ADVST
Costume e SocietàLetteratura

L’ora della resa dei conti

La tela del ragno

Di Francesco Cesare Strangio

«Diffida dai tuoi subordinati e dai tuoi intimi – riprese Aquilino continuando a rivolgersi al fratello di Bobbo, – conta solo su te stesso. Nel giorno della disgrazia, nessuno ti aiuterà, anzi, diranno di non averti mai conosciuto. Tieni sempre bene in mente quello che ti ho detto se vuoi essere un capo e vivere a lungo. Se non stai attento, la cosa ti sfuggirà di mano lasciandosi dietro una gran quantità di sangue e un parte sarà anche il tuo. Ti dico ciò sulla scorta della mia esperienza: ricorda, tutto il mondo è paese. Aspetta e cogli l’attimo, badando bene di compiere tutto nello stesso istante, elimina fisicamente i tuoi nemici per poi passare alle trattative con i gregari che non sono stati coinvolti nell’omicidio di tuo fratello.»
Aquilino raccomandò il giovane di fare sapere i suoi propositi solo alla cerchia dei parenti più fidati. L’amico italiano si spinse oltre, offrendogli la sua amicizia incondizionata e, se riteneva opportuno, l’appoggio logistico per fare arrivare dall’Italia dei killer professionisti.
Il fratello di Bobbo annuì, ritenendo la proposta molto interessante. Dopo aver salutato, il giovane si dileguò rapidamente usando lo stesso sistema dell’arrivo.
Il fratello di Bobbo organizzò una riunione con i parenti più fidati, durante la quale espose i suoi propositi. Tutta la macchinazione aveva come fine ultimo vendicare il fratello e poi scendere a patti per accaparrarsi il 50% del territorio ed esercitare il controllo su tutti gli affari, compreso il mercato della droga.
Da quell’incontro uscirono tutti soddisfatti: ebbe così inizio il pedinamento sistematico dei mandanti e degli esecutori materiali dell’omicidio di Bobbo e dei due guardaspalle. Condussero un controllo continuo e meticoloso durante il quale annotarono abitudini, ore e minuti degli spostamenti dei soggetti attenzionati. Non gli sfuggì nulla e, allo stesso tempo, condussero tutto in modo così segreto da fare invidia persino ai servizi segreti dell’ex Unione Sovietica.
Verso la metà di novembre avevano raccolto dati inimmaginabili con dovizia di particolari. Durante tutto il periodo del pedinamento, la cosca degli zingari fece solo propaganda; era loro interesse lasciar credere a tutti che non avevano nessun tornaconto a mettersi a fare la guerra con chi aveva orchestrato la morte di Bobbo. Gli zingari furono così abili a celare quanto gli ardeva dentro che la controparte si tranquillizzò, convinta che tutto fosse finito alle ore 21 di quel fatidico sabato sera, quando erano passati a miglior vita Bobbo e i suoi due cugini. In realtà, nel frattempo, il fratello di Bobbo, con l’aiuto di Aquilino, incominciò a tessere una tela a maglia stretta.
La Škoda aveva abbandonato la postazione di controllo da due settimane quando una mattina si ripresentò allo stabilimento il fratello di Bobbo. Aquilino lo ricevette con i dovuti riguardi. Dopo aver bevuto un paio di bicchierini di whisky e parlato del più e de meno, il giovane gli domandò se la proposta fatta quattro mesi prima fosse ancora valida. Aquilino rispose: «Ogni qual volta che pronuncio verbo, lo faccio con piena consapevolezza.»
«Bene!» rispose l’amico. Poi continuò: «È arrivata l’ora della resa dei conti.»
Aquilino lo guardò scrutandolo a lungo e poi esclamò: «E così sia!»
Aquilino invitò l’amico di tenersi pronto a recarsi in l’Italia, immancabilmente accompagnato da un altro uomo della sua famiglia; una sua telefonata gli avrebbe dato il via libera alla partenza.
Il giorno dopo, Aquilino partì per l’Italia e, una volta arrivato, andò a trovare un vecchio amico che era a capo di un potente clan mafioso con ramificazioni internazionali.
Due giorni dopo l’incontro avuto con l’amico mafioso, fece la telefonata promessa al fratello di Bobbo, che partì immediatamente per Milano, accompagnato da un suo primo cugino. Nelle vicinanze della stazione centrale c’era ad aspettarli Aquilino, accompagnato da un amico. Accolti i due stranieri, l’amico di Aquilino prese in consegna la macchina degli slovacchi e la portò in un garage di sua proprietà. Aquilino, assieme ai due amici slovacchi, entrarono nella stazione centrale e salirono sul primo treno per Roma.
Dopo sei ore di viaggio, arrivarono alla stazione Termini, dov’erano attesi da un sottoposto dell’amico mafioso. Nel parcheggio di via Marsala il sottoposto aveva parcheggiato una Mercedes blu di grossa cilindrata; i tre salirono e l’auto partì placidamente con destinazione il quartiere della Magliana.
Il traffico, quel giorno, era particolarmente caotico e il viaggio durò più del dovuto. L’auto si fermò davanti al cancello di una villa di ragguardevoli dimensioni. A rendere più bella la villa, vi era un folto numero di alberi dalla grande chioma. Dopo aver suonato il clacson tre volte, uno scatto secco annunciò l’apertura del cancello. Varcato il cancello, il sottoposto parcheggiò l’auto a pochi metri dall’entrata della villa. Davanti al portone d’ingresso, ad attenderli, c’era un giovane: assomigliava straordinariamente, all’amico d’infanzia.

Continua…

Foto: freepik.com


GRF

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button