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Costume e SocietàLetteratura

La trattazione della prova dichiarativa del testimone vulnerabile

Le riflessioni del Centro Studi

Di Alfredo Arcorace

Se ci sono più testimonianze tra loro contrastanti, il giudice dovrà motivare adeguatamente per chiarire le ragioni in base alle quali, ad esempio, ha valutato inattendibili quelle rese dai testimoni che sono risultati essere più vicini a una delle parti in causa rispetto a quelle di testimoni del tutto estranei alla vicenda. Libero convincimento non significa, però, arbitrio, pertanto sarebbe auspicabile che la valutazione delle dichiarazioni del teste vulnerabile si ricorresse a riscontri esterni idonei a confermare la sua attendibilità e a un’attenta valutazione della sua credibilità. Ad esempio, in Gran Bretagna, chi denuncia di avere subito un abuso sessuale deve mettere a disposizione degli inquirenti lo smartphone per escludere a priori la sussistenza di messaggistica indicativa di consenso contrastante con la narrazione dei fatti denunciati. Tale norma non può suscitare scalpore se si pensa che nel diritto romano, nella valutazione della prova orale, prevaleva il concetto della prudente diffidenza per cui il giudice partiva dal presupposto che quanto riferito dal testimone dovesse essere sottoposto a un’attenta verifica. Tale principio, nel caso del teste vulnerabile non può certo definirsi anacronistico, posto che con il Decreto Legislativo nº 24/2014 è stato introdotto nel nostro ordinamento il c. 5 ter all’art. 398 del Codice di Procedura Penale, che prevede che “il Giudice, su richiesta di parte, applica le disposizioni di cui all’art. 5bis quando fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano maggiorenni in condizioni di particolare vulnerabilità, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede”. Con tale norma sono state introdotte nell’ordinamento le basi della “prova dichiarativa del teste vulnerabile” recependo le direttive comunitarie che partono dalla definizione di vittima vulnerabile, ovverosia di chi, per le caratteristiche soggettive (minore o infermo di mente) o per il tipo di reato di cui è stato vittima ha subito un trauma e rischia di essere indotta alla cosiddetta vittimizzazione secondaria, ovvero al patimento di un nuovo trauma indotto dal processo e connesso alla riedizione del ricordo dell’abuso subito: condizione che può influire sulla spontaneità e sulla genuinità della sua dichiarazione. La nozione di vulnerabilità oscilla quindi tra la valorizzazione della tipologia del reato subito e l’attenzione per le sue caratteristiche personali (la vittima può essere vulnerabile a prescindere dal delitto subito). Questi temi hanno portato all’introduzione nell’ordinamento di norme a tutela dell’esame del testimone vulnerabile sia nella fase dell’incidente probatorio sia nella fase del dibattimento, che mirano a garantire la genuinità e la spontaneità della prova dichiarativa. Difatti, il nostro codice, recependo le spinte comunitarie, ha previsto che, nel corso delle indagini e nella fase dell’udienza preliminare, ove si proceda per il reato di maltrattamenti, per i delitti in materia di libertà sessuale, di sfruttamento della prostituzione minorile, di stalking, di riduzione in schiavitù e tratta di persone, la testimonianza del minore o di persona maggiorenne può essere assunta mediante incidente probatorio anche al di fuori dell’ipotesi in cui la sua assunzione non possa essere rinviata al dibattimento. Ciò al fine di evitare l’esperienza traumatica del dibattimento per cui l’audizione può svolgersi anche in un contesto diverso dal Tribunale, avvalendosi di strutture e di personale specializzato e anche nell’abitazione della vittima. L’intento del legislatore è quello di proteggere la fonte dichiarativa debole dal trauma di una usurante deposizione dibattimentale. Tali interventi segnano un passo in avanti verso la ristrutturazione del sistema processuale di raccolta della prova dichiarativa del testimone vulnerabile, valorizzando la funzione dell’anticipazione del contradditorio per garantire la genuinità della prova dichiarativa che può essere compromessa tutte le volte in cui il tempo trascorso tra la condotta criminosa e l’assunzione della prova possa pregiudicare il ricordo del teste vulnerabile, che potrebbe essere influenzato da fattori idonei a condizionare il suo ricordo. Ancora una volta, in sostanza, affiora il problema dei tempi del processo che tanto più si allungano, tanto più rendono difficile l’accertamento della verità.

Foto laleggepertutti.it

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 28/10/2022


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