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Costume e SocietàLetteratura

L’incontro con Arethos

Novelle Ioniche


Edil Merici

Di Luisa Totino

Dafne, intanto, riprese i sensi. Si alzò, ma rimase in ginocchio.
Quando vide la dea, si prostrò con le braccia a terra e le disse: «O grande Persefone, ti ho supplicata di poter rivedere il mio caro Arethos, scomparso prematuramente. Non ho potuto dirgli addio. Dammi la possibilità di rivederlo un’ ultima volta, anche se questo comporterebbe di non tornare più indietro.»
Persefone, dopo averla ascoltata, disse: «Saresti disposta a perdere la vita per lui?»
E Dafne: «Sì, qualsiasi cosa pur di rivederlo!»
«E sia! Lo potrai vedere, ma non lo potrai toccare o rimarrai negli Inferi per sempre! Un’ora, solo un’ora ti concedo, poi te ne dovrai andare da qui senza voltarti indietro, il mio Cerbero ti guiderà all’uscita!» sentenziò la dea.
«Grazie, mia Signora» rispose Dafne, rimanendo prostrata a terra.
«Ora, alzati e segui Thànatos, il custode dei luoghi dell’Ade. Ti porterà da lui! Ricorda, non devi toccarlo!»
Dafne si alzò e attese che Thànatos si muovesse, per seguirlo, ma Persefone esclamò: «Ancora una cosa! Il mortale verrà con voi, controllerà che tutto vada come ho detto!»
Poi, guardando Diomedes, disse: «Voglio darti fiducia. Se mancherai nel tuo compito, morirai all’istante e sarai gettato nel Tartaro profondo, dove ora si trova il mio consorte, Ade, per controllare i Titani! Sono stata chiara?»
Diomedes rispose con soddisfazione, nonostante la richiesta: «Sarà fatto, Regina! Volevo aggiungere solo una cosa. In superficie sono l’ideatore di un Santuario dedicato a voi, e ora che vi ho vista, voglio che diventi la costruzione più imponente di tutta l’area costiera. Dominerà l’intero territorio e sarà visitato da fiumi di pellegrini che vi onoreranno e porteranno grandi quantità di immagini votive, per chiedervi grazia!»
Persefone fu colpita da quelle parole e rispose a Diomedes: «Un Santuario per me? Mia madre Demetra ne sarà felice. Ne gioiremo insieme, quando risalirò in superficie, allo sbocciare della Natura.»
Poi aggiunse, abbozzando un sorriso: «Ora devi andare. Porta a buon fine il tuo compito, dopotutto devi terminare il luogo sacro a me dedicato.»
Diomedes annuì e, anche se in cuor suo sapeva del rischio che correva, aveva percepito una certa gioia nello sguardo della dea. Era convinto che non lo avrebbe lasciato morire. Sia Dafne che Diomedes seguirono Thànatos, che li fece scendere nei sotterranei del palazzo, dove, rinchiuse in anguste celle/grotte, si trovavano le anime da poco trapassate, in attesa di essere smistate. Le celle formavano come un immenso alveare ed erano custodite da demoni volanti.
Una volta giunti, Thànatos colpì a terra con il bastone e urlò: «Balcok, vieni subito qui!»
Subito uno dei demoni volanti si avvicinò e disse: «Cosa comandate, guardiano?»
E Thànatos: «Conduci l’anima del giovane Arethos nella sala della Trasparenza, noi ti raggiungeremo là.»
E il demone: «Sarà fatto!»
Thànatos guidò Dafne e Diomedes su per uno stretto sentiero in salita, che portava a un antro. Vi entrarono seguendo il bastone di Thànatos, la cui estremità si era illuminata. Arrivarono ad una sala, dalle cui pareti trasudava sangue. Dafne e Diomedes si spaventarono a quella vista e chiesero spiegazioni.
Thànatos disse loro: «In questa sala le anime appena trapassate sono ancora tra il vivere e non vivere più, il sangue indica ancora quel labile attaccamento all’esistenza, ma utile per parlare con Arethos. Attendete qui!»
Dafne, insieme a Diomedes, si fermò ai piedi di una collinetta su cui si posò il demone, portando il pallido Arethos. Lo adagiò e volò via. Era stremato, con quei giovani lineamenti che avrebbero voluto vivere ancora molto tempo.
Quando vide Dafne stese le braccia verso di lei e con una voce oltre questo mondo le disse: «Dafne, come hai fatto a venire qui?»
E Dafne, allungando una mano, ma senza toccarlo, disse con le lacrime agli occhi: «Arethos, caro, sei disceso negli Inferi troppo presto. Non ho potuto neanche dirti addio!»
E Arethos: «Non rattristarti per me, mia Dafne, continua la tua vita e sii felice, e la mia anima sarà sollevata. Purtroppo una febbre malsana mi ha divorato, subito dopo aver bevuto dell’acqua.»
Diomedes, attento alle sue parole, disse: «Per caso l’acqua del pozzo vicino al cantiere?»
E Arethos: «Sì, perché?»
E Diomedes: «È stato Korus, ci metterei la mano sul fuoco! Ecco perché Akidès ha chiesto il riposo per gli operai, così si avveleneranno con l’acqua e io non potrò continuare la costruzione del Santuario! Devo tornare in superficie, Thànatos, e subito!»
Thànatos fece fiammeggiare i suoi occhi e disse: «Hai promesso alla Regina! Qui non si infrangono le promesse, è un sacrilegio!»

Continua…


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