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Costume e Società

La nobiltà morale di Emilio Colombo e il democristiano genetico


Edil Merici

Di Vincenzo Speziali

Parimenti ai suoi impegni istituzionali e parlamentari, in quel periodo assunse la Presidenza dell’Unione Europea Democratica Cristiana, cioè l’antesignana del PPE, fino al 1992, quando ritornò ministro alla Farnesina, con l’Amato I e, successivamente, dal 1993 al 1995, fu pure Presidente dell’Internazionale Democristiana. Come si vede, una vita piena di successi, che lo rende giustamente statista e lo fa entrare, a pieno titolo, non solo nel pantheon del nostro Paese, ma finanche a livello mondiale, confermando che la persona aveva uno stile elegante (al pari di ogni democristiano), persino nell’abbigliamento, cioè il vezzo condiviso con quasi tutte le guide politiche della DC: noblesse oblige!
Sorvolo, non per codardia, circa una vicenda tutta sua personale, che lo sfiorò nel 2003, poiché sarebbe l’ennesima riprova di un potere prepotente (che diviene psicopatologicamente maligno!) rappresentato da certa magistratura italiana, spiattellando fatti privati e senza alcuna rilevanza giuridico/penale, ma costoro che in parte (fate voi se piccola o grande) si ergono a guardiani (stile pasdaran iraniani) della pubblica morale, appartengono alla stessa categoria di Alberto Nobili e Ilda Boccassini.
È vero, non si può nascondere come Colombo rimase mortificato da ciò, tuttavia riprese la sua vita, fregandosene dei falsi moralismi (tutti italici!) o di una paccottigliosa seconda repubblica e dell’alba della terza, che riuscì a veder sorgere e si dimostrò peggio di quella che l’aveva preceduta: sempre più in basso, si scivola, come danzando sulla tolda del Titanic!
Poi, è anche vero (ma ciò lo rende, per lo meno ai miei occhi e a quelli di molti altri ancora più simpatico) quanto lui fosse sempre un po’ suscettibile, al punto da ricordare qualche sua esibizione caratteriale, tipo quella che fece ai funerali del caro Riccardo Misasi (durante i quali era seduto in prima fila, proprio per rendere omaggio all’esimio estinto del quale era amico e fece il ministro, pure nel Governo Colombo) allorquando un messo ufficiale gli si avvicinò, sussurrandogli nell’orecchio: «Presidente, mi scusi, ma sta entrando il Presidente Cossiga [per inciso, altro amico di Riccardo e anche ex Capo dello Stato]. Potrebbe farlo accomodare, essendo la prima fila già occupata da tutti i parenti?»
Emilio alzò il capo, lo (dis)degnò con sguardo tra il meravigliato, lo strafottente e l’impazientito, per poi rispondergli con un sibilante, silenzioso eppur boatico: «… ma non ci penso nemmeno e… fili subito via!»
A stento, io che ero in prossimità di Maurizio Misasi, trattenni le risa e Maurizio, con me, per l’inaspettato siparietto, anche se ci trovavamo ai funerali del padre. A ogni buon fine, continuammo a parlare spesso, in questi anni, anche durante le visite in Italia di Amine Gemayel e lo stesso ex Presidente libanese (suo successore alla guida dell’Internazionale della DC), ogni volta che finiva un incontro con lui o con Andreotti o con Cossiga, Forlani e De Mita, non è mai riuscito a capacitarsi, sino in fondo, di una tale mia commistione con questo pezzo di storia italiana.
Fino a che furono proprio Arnaldo ed Emilio a spiegarglielo, una volta per tutte, durante un loro incontro nel gennaio 2009 (poco prima di andare dall’Ambasciatore Steve Eleck e dalla sua bellissima consorte, la Contessa Chiara Rivetti, carissimi amici a cui sono legato da affetto sincero): «Presidente Gemayel, Vincenzo è un democristiano genetico» fece Arnaldo, mentre Emilio attaccava di rimessa con la frase: «… e si accorgerà di persona, della caratterialità propriamente particolare, che meraviglia pure noi, poiché da suo nonno non ha preso niente!». Al solito io ribattei con una delle mie battute: «Emi’, ho un recupero proporzionale che mi deriva da mio padre, perciò un po’ di razionale spregiudicatezza non guasta, ma aggiusta!»
Arnaldo (come al solito, quando, apparentemente la faccio grossa) alzò lo sguardo al cielo, per poi sorridere verso Emilio, che a sua volta lo ricambiò e i due mi dissero, quasi all’unisono: «Ma non cambi mai?» però il tutto in maniera compiaciuta e soddisfatta, talmente palese che lo stesso Amine comprese lo sprazzo di intesa, tutta interna corporis a noi della DC, pure se a essere lusingato di questa appartenenza e di tale confidenza ero e rimango, io per primo, ringraziando la sorte e Dio. Comunque! Sempre!

Foto: nexilia.it

Originariamente pubblicato su calabria7.itapprofondimento, premier, legame, Calabria, Emilio Colombo era Calabrese,


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