallele, in modo tale da non farle mai entrare in contatto. Il progetto delle pizze era sua chiara intenzione strutturarlo come un affare esclusivo tra la sua famiglia e quella di Serafino.
Mentre stava pensando a come muoversi in Slovacchia, si ricordò di una persona che aveva conosciuto nell’ultimo viaggio fatto in Slovenia; si trattava di un faccendiere che trattava la vendita di beni dello Stato come terreni, vecchie caserme e capannoni industriali. Non sapeva come fare a rintracciarlo. Improvvisamente, come se un forte vento avesse spazzato via la nebbia che nasconde le cose, si ricordò di aver posato nello scaffale della libreria l’agenda in cui erano riportati gli estremi del faccendiere. Si precipitò nello studio invaso dal dubbio e dall’ansia di non trovare l’agenda. Era l’unico ed esile filo d’Arianna che lo legava al faccendiere.
Dopo una rapida ricerca trovò la preziosa agenda; sfogliò rapidamente le pagine e trovò quanto cercava. Era fiero di sé, poiché aveva annotato tutto con precisione certosina. La meticolosità con cui aveva annotato gli estremi del faccendiere gli riportò alla mente il ricordo dei professori del Liceo Ginnasio di Soverato gestito dai Salesiani, che insistevano nello spingerli a usare la memoria e a essere precisi e ordinati.
Si mise subito in contatto telefonico con il faccendiere, erano passate da poco le sette del mattino. Aquilino chiese scusa per l’ora e l’uomo gli rispose che era già sveglio da oltre due ore, precisando che gli uomini d’affari non hanno tempo per dormire.

Continua…

Foto: renucioboscolodotcom.wordpress.com


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